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  • Farmacisti e Concorsi i divieti di partecipazione dei 10 anni

    Abbiamo parlato in ogni sede del divieto di assegnazione di una sede da concorso straordinario nel decennio dalla cessione della precedente sede. Così come è stata ampiamente dibattuta la differenza del concetto di cessione di quote (minorietarie di SRL ) rispetto alla cessione di quote di società di persone. Anche la successiva evoluzione di trasferimento o donazione è stata piu' volte affrontata, cosi da ricadere nel "divieto del doppio vantaggio" vietato dalla normativa di settore. Quello che oggi a distanza di anni possiamo constatare è la nascita di un filone giurisprudenziale costante, in tema di "revoca dell'autorizzazione" anche a distanza di tempo, per il vincitore di concorso che medio tempore abbia ottenuto la nuova sede. Ed infatti il Tar Palermo non da ultimo con la sentenza 40/2024 ha ricalcato tutti i "nostri" temi precisando, in un caso di cessione di quote di SNC nel decennio antecedente il concorso, che è legittima la revoca dell'autorizzazione della farmacia anche dopo l'apertura, a causa della violazione del divieto infradecennale di cessione di quote (anche a titolo gratuito) di una farmacia SNC Ed infatti soggiunge il Tar Siciliano -che la nozione di “cessione” dell’esercizio farmaceutico, la cui realizzazione nel decennio (antecedente alla data di presentazione della domanda di partecipazione al concorso straordinario) priva il cedente di uno dei requisiti partecipativi alla procedura     e che tale "cessione" si presti ad abbracciare anche l’attività modificativa posta in essere con riguardo alla imputazione, proprietaria e gestionale, della farmacia -che il termine “cessione” è caratterizzato da una ampia portata semantica,  in quanto suscettibile di ricomprendere nel suo ambito espressivo tutti gli atti  che, indipendentemente dal nomen iuris e dalla causa giustificativa, producano l’effetto finale di “separare” la titolarità di un bene  (nella specie, l’esercizio farmaceutico, comprensivo del titolo amministrativo che, in chiave autorizzatoria, ne legittima lo svolgimento e dell’insieme dei rapporti, personali e reali, che ne integrano la componente patrimoniale) dalla sfera di disponibilità di un soggetto a quella di un altro (…). Ed infatti secondo il Consiglio di Stato n. 6775/2022, “non vi è dubbio che sia riconducibile alla suddetta figura giuridica  (di trasferimento) (anche) l’attribuzione della titolarità della farmacia intesa come “complesso aziendale unitario, comprensivo di tutti i suoi elementi materiali ed immateriali” a titolo di conferimento aziendale  a favore di una società siccome dotata di autonoma personalità giuridica, quale contropartita e modalità di copertura della sottoscrizione pro quota del capitale sociale della neo-costituita società Non assume rilievo,  in senso contrario, la natura giuridica dell’atto, in relazione all’alternativa qualificatoria “gratuità-onerosità” , atteso che, a prescindere dalla estraneità del profilo alla fattispecie normativa, incentrata come si è detto sull’ampia nozione di “cessione”, il cui elemento caratterizzante è relativo all’effetto traslativo dell’atto piuttosto che a quello causale-costitutivo,   non può negarsi che il conferimento della farmacia nella neo-costituita società abbia natura di prestazione corrispettiva finalizzata a compensare, sul piano logico-causale, l’acquisizione al suo patrimonio della titolarità (maggioritaria) delle quote sociali, rappresentative della posizione dominicale del socio nei riguardi del patrimonio sociale. in sintesi né la gratuità dell'operazione di trasferimento né il metodo (conferimento) cambiano la sostanza di "cessione" intesa come atto ad effetto traslativo Con la stessa sentenza il Consiglio di Stato, richiamando il proprio precedente di cui alla sentenza n. 229/2020, ha ricordato che -con la disposizione normativa sopra richiamata- lo scopo del legislatore è di “evitare che il farmacista, il quale abbia ceduto la propria farmacia si appropri, attraverso l’assegnazione concorsuale  di un nuovo esercizio farmaceutico prima che sia trascorso un decennio dalla cessione,  di un doppio vantaggio economicamente valutabile”. Leggi il blog e trova il tuo caso Non rileviamo novità rispetto ai precedenti che abbiamo già commentato bensì rileviamo che si è creato un filone giurisprudenziale costante, in attesa che i concorsi ordinari in corso in alcune Regioni Italiane diano nuovi spunti di sviluppo come ad esempio quello avviato in Emilia Romagna. (Leggi qui). Seguici su facebook Studio Legale Angelini Lucarelli avv. Aldo Lucarelli

  • L'esclusione dell'operatore economico per violazioni fiscali

    Il nuovo codice dei contratti pubblici, di cui al D.Lgs. 2023, n. al’art. 95, comma 2, così recita: “La stazione appaltante esclude altresì un operatore economico qualora ritenga, sulla base di qualunque mezzo di prova adeguato, che lo stesso ha commesso gravi violazioni non definitivamente accertate agli obblighi relativi al pagamento di imposte e tasse o contributi previdenziali. Costituiscono gravi violazioni non definitivamente accertate in materia fiscale quelle indicate nell’Allegato II.10. La gravità va in ogni caso valutata anche tenendo conto del valore dell’appalto. Il presente comma non si applica quando l'operatore economico ha ottemperato ai suoi obblighi pagando o impegnandosi in modo vincolante a pagare le imposte o i contributi previdenziali dovuti, compresi eventuali interessi o sanzioni, oppure quando il debito tributario o previdenziale sia comunque integralmente estinto, purché l'estinzione, il pagamento o l'impegno s i siano perfezionati anteriormente alla scadenza del termine di presentazione dell’offerta, oppure nel caso in cui l’operatore economico abbia compensato il debito tributario con crediti certificati vantati nei confronti della pubblica amministrazione”. Scopri i casi trattati Dal raffronto testuale, emerge che le due disposizioni, infatti, presentano un contenuto similare e declinano entrambi una linea di incontestabile continuità, anche in relazione ai due incisi normativi “sulla base di qualunque mezzo di prova adeguato” e “ può adeguatamente dimostrare”. In questo scenario normativo così delineato, si staglia la questione dell’entità del potere di verifica istruttorio, posto a carico della stazione appaltante, a fronte di una violazione non definitivamente accertata. La giurisprudenza è chiara sul punto. Si   assume che, a fronte di violazioni non definitivamente accertate agli obblighi fiscali, la loro ricorrenza non comporta l’esclusione automatica del concorrente dalla gara, ma impone alla stazione appaltante di valutarne discrezionalmente l’incidenza sull’affidabilità dell’operatore economico, come più volte affermato in giurisprudenza  (T.A.R. Lazio - Roma, sez. II, sent. 25 agosto 2023, n. 13441). Violazione non definitivamente accertata in ambito fiscale e potere di verifica istruttorio della stazione appaltante Secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza, la disposizione dell’art. 80, comma 4, d.lgs. n. 50 del 2016 e la correlata esclusione presentano un carattere composito, scaturente da una valutazione negativa di moralità del concorrente la cui omissione tributaria viola un fondamentale dovere di solidarietà economico - sociale gravante su ogni soggetto (dovere scaturente dal combinato disposto degli artt. 2 e 53 Cost.),  nonché da una prognosi negativa in ordine alla capacità del concorrente di assolvere esattamente gli oneri economici connessi all’esecuzione dell’appalto, attesa l’esposizione debitoria contestata dall’agenzia delle entrate e la desumibile inclinazione a non assolvere esattamente le obbligazioni su di esso gravanti. (T.A.R. Sicilia - Catania, sez. III, sent. 9 novembre 2023, n. 3322). La decisione della stazione appaltante di esclusione del concorrente cui siano imputate violazioni non definitivamente accertate agli obblighi tributari deve quindi scaturire da una valutazione di carattere discrezionale in ordine ai requisiti di moralità – nell’accezione sopra ricordata – dell’operatore economico ed alla sua idoneità finanziaria, valutazione che deve quindi basarsi anche sull’entità del debito tributario contestato al soggetto . E sul punto mette conto evidenziare che il legislatore, non certo a caso, ha prescritto nell’art. 80, comma 4, seconda parte, d.lgs. n. 50 del 2016 che la gravità della violazione tributaria sia valutata in ogni caso con riferimento al valore dell'appalto (TAR Catanzaro, 20.06.2024, n. 984). L'esclusione dell'operatore economico per violazioni fiscali Lo stesso Consiglio di Stato rimarca chiaramente che la rilevata sussistenza a carico dell’operatore economico di violazioni non definitivamente accertate, pur se quantitativamente superiori alla soglia di gravità fissata dal legislatore ai fini della loro rilevanza escludente, rapportata come si è visto al valore dell’appalto (siccome “pari o superiore al 10%” dello stesso), non genera un effetto espulsivo automatico, ma è subordinato ad una espressa e motivata valutazione espressa dalla stazione appaltante in ordine alla sua incidenza negativa sulla affidabilità del concorrente” (Consiglio di Stato, sez. III, sentenza del 24 luglio 2023, n. 7219). Hai un quesito in tema di appalti ed impresa? Leggi il blog oppure contattaci  per un tuo caso La stazione appaltante, pertanto, dopo aver accertato la gravità delle violazioni non definitivamente accertate, è tenuta ad effettuare due ulteriori valutazioni riguardanti il concorrente, in merito: da un lato, alla sua “capacità di fare fronte agli oneri economici connessi alla esecuzione dell’appalto, tenuto conto , da un lato, dell’esposizione debitoria da cui è gravato nei confronti dell’Erario " e dall’altro lato, alla "sua dimostrata inclinazione a non assolvere gli obblighi assunti (o, come per quelli di carattere fiscale, generatisi ex lege a suo carico)” Tar Salerno 2033/2024 Studio Legale Angelini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli

  • L'associazione di farmacisti nel concorso

    Come si qualifica l'associazione di farmacisti del concorso farmacie? L'associazione deve ritenersi a tempo determinato o a tempo indeterminato? È possibile recedere dall'associazione contro il volere degli altri associati? In tema di associazione (di farmacisti da concorso straordinario) per le caratteristiche imposte dalla lex specialis ovvero il bando di concorso, appare applicabile l'articolo 24 comma 2 del codice civile ad avviso del quale : L'associato può sempre recedere dall'associazione se non ha assunto l'obbligo di farne parte per un tempo determinato. Il punto della questione è se l'associazione per la partecipazione al concorso straordinario farmacie debba essere considerata a tempo determinato o meno. Scopri il blog e trova il tuo caso Ad avviso di chi scrive l'associazione di farmacisti per il concorso straordinario farmacie deve considerarsi a tempo determinato, in quanto la scadenza della stessa associazione è data de relato dalla durata del concorso, ovvero 6 anni dalla formazione della graduatoria relativa alla durata stabilita dalla legge per gli interpelli in ciascuna regione. Durata imposta dalla legge del 2017. Altro elemento per considerare l'associazione di farmacisti a tempo determinato è data dal bando per il quale gli associati per poter aprire la propria farmacia hanno dovuto costituire una società rendendo quindi l'associazione in una società (quasi sempre) di capitali. Hai un quesito? Visita il blog con i casi svolti o contattaci per tali due dati derivanti dalla legge e dal bando, chi scrive ritiene che l'associazione di farmacisti debba essere considerata per un determinato scopo (il concorso) ed a tempo determinato. Segui la pagina sui social se tale è lassociazione va da se che sia applicabile la giurisprudenza in tema di recesso dalle associazioni non riconosciute a tempo determinato e quindi secondo risalente giurisprudenza sul tema che si ritiene pertinente al caso di specie, l’adesione ad un’associazione non riconosciuta, presupponendo l’accordo delle parti anche in ordine allo scopo dell’associazione stessa, si pensi proprio al fine iniziale rappresentato dalla partecipazione al concorso straordinario farmacie con lo scopo di sommare i puntegg i, con il conseguente obbligo di soggiacere alle regole del suo ordinamento interno, comporta — come espressione del libero estrinsecarsi dell’autonomia privata in ragione dell’espressa previsione dell’art. 24, comma 2, c.c., applicabile analogicamente anche alle associazioni non riconosciute, che consente l’assunzione da parte dell’associato dell’obbligo di far parte dell’associazione per un tempo determinato -rappresentato dalla durata del concorso - e l’assoggettamento dell’aderente associato alle regole nel loro complesso del concorso e può legittimamente comportare — senza che risulti violata la libertà negativa di associazione, tutelata, al pari della libertà [ positiva] di associazione, dall’art. 18 Cost. — il differimento, per un periodo di tempo determinato negozialmente o statutariamente stabilito, dell’efficacia dall’atto di recesso dell’associato e quindi la permanenza dell’associato nell’associazione per tale periodo con conseguente persistenza di tutti gli obblighi associativi [ e non solo di quelli di natura finanziaria ] anche in presenza del dissenso sopravvenuto dell’associato dagli scopi e dalle modalità operative dell’associazione. Rimane però salva la facoltà di recesso per giusta causa con effetto immediato, come quando venga meno un requisito essenziale per la partecipazione all’associazione, ovvero — nel caso di organizzazioni di tendenza [ associazioni su base ideologica, politica o religiosa ] — allorché l’associato dissenta dalle finalità dell’associazione, dovendo in tal caso prevalere il diritto [costituzionalmente garantito ed assolutamente non comprimibile ex artt. 2 e 21 Cost. ] di manifestare le proprie opinioni e di autodeterminarsi in ordine ad esse, con conseguente cessazione immediata del vincolo associativo, anche se possono persistere vincoli meramente finanziari. Cass 4244/1997. Ecco quindi che il recesso non sarà libero vieppiu che lo stesso può ritenersi fonte di pregiudizio per gli altri associati che sono pregiudicati dalla perdita del punteggio e quindi della sede in fase di assegnazione. Elemento questo che si dissolve passati tre anni dall'apertura della sede con la possibilità per i soci di cedere le proprie quote. Leggi il blog in diritto farmaceutico Studio Legale Angelini Lucarelli Diritto Farmaceutico Avv Aldo Lucarelli Note frutto di opinioni personali dell'autore

  • Gara Europea e pluralità di ricorsi

    Nel presente post trattiamo di un caso assai comune nella pratica ovvero quando in una gara di carattere europeo per l’aggiudicazione di un appalto di fornitura o servizi siano stati proposti più ricorsi amministrativi da parte delle imprese anche nello stesso ricorso al Tar dando vita ad un ricorso principale ed ad un ricorso incidentale. principale e ricorso incidentale contro l stessa gara L’ordine di trattazione del ricorso principale prima di quello incidentale, in un processo amministrativo, é teso al comune interesse processuale L'ordine di trattazione del ricorso incidentale e del ricorso principale deve garantire l’esame del ricorso principale prima che si quello incidentale in tema di appalti di forniture e servizi, e ciò nell’interesse della stessa procedura (Corte Giustizia Eu C- 333/18 del 9 settembre 2019) “ in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori..deve essere interpretato nel senso che esso osta a che un ricorso principale,.., venga dichiarato irricevibile quali che siano il numero ..quelli che hanno presentato ricorsi”. Ha osservato, infatti, la Corte che, quando a seguito di una procedura ad evidenza pubblica, due offerenti presentano ricorsi tesi alla reciproca esclusione, ciascuno di essi ha interesse ad ottenere l'aggiudicazione dell'appalto. Pertanto deve trovare applicazione il principio vincolante “ secondo cui gli interessi perseguiti nell'ambito di ricorsi intesi alla reciproca esclusione sono considerati in linea di principio equivalenti, soggiungendo che “il numero di partecipanti alla procedura come pure il numero di partecipanti che hanno presentato ricorsi, non sono rilevanti”. In tal modo, è stata riaffermata la giuridica rilevanza di interessi legittimi “eterogenei” nello svolgimento delle gare pubbliche di appalto, essendo stato ritenuto meritevole di tutela sia l’interesse legittimo “ finale ” ad ottenere l’aggiudicazione dell’appalto, sia l’interesse legittimo “ strumentale ” alla partecipazione ad un eventuale procedimento di gara rinnovato Leggi i post per Impresa ed Appalti il rapporto di priorità logica tra ricorso principale ed incidentale deve essere rivisto nel senso che il ricorso principale deve essere esaminato per primo, potendo la sua eventuale infondatezza determinare l’improcedibilità del ricorso incidentale (Cons. Stato, Sez. IV, 10 luglio 2020, n. 4431). Seguici on Line In altri termini, l’ ordo questionum impone di dare priorità al gravame principale e ciò in quanto, mentre l’eventuale fondatezza del ricorso incidentale non potrebbe in ogni caso comportare l’improcedibilità del ricorso principale, l’eventuale infondatezza del ricorso principale consentirebbe di dichiarare l’improcedibilità del ricorso incidentale , con conseguente economia dei mezzi processuali. (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. V, 4 aprile 2023, n. 5663). Hai un tuo caso? Contattaci Studio Legale Angelini Lucarelli Avv Aldo Lucarelli

  • La cessione della farmacia

    Ci è stato chiesto di illustrare il procedendo attraverso cui è possibile cedere la propria farmacia. Fase 1 La prima cosa da valutare è la creazione di un accordo di riservatezza tra le parti, venditore ed acquirente avranno bisogno di tempo (da 1 a 3 mesi) per valutare l'affare sicché è necessario avere serenità nella finestra di tempo necessaria a preparare l'accordo conclusivo, il tutto evitando la dispersione di notizie nella fase più delicata della trattativa ovvero quella iniziale. Ti occorre assistenza? Contattaci La cessione della farmacia Fase 2 All'interno della fase di preparazione sarà quindi necessario "scoprire le carte" questione intesa come disclosure ovvero scoperta dei valori aziendali che il cedente metterà sul piatto e che l'acquirente dovrà valutare ai fini dell'offerta del prezzo di acquisto. Consulta gli articoli in Diritto Farmaceutico Fase 3 Locale, se in affitto o di proprietà, magazzino, ordini in corso, inventario, presenza di un sito web, affluenza media dei clienti, numero di ricette mensili trattate, tipologie di merce venduta ed incidenza dei prodotti con maggior profitto, servizi offerti, incidenza dei costi sui ricavi, saranno tutte voci che i contabili di entrambe le parti utilizzeranno per individuare il prezzo minimo ed il prezzo massimo di vendita e quindi arrivare ad una media, quella del punto di incontro tra domanda ed offerta. Segui la pagina per la farmacia sui social con articoli gratuiti quotidiani E' possibile che lacquirente sia una societa specializzata e che quindi sia disposta ad offire un certo "moltiplicatore" sul fatturato, ad esempio 1.3 1.5 o addirittura 2. Cio vuol dire che se una farmacia ha fatturato 1000 il prezzo di acquisto sara 1000 × il moltiplicatore scelto, ove concordato. Segui la pagina per la farmacia sui social con articoli gratuiti quotidiani Tale medoto semplicistico deve però essere arricchito con l'incidenza fiscale e sui margini di realizzazione raggiunti nei 3/5 anni precedenti. La cessione della farmacia Sussistono poi altri fattori da poter considerare come l'avviamento, la locazione, la presenza di servizi extra, o servizi innovativi come il drive in ed altro. Fase 4 Solo una volta individuati i valori in campo sarà possibile procedere ad un preliminare di acquisto che possa indicare anche date e scadenze. Attenzione non è necessario che siano eventi ravvicinati in quanto è possibile differire l'atto di vendita anche di tre anni... dal preliminare. Fase 5 verifiche societarie ed azindali in relazione ai modelli societari utilizzati ed al personale coinvolto. Una volta individuati i parametri, gli asset, e quindi indicato il prezzo allora sarà necessario procedere alle verifiche interne relative alla forma societaria (solitamente Srl) ed alla gestione del personale (solitamente viene assorbito dall'acquirente). Fase 6 Il rigito notarile. Ecco quindi che sulla base dell'accordo di riservatezza (che avrà una data di scadenza) e del preliminare sottoscritto, sarà possibile passare all'atto notarile di cessione della farmacia. La cessione della farmacia Criticità Da sottolineare che in precedenti casi abbiamo riscontrato problematiche relative alla questione tra "cessione delle quote della società target" e "cessione della società come azienda", la differenza a livello fiscale non è di poco conto, rischiando (il trasferimento delle sole quote anche se totaliterie) di essere considerato atto elusivo. Ne abbiamo parlato in altro articolo consultabile Qui "Farmacia cessione quote o cessione azienda" Leggi pure: Farmacia preliminare e divieto temporaneo di vendita Sussistono molte variabili all'iter sopra rappresentato, non esitare a contattarci per valutare il Tuo caso specifico. Assistenza per La cessione della farmacia Diritto Farmaceutico e Societario Studio Legale Angelini Lucarelli Avv Aldo Lucarelli

  • Farmacia e l'amministratore in conflitto di interessi

    Quando si concretizza il conflitto di interessi di un #amministratore con la #farmacia dallo stesso gestita? E' sufficiente una decisione in apparente conflitto con l'interesse della #farmacia per dare vita ad una #responsabilità per conflitto di interessi? Quali sono i rimedi per gli altri soci avverso le decisioni dell'amministratore riguardanti la #gestione Ed invero, sul punto occorre innanzitutto evidenziare che ai sensi dell'art. 2475 ter cc: “i contratti conclusi dagli amministratori che hanno la rappresentanza della #società in conflitto di interessi, per conto proprio o di terzi, con la medesima possono essere annullati su domanda della società, se il #conflitto era conosciuto o riconoscibile dal terzo”. Segui la Pagina sui social con articoli in diritto farmaceutico L'articolo disciplina, quindi, l'applicazione nel diritto societario del generale principio sancito, per i contratti, all'art. 1394 c.c. (contratto concluso dal rappresentante in conflitto di interessi con il rappresentato) e dall'art. 1395 c.c. (contratto con se stesso), secondo cui la volontà di concludere il contratto è viziata - con conseguente annullabilità del contratto- nel caso in cui il rappresentante lo abbia stipulato in conflitto con gli interessi del rappresentato, se il conflitto era conosciuto o quantomeno conoscibile dal terzo contraente. Tale rimedio di annullamento si applica a tutti coloro che hanno un potere gestorio effettivo. Farmacia e l'amministratore in conflitto di interessi Quanto agli elementi necessari per l'annullamento del contratto la norma richiede, su di un piano oggettivo, che sussista un interesse dell'amministratore della Farmacia nell'affare, che può essere di qualunque natura e, quindi, patrimoniale o meno. Leggi pure Farmacie ed i conflitti tra confini Non è invece richiesto che vi sia una assoluta incompatibilità tra la realizzazione dell'interesse della farmacia - anche solo potenzialmente leso dal negozio - e quello personale dell'amministratore, ma attenzione ai conflitti con il Direttore della farmacia de questa carica non coincide con la stessa persona. In tal caso sarà necessario avere anche un regolamento interno che definisca i compiti ma non le responsabilità in quanto quelle del Direttore sono ben definite dalla normativa farmaceutica. Dal punto di vista soggettivo, invece, è necessario e sufficiente che la situazione di conflitto di interessi appaia riconoscibile al terzo contraente cioè ad un soggetto esterno alla farmacia. Peraltro, (secondo il Trib. Roma n. 6617 del 3.4.2017), affinché ricorra la situazione di conflitto di interessi, è necessario “un rapporto di incompatibilità che conduce al sacrificio dell'interesse della farmacia rispetto a quella del suo amministratore. (Principio ricavabile dalla Cass. civ. Sez. 3, Sent. n. 15879 del 17/07/2007). Inoltre, l'art. 2475 ter c.c. presuppone che l'amministratore, portatore di un interesse in conflitto con la società, abbia avuto la possibilità di influire sul contenuto negoziale dell'atto. Al contrario, ove invece l'amministratore abbia agito sulla base della decisione dei soci della società non é annullabile il contratto posto in essere dall'amministratore. Ancora, in ordine ai presupposti dell'annullamento del contratto ai sensi dell'art. 2475 ter c.c., la giurisprudenza ha costantemente ribadito che l'esistenza di un conflitto d'interessi tra la società parte del contratto che si assume viziato ed il suo amministratore, non può farsi discendere genericamente dalla mera coincidenza nella stessa persona dei ruoli di amministratore delle due società contraenti, ma deve essere accertata in concreto (Cass. Civ. Sez. 3, Sent. n. 27547 del 30/12/2014). E cosa dire dei prestiti fatti dalla società all'amministratore? In tale caso non si tratta di atti illeciti ma è opportuno evidenziare che il prestito deve essere valutato in relazione all'entità, all'oggetto sociale, alla tempistica ed alle modalità di restituzione che "normalmente" dovrebbero prevedere un corrispettivo. Trattasi di operazione che per la modalità in cui è espletata potrebbe incagliarsi nelle maglie delle previsioni degli articoli 2391 cc e 2475 ter cc in termini di "conflitto di interessi" e che avranno un riflesso anche in relazione alla solidità e liquidità della società specialmente in caso di crisi di impresa. E' opportuno tener presente che in tema di finanziamenti sociali la Cassazione con l'ordinanza 15761 del 2021 ha sancito la presunzione legale della onerosità dei prestiti sociali. Per concludere la disamina quindi possiamo dire che non tutti i contratti "sospetti" possono essere annullati, bensì' i soci avranno il rimedio dell'annullamento del contratto concluso dall'amministratore in conflitto di interessi ove ricorra un conflitto di interessi concreto ed attuale e quindi  la possibilità per l'amministratore di influenzare, nel merito, la scelta negoziale assunta dalla società e la conoscibilità del conflitto di interessi da parte del terzo contraente. (Trib. Roma n. 17475/22) Diritto #Farmaceutico e Diritto #Societario Hai un quesito? Leggi il blog Studio Legale Angelini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli

  • Farmacia successione divisione ed indennità

    Nel presente post affrontiamo il tema della divisione aziendale per volontà o per motivi di successione ereditaria . Si tratta dell'azienda di famiglia, sia essa una Farmacia, un'Assicurazione, o una industria tessile o chimica. Segui la pagina per la farmacia sui social con articoli gratuiti quotidiani Accade infatti che vi possa essere una divisione aziendale provocata dalla richiesta di uno dei familiari oppure dovuta all'evento morte del titolare. Ecco quindi che si possono verificare situazioni in cui l'azienda viene continuata solo da uno degli eredi mentre l'altro rimane inerte in attesa della propria liquidazione. Ma quale è il valore da attribuire? Rispondiamo con punti di giurisprudenza, per una caso specifico contattateci senza impegno Nell’apprezzare il valore dell’azienda al momento della divisione la stima dei beni per la formazione delle quote va compiuta con riferimento al loro valore venale al tempo della divisione, coincidente, nel caso di divisione giudiziale, con il momento di presentazione della relativa domanda Tuttavia tale criterio, che si desume dall’art. 726 c.c., comma 1, è stato affermato con riferimento a beni ereditari anche aziendali ma oggetto di “mero godimento” e non di esercizio economico-produttivo. Per i primi, (quelli di mero godimento) il valore venale dipende da fattori terzi come il decorso del tempo, o la variazioni del prezzo di mercato ecc. o da attività di amministrazione per i secondi d etto valore è, invece, la risultante dell’esercizio di un’impresa. In entrambi i casi vi può essere un incremento di valore dell’azienda rispetto alla data di apertura della successione, ma l’origine di tale maggiorazione è sostanzialmente diversa, sicchè solo nel primo caso quindi in quelli di mero godimento questa permane acquisita alla comunione mentre il dubbio si pone per qui beni derivanti dall'esercizio di impresa che con l'esercizio appunto, possono incrementare di valore. Tale differenza è la stessa che si apprezza tra “società di persone” e “comunione di godimento” , come alcune risalenti pronunce della Corte hanno chiarito proprio con riferimento alla comunione ereditaria d’azienda. Farmacia successione divisione ed indennità Nella successione ereditaria aziendale a chi vanno gli incrementi di esercizio? E’ stato infatti osservato che la distinzione tra società di persone e comunione di godimento , trova applicazione anche riguardo ad un’azienda compresa in un’eredità. Conseguentemente, l’azienda ereditaria forma oggetto di (semplice) “comunione” fin tanto che rimangano presenti gli elementi caratteristici della comunione , e cioè fino a quando i coeredi si limitino a godere in comune l’azienda relitta dal de cuius, negli elementi e con la consistenza in cui essa è caduta nel patrimonio  comune, come può avvenire nel caso di affitto dell’azienda stessa. Allorchè, invece, quest’ultima viene ad essere esercitata con fine speculativo, con nuovi incrementi  e con nuovi utili derivanti dal nuovo esercizio, possono verificarsi due ipotesi : o l’impresa è esercitata, d’accordo, da tutti i coeredi, i quali convengono di continuarne l’esercizio, apportando nuovi incrementi o sviluppando i precedenti, a fine speculativo, e, in tal caso, sussistono tutti gli elementi della società, ovvero la continuazione dell’esercizio dell’impresa è effettuata da uno o da alcuni dei coeredi soltanto, e quindi il successivo esercizio, con gli utili e le perdite conseguenti, non può essere imputato che al coerede o ai coeredi predetti Ne deriva che, applicato il principio di diritto sopra richiamato, (i) le consistenze, l’avviamento e dunque il complessivo valore aziendale devono essere fissati, ai fini divisionali, alla data di apertura della successione  (salvo ovviamente la rivalutazione per il periodo successivo; e (ii) le spese, gli incrementi o i decrementi aziendali successivi a tale data, essendo ascrivibili all’attività imprenditoriale del solo erede e non possono essere considerati comuni.  In ordine alla quantificazione dell’avviamento della farmacia, occorre premettere che la questione è valutata in relazione Regio Decreto n. 1265 del 1934, art. 110 ai sensi del quale L'autorizzazione all'esercizio di una farmacia, che non sia di nuova istituzione, importa obbligo nel concessionario di rilevare dal precedente titolare o dagli eredi di esso gli arredi, le provviste e le dotazioni attinenti all'esercizio farmaceutico, contenuti nella farmacia e nei locali annessi, nonché di corrispondere allo stesso titolare o ai suoi eredi un'indennità di avviamento in misura corrispondente a tre annate del reddito medio imponibile della farmacia, accertato agli effetti dell'applicazione dell'imposta di ricchezza mobile nell'ultimo quinquennio. Ciò posto, si rileva che va data continuità al principio per cui l’indennità di avviamento della farmacia non deve essere determinata con i criteri di libero mercato, ma con quelli più restrittivi R.D. n. 1265 del 1934, ex art. 110 e ciò anche nell’ipotesi di trasferimento mortis causa che si assuma lesivo di legittima, trattandosi pur sempre di un’azienda soggetta a vincoli di diritto pubblico incidenti sul margine di profitto (Cass. n. 21523). Pertanto, essendovi causa derivativa (non tra condividenti, ma) tra il de cuius e l’assegnatario del bene in sede di divisione (v. art. 757 c.c.), all’applicazione di tale principio di diritto non si sottrae l’azienda farmaceutica che, oggetto di comunione ereditaria, sia assegnata a uno solo dei comproprietari. Tuttavia nella motivazione della sentenza 2153 del ottobre 2015 si legge testualmente: “Il R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, art. 110 (Testo Unico delle leggi sanitarie) dispone che « l'autorizzazione all'esercizio di una farmacia, che non sia di nuova istituzione, importa l'obbligo nel concessionario di rilevare dal precedente titolare o dagli eredi di esso gli arredi, le provviste e le dotazioni attinenti all'esercizio farmaceutico , contenuti nella farmacia e nei locali annessi, nonché di corrispondere allo stesso titolare o ai suoi eredi un'indennità di avviamento in misura corrispondente a tre annate del reddito medio imponibile della farmacia, accertato agli effetti dell'applicazione dell'imposta di ricchezza mobile nell'ultimo quinquennio». Ma parte della giurisprudenza ha configurato l'indennità in oggetto come una « obbligazione ex lege rivolta a compensare non già una perdita di avviamento ... ma unicamente il fatto della sopravvenuta disponibilità dell'esercizio, con il passaggio ad altri della sua titolarità» (Cass. 9477 e Cass. n. 6099). Un diverso indirizzo , che ha ricevuto l'avallo della Corte Costituzionale nella sentenza n. 333 in conformità con la «spiccata connotazione imprenditoriale assunta dall'esercizio farmaceutico», ha ritenuto invece che l'indennità di avviamento di cui al riportato articolo costituisce «il corrispettivo dell'incremento dell'attività dell'esercizio» Quindi per concludere se l'azienda farmacia è sviluppata e portata avanti da uno solo degli eredi a questo soltanto spetteranno gli incrementi di valore mentre all'altro andrà il valore “statico” dovuto e concretizzato al momento della divisione o della successione. Quanto al criterio dell'indennità di avviamento sarà utilizzabile l'art. 110 del R.D. del 1934 non senza valorizzare tuttavia la locuzione "nonché" contenuta in detto articolo e quindi bilanciare sia le esigenze del privato con il principio pubblicistico, ed evitando (ad avviso di chi scrive) di cadere nella trappola di non considerare i valori aziendali depurati dai dati fiscali. Hai un quesiti? Consulta il blog gratuito o contattaci per un tuo caso specifico Studio Legale Angelini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli Cass. 10188/19 Trib. Na. 4947/23.

  • Farmacia chiusa e debiti agli ex soci

    Rispondiamo a alcuni quesiti relativi alla sorte dei debiti sociali ricaduti su un ex socio di Farmacia Srl liquidata e chiusa. Salve sono l'ex socio di una Farmacia Srl oggi liquidata e chiusa, che a distanza di un anno ha ricevuto una cartella esattoriale per mancato pagamento di imposte. Le mie domande sono le seguenti Se la Farmacia era una SRL perché a me ex socio mi vengono chieste le imposte non pagate interamente dalla SRL prima della cancellazione? Può un socio di farmacia rispondere di debiti anche dopo la chiusura della società? Per rispondere a tali domande citiamo sin da subito la ricostruzione operata dalla Corte di Cassazione in due controversie aventi ad oggetto proprio la responsabilità dell'ex socio dopo la chiusura della SRL. Qualora all'estinzione della società, conseguente alla sua cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale: a) le obbligazioni si trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, essi fossero o meno illimitatamente responsabili per i debiti sociali; b) si trasferiscono del pari ai soci, in regime di contitolarità o di comunione indivisa, i diritti ed i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta, ma non anche le mere pretese, ancorchè azionate o azionabili in giudizio, nè i diritti di credito ancora incerti o illiquidi la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un'attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale) il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato"  (Cass. Sez. Un. 6070/2013) Per essere piu' precisi in termini affermativi sui quesiti posti vediamo l'orientamento del 2024 sancito nella pronuncia n. 23341 secondo cui: Concentrando l’esame sugli artt. 2495 cod. civ. e art. 7 d.l. n. 269 del 2003 occorre evidenziare che il terzo comma della prima norma richiamata stabilisce che: « Ferma restando l’estinzione della società, dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi.» Ti può anche interessare: La successione ereditaria della Farmacia «il debito del quale, in situazioni di tal genere, possono essere chiamati a rispondere i soci della società cancellata dal registro non si configura come un debito nuovo , quasi traesse la propria origine dalla liquidazione sociale, ma s'identifica col medesimo debito che faceva capo alla società, conservando intatta la propria causa e la propria originaria natura giuridica (si veda, in argomento, Cass. 3 aprile 2003, n. 5113).» (Cass., Sez. U, 12/03/2013, n. 6070). L’estinzione della società di capitali conseguente alla sua cancellazione dal registro delle imprese comporta, quindi, un fenomeno di tipo successorio («connotato da caratteristiche sui generis, connesse al regime di responsabilità dei soci per i debiti sociali nelle differenti tipologie di società» (Cass., Sez. U, n. 6070 del 2013, cit.), che si caratterizza, da un lato, per il trasferimento ai soci del medesimo debito che faceva capo alla società e, dall’altro lato, per la limitazione della responsabilità del socio a quanto ricevuto in sede di liquidazione. Farmacia chiusa e debiti agli ex soci Possiamo quindi precisare che la responsabilità dell'ex socio sussiste anche dopo la chiusura e cancellazione della Farmacia SRL purché vi siano state somme o beni residui all'atto della chiusura e della liquidazione Farmacia chiusa e debiti agli ex soci: La circostanza che il socio di una società di capitali estinta risponda dei debiti di quest’ultima, nei limiti di quanto attribuito in sede di liquidazione , deriva dal fatto che il patrimonio della estinta società costituiva garanzia per i debiti sorti durante l’esercizio della Farmacia e solo successivamente avrebbe potuto portare alla spartizione di beni - somme - utili e denari tra soci. Segui la pagina sui social È in tale prospettiva che il socio di una società di capitali risponde anche per le obbligazioni della società estinta rimaste inadempiute, comprese quelle relative alle sanzioni pecuniarie derivanti dalla violazione di norme tributarie, nei limiti di quanto attribuito nel bilancio di liquidazione. Leggi il blog Tale regola è coerente, dal punto di vista sistematico, con la previsione dell’art. 36, terzo comma, d.P.R. n. 602 del 1973, che estende la responsabilità dei soci per il pagamento delle imposte anche a quanto ricevuto negli ultimi due periodi di imposta antecedenti alla messa in liquidazione e non solamente ai beni o al denaro ricevuto durante quest’ultima. Studio Legale Angelini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli

  • Autorizzazione Unica Ambientale e Suap

    Ci viene chiesto di chiarire la competenza del Suap ad emettere le autorizzazioni ambientali ai sensi dell’art. 208 del d.lgs. 152/2006 in tema di " Autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti" Il decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 160, contiene il Regolamento per la semplificazione ed il riordino della disciplina sullo sportello unico per le attività produttive, ai sensi dell’articolo 38, comma 3, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008. L’art. 38 citato, rubricato “Impresa in un giorno” semplifica e riordina la disciplina dello sportello unico per le attività produttive In particolare, ai sensi dell’art. 2 d.P.R. n. 160 del 2010, “… è individuato il SUAP quale unico soggetto pubblico di riferimento territoriale per tutti i procedimenti che abbiano ad oggetto l’esercizio di attività produttive e di prestazione di servizi, e quelli relativi alle azioni di localizzazione, realizzazione, trasformazione, ristrutturazione o riconversione, ampliamento o trasferimento, nonché cessazione o riattivazione delle suddette attività, ivi compresi quelli di cui al decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59. (…)”. Sono esclusi dall'ambito di applicazione del presente regolamento gli impianti e le infrastrutture energetiche, le attività connesse all'impiego di sorgenti di radiazioni ionizzanti e di materie radioattive, gli impianti nucleari e di smaltimento di rifiuti radioattivi, le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, nonché' le infrastrutture strategiche e gli insediamenti produttivi di cui agli articoli 161 e seguenti del decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163”. Autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti e Suap Pertanto, lo sportello unico costituisce l’unico punto di accesso per il richiedente in relazione a tutte le vicende amministrative riguardanti la sua attività produttiva e fornisce, altresì, una risposta unica e tempestiva in luogo di tutte le pubbliche amministrazioni comunque coinvolte nel procedimento, ivi comprese quelle di cui all’art.14-quater, comma 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241; laddove esso non sia sostituito o affiancato nell’attività di istruttoria da soggetti privati accreditati («Agenzie per le imprese»). La citata disposizione non prevede in alcun modo un’esclusione del ruolo del Suap per le autorizzazioni ai sensi dell’art. 208 d.lgs. 152/2006, per cui – ad eccezione degli ambiti espressamente esclusi dalla disposizione regolamentare - il SUAP svolge il ruolo di autorità procedente del procedimento principale e, come previsto dal citato art. 2, provvede “all’inoltro telematico della documentazione alle altre amministrazioni che intervengono nel procedimento, le quali adottano modalità telematiche di ricevimento e di trasmissione” . Tali disposizioni relative al Suap non hanno modificato l’attribuzione delle competenze in capo alle diverse amministrazioni coinvolte nel procedimento, ma hanno reso il Suap l’organo (comunale) che emette il provvedimento finale dopo aver raccolto gli atti di tutte le amministrazioni e gli enti coinvolti, come è avvenuto nel caso di specie. Invero, il comma II dell’art. 4 d.P.R. n. 160 del 2010, dispone che “Le comunicazioni al richiedente sono trasmesse esclusivamente dal SUAP; gli altri uffici comunali e le amministrazioni pubbliche diverse dal comune, che sono interessati al procedimento, non possono trasmettere al richiedente atti autorizzatori, nulla osta, pareri o atti di consenso, anche a contenuto negativo, comunque denominati e sono tenute a trasmettere immediatamente al SUAP tutte le denunce, le 12 domande, gli atti e la documentazione ad esse eventualmente presentati, dandone comunicazione al richiedente”. Leggi il blog e trova il tuo caso altrimenti contattaci senza impegno Ciò significa che il Suap funge da unico canale informativo sia verso le Amministrazioni che verso i soggetti istanti ed emette il provvedimento finale sulla base dei pareri delle Amministrazioni competenti sui vari aspetti, senza che ciò alteri il sistema delle competenze. CdS 8086/2024 Studio Legale Angelini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli

  • Medicina e Chirurgia il coefficiente di equalizzazione

    Cosa è il coefficiente di equalizzazione in un test di ingresso o in un concorso? A cosa serve il coefficiente di equalizzazione? E' legale applicare un coefficiente di equalizzazione? E' ammissibile un ricorso collettivo contro il coefficiente di equalizzazione? Nel presente testo risponderemo a queste ed altre domande in tema di test di ingresso nelle facoltà a numero chiuso (medicina e chirurgia in primis) e l'uso del coefficiente di equalizzazione nei concorsi. È legittimo il meccanismo di attribuzione dei punteggi previsto dalla normativa concorsuale (art. 6, comma 4, del decreto del Ministro dell’università e della ricerca del 24 settembre 2022, n. 1107) per l’accesso ai corsi di laurea a numero programmato denominato “coefficiente di equalizzazione” che interviene in funzione correttiva del punteggio derivante dalle risposte date dai candidati, Ma quale è lo scopo del coefficiente di equalizzazione? Il coefficiente di equalizzazione ha lo scopo di omogeneizzare i punteggi finali per tenere conto del diverso grado di difficoltà dei quesiti di cui si compone ciascuna prova. Difatti, esso si pone in coerenza con i canoni di par condicio e di selezione imparziale e di stampo meritocratico che sul piano della legittimità amministrativa presiedono al funzionamento dei concorsi pubblici. (CdS 8004/2024). Ti può anche interessare: Graduatorie Concorsi come recuperare punteggi In motivazione il Consiglio di Stato ha descritto il funzionamento del “coefficiente di equalizzazione” con funzione correttiva del punteggio derivante dalle risposte date ai quesiti dal candidato; esso è ottenuto dalla differenza tra il valore massimo del punteggio non equalizzato, ovvero il massimo teorico raggiungibile per ogni prova in base alle risposte tutte esatte, e il coefficiente di facilità della prova. Tale strumento è pertanto concepito come valore espressivo in termini matematici dello scostamento medio di punteggio rispetto al massimo teorico fatto registrare per ogni quesito dai concorrenti nel periodo di misurazione statistica. In particolare, un maggiore scostamento, indice di maggiore difficoltà del quesito, si traduce in un punteggio aggiuntivo maggiore a quello per le risposte date rispetto al punteggio invece attribuibile laddove lo scostamento sia minore, e dunque il quesito si sia dimostrato di agevole soluzione. Seguici sui social Ma cosa è il coefficiente di equalizzazione? A questo riguardo, deve innanzitutto premettersi che in base al menzionato allegato 2 al decreto ministeriale del 24 settembre 2022, n. 1107, l’equalizzazione interviene in funzione correttiva del punteggio derivante dalle risposte date ai quesiti dal candidato, con lo scopo di omogeneizzare i punteggi finali per tenere conto del diverso grado di difficoltà dei quesiti di cui si compone ciascuna prova. In questa prospettiva, il punteggio equalizzato, sulla cui base è determinato l’ordine di merito dei candidati, si fonda sul coefficiente di equalizzazione, destinato ad intervenire aggiungendosi al punteggio (c.d. grezzo) risultante dalle risposte date dai medesimi candidati, secondo la modulazione di punteggio prevista dalla normativa di gara: 1 per la risposta esatta; 0 per la risposta omessa e -0,25 per la risposta errata. Il punteggio equalizzato è infatti « ottenuto sommando il punteggio ottenuto dal partecipante con le risposte date ai quesiti » con « un numero che misura la difficoltà della prova, chiamato coefficiente di equalizzazione della prova » A sua volta, il coefficiente di equalizzazione è dato dalla sommatoria dei coefficienti di facilità del singolo quesito, determinati in base alla media dei punteggi per le risposte fornite. Tenuto conto della poc’anzi richiamata modulazione, il coefficiente di facilità si attesta pertanto in un valore « compreso tra −0,25 e 1 », come ulteriormente chiarito nell’allegato 2 al decreto ministeriale. Calcolato il coefficiente di facilità della prova nel suo complesso, attraverso la sommatoria dei coefficienti di facilità dei quesiti di cui essa si compone, il coefficiente di equalizzazione della prova è infine ottenuto dalla differenza tra il « valore massimo del punteggio non equalizzato », ovvero il massimo teorico raggiungibile per ogni prova in base alle risposte tutte esatte (50), e il coefficiente di facilità della prova. il coefficiente di equalizzazione nei test di ingresso e nei concorsi pubblici Come al riguardo chiarito nella relazione tecnica depositata in giudizio dal CISIA, mentre il punteggio non equalizzato « può variare da -12,5 (=- 0,25x50), quando si risponde in modo errato a tutti i quesiti, a 50 (=1x50), quando si risponde in modo corretto a tutti i quesiti », il coefficiente di equalizzazione « potrebbe teoricamente variare da 0 (=50-50), quando tutti i partecipanti rispondono correttamente a tutti i quesiti, a 62,5 (=50-(-12,5)), quando tutti i partecipanti rispondono in modo errato a tutti i quesiti ». Ti può anche interessare: Concorso SNA guida al ricorso Si hanno dunque due forbici di punteggio: la prima derivante dalla modulazione prevista in base alla normativa concorsuale per le risposte date (esatte, omesse, errate); e la seconda su base statistica, espressiva del livello di difficoltà della prova quale risultato nel periodo di rilevazione sulla base delle risposte date da tutti i candidati. Il fattore correttivo di carattere statistico così previsto potrebbe in linea teorica non intervenire se il quesito sia risultato di facile risoluzione. All’opposto potrebbe modificare anche in misura superiore il punteggio derivante dalle risposte date in presenza di quesiti rivelatisi di particolare complessità. All’interno di questa forbice il coefficiente di equalizzazione è pertanto concepito come valore espressivo in termini matematici dello scostamento medio di punteggio fatto registrare per ogni quesito nel periodo di misurazione statistica. Ti può interessare: "Il ricorso collettivo al Tar conviene?" Il punteggio equalizzato è dunque un punteggio che a quello (grezzo) risultante dalle risposte date ai quesiti aggiunge l’ulteriore punteggio che misura la difficoltà di questi ultimi su base statistica . Hai un quesito? Contattaci Il valore ottenuto dalla misurazione statistica interviene dunque come fattore correttivo del punteggio finale della prova (detto appunto equalizzato) in ragione della funzione equalizzatrice svolta dal coefficiente ottenuto dalla misurazione su base statistica del livello di difficoltà dei quesiti di cui si compone la prova. Infatti, come poc’anzi esposto, il coefficiente di equalizzazione esprime matematicamente lo scostamento medio dei punteggi per ciascun quesito rispetto al massimo teorico, nel presupposto logico che la difficoltà di un quesito è ricavabile dal grado di approssimazione a tale massimo dei punteggi ottenuti in base alle risposte date. CdS 800/2024. Leggi il blog con speciale concorsi pubblici Il ricorso collettivo al TAR Prima di chiudere un cenno al "ricorso collettivo" davanti al TAR e Consiglio di Stato. Come abbiamo avuto modo di precisare non sempre è possibile effettuare un ricorso collettivo sebbene da un punto di vista pratico economico questo rappresenti o sembra rappresentare una opportunità per i candidati. Ed infatti l ’ammissibilità del ricorso collettivo postula invece un’omogeneità di posizioni giuridiche dei ricorrenti in forza della quale le domande di annullamento da ciascuno proposte con l’unitaria impugnazione siano rivolte nei confronti dei medesimi atti ( petitum ) e siano fondate sui medesimi fatti costitutivi ( causa petendi ). A sua volta l’omogeneità di posizioni è riferibile ad una situazione antecedente alla proposizione del ricorso, quando si attualizza in ciascuno dei soggetti l’interesse ad agire, e non è suscettibile di essere modificato per le vicende riguardanti singoli ricorrenti, come poc’anzi precisato. Per concludere nella presente fattispecie era pienamente ammissibile un ricorso collettivo. Studio Legale Angelini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli

  • Assegno di mantenimento quando la revisione?

    Diritto di famiglia assegno di mantenimento quando é possibile una revisione? Spesso mi viene domandato se e quando può essere modificato l’assegno di mantenimento. Dopo la sentenza di separazione o divorzio, infatti, possono sopraggiungere eventi nuovi ed imprevedibili tali da determinare un mutamento nel tempo dell’assegno di mantenimento. Assegno di mantenimento quando la revisione? La somma da versare mensilmente, dunque, può subire una modifica al ricorrere di determinate condizioni: -peggioramento delle condizioni economiche dell’obbligato al versamento, ad esempio perdita o riduzione di lavoro; -aumento del reddito di uno dei due coniugi; -costituzione per uno dei due ex coniugi di un nuovo nucleo familiare; -stato di pensionamento del genitore obbligato al mantenimento; -aumento delle esigenze del figlio legate alla crescita ed allo sviluppo della sua personalità’. Hai un dubbio contattaci o leggi il blog E’ importante segnalare che il ricorrere dell’ultimo presupposto non ha bisogno di specifiche dimostrazioni ma può essere richiesto indipendentemente dalla modifica delle condizioni economiche degli ex coniugi (Cass. Civ. Sent. n. 17055 del 2007). Anche recentemente la Cassazione ha ribadito che le necessità economiche dei figli aumentano con la loro crescita tanto da determinare una modifica dell’assegno di mantenimento  (Cass. Civ. Sentenza n. 13664/2022). Ai sensi dell’art. 337-ter, comma 1, c.c., infatti, i genitori sono tenuti a provvedere alle necessità dei figli quali cura, educazione, istruzione ed assistenza che ovviamente aumentano con il tempo. Una revisione dell’assegno di mantenimento, inoltre, può essere può essere determinato dalla formazione per uno dei due ex coniugi di un nuovo nucleo familiare, oppure dalla nascita di un altro figlio. Il formarsi di una stabile relazione familiare tra il coniuge obbligato al pagamento dell’assegno di mantenimento ed una nuova compagna, dunque, potrà legittimare la richiesta di una diminuzione dell’assegno di mantenimento, se ciò comporta dei benefici economici allo stesso, purché si tratti di un’unione stabile e regolare (Cass. Civ., Sentenza n. 17195/2011). Segui la pagina Instagram “Diritto di Famiglia L’unione, infatti, deve essere fondata sugli stessi principi del matrimonio, ovvero solidarietà, contribuzione ai bisogni della famiglia e reciproca assistenza morale e materiale. Per ottenere la modifica sarà necessario presentare un ricorso presso il Tribunale competente allegando tutte le prove che attestano il motivo della revisione, riduzione o aumento (Cass. Civ. Sent. n. 18530 del 7 settembre 2020). Leggi il blog in diritto di famiglia Avv Ilaria Paletti

  • L'annullamento dell'autorizzazione

    L'annullamento dell'autorizzazione così come l'annullamento di un atto amministrativo che attribuisca vantaggi economici al privato, ad esempio l'autorizzazione per il vincitore di concorso ad aprire una farmacia, così come ogni determina autorizzativa che attribuisca vantaggi economici anche in ambito sanitario è possibile entro un lasso temporale di 12 mesi dopo il rilascio ove vengano accertati vizi o incompetenze. E' infatti previsto che è annullabile il provvedimento amministrativo adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza. mentre non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. seguici on line Come già rilevato dal Tar Sicilia in un caso analogo, sempre in relazione ad un’azione di annullamento di una determina di autorizzazione l’annullamento d’ufficio ai sensi dell’art. 21 novies della legge n. 241/1990 di un provvedimento ritenuto illegittimo da parte della stessa Autorità, che lo ha emanato, deve intervenire entro “ un termine ragionevole ”, che non può essere superiore a dodici mesi (fino alla novella del 29.07.2021 a diciotto mesi) l’adozione dell’atto da caducare. Leggi lo speciale sulle autorizzazioni e gli articoli a tema riportati qui sotto o clicca qui Ove l'amministrazione intraprenda l'annullamento oltre il termine dei 12 mesi è necessario che ricorrano alcune condizioni specifiche, pena l'illegittimità dell'annullamento. La fattispecie dell'annullamento oltre i 12 mesi quindi derogatoria, prevista dal comma 2 bis dell’art. 21 novies cit., prevede che i provvedimenti amministrativi possono essere annullati eccezionalmente oltre il predetto termine qualora siano stati conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti oppure di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato. Invero secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, l’art. 21  novies , legge n. 241/1990 deve essere interpretato nel senso che il superamento del rigido termine, entro il quale il provvedimento amministrativo illegittimo può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, è consentito: a) nel caso in cui la falsa attestazione, inerente i presupposti per il rilascio del provvedimento da annullare, sia il frutto di una condotta di falsificazione penalmente rilevante (indipendentemente dal fatto che siano state all’uopo rese dichiarazioni sostitutive) accertata in modo definitivo in sede di giurisdizione ordinaria; b) oppure quando l’acclarata erroneità dei presupposti non sia comunque imputabile (neanche a titolo di colpa concorrente) all’Amministrazione, piuttosto al dolo (equiparato, di solito, alla colpa grave e corrispondente, nella specie, alla mala fede oggettiva) della parte istante . In tale seconda ipotesi non essendo ragionevole pretendere dall’incolpevole Amministrazione il rispetto di una stringente tempistica nella gestione dell’iniziativa di autotutela, si deve fare riferimento esclusivamente a un parametro di ragionevolezza per apprezzare e gestire la confliggente correlazione tra gli opposti interessi in gioco (cfr. Consiglio Stato, Sez. V, sentenza 27 giugno 2018, n. 3940). Sotto altro profilo è stato pure chiarito che “ il provvedimento di autotutela decisoria deve in motivazione dare compiutamente atto delle false rappresentazioni della realtà che hanno influito in modo determinante sui provvedimenti che ora vengono ritenuti illegittimi fin dall’origine.  (…)  In proposito, il Consiglio di Stato ha precisato che non è sufficiente che l’informazione sia falsa, ma anche che la stessa sia diretta ed in grado di sviare l’Amministrazione nell’adozione dei provvedimenti che ci si appresta ad annullare ” (v.  ex multis  Consiglio Stato, Sez. VI, sentenza 15 marzo 2021 n. 2207, nonché C.G.A.R.S., 3 agosto 2022, n. 911). Quindi sarà soggetta ad annullamento anche oltre il termine dei 12 mesi l'autorizzazione o il permesso rilasciato sulla base di informazioni false fornite dall'interessato che abbiano sviato l'amministrazione Ed invece come evidenziato dal Tar Sicilia 2378/24 ove l'amministrazione abbia rilevato una semplice imperfezione della documentazione alla quale si sarebbe potuto tuttavia ovviare agevolmente mediante la richiesta agli interessati di integrazioni e di chiarimenti, nell’esercizio diligente dei poteri istruttori da parte del responsabile del procedimento non si verterà in tema di rappresentazioni false e quindi non sarà legittimo l'annullamento operato dall'amministrazione oltre il termine ordinario dei 12 mesi. Quindi ove manchi la prova (incombente sull’Autorità amministrativa) che le inesattezze della domanda e le lacune dell’apparato a corredo della stessa (quantunque realizzate in violazione ai doveri di buona fede e correttezza dei privati nei rapporti con la P.A.), fossero di per sé idonee a trarre in errore l’Amministrazione non sarà ammissibile un annullamento d'ufficio oltre il termine ordinario oggi ridotto a 12 mesi dal momento dell'adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, inclusi i casi in cui il provvedimento si sia formato con il silenzio assenso. Va comunque precisato prima di chiudere la disamina che è sempre fatta salva la possibilità di convalida del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole. Studio Legale Angelini Lucarelli avv. Aldo Lucarelli

Disclaimer: 

gli articoli del blog non costituiscono consulenza sono casi di scuola ad uso studio di carattere generale e non prescindono dalla necessità di un parere specifico su caso concreto.

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