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- Farmacie e finanziamenti dai familiari
Farmacisti, come avere un aiuto esterno da un familiare o investitore senza ricorrere alla formazione di una società? Con questo articolo cerchiamo di indicare due schemi contrattuali poco conosciuti ma già utilizzati nel mondo del diritto farmaceutico e delle ditte individuali, come nel caso di piccole farmacie rurali o sedi di minori dimensioni Cerchiamo di rispondere ad un quesito relativo a forme di contratto alternative alla ditta individuale ed alla società nella gestione della Farmacia. Esiste una terza strada di collaborazione alternativa al binomio farmacista individuale/società? Blog di Diritto Farmaceutico - Leggi Parliamo della associazione in partecipazione. Con il contratto di associazione in partecipazione nella farmacia l'associante attribuisce all'associato una partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari verso il corrispettivo di un determinato apporto. L'apporto potrà essere solo di capitale infatti non é possibile estendere tale accordo a forme di lavoro subordinato. Hai un quesito? Contattaci senza impegno Nel caso in cui l'associato sia una persona fisica l'apporto di cui al primo comma non può consistere, nemmeno in parte, in una prestazione di lavoro , e cio' a seguito della riforma del 2015 che ha espressamente escluso l'apporto di lavoro al fine di evitare una sovrapposizione con un rapporto di carattere subordinato mascherato da una associazione in partecipazione. Leggi pure articoli in diritto societario per Farmacie: Farmacia e la prelazione La distinzione principale poi risiede nel rischio di impresa che è presente nel contratto di associazione mentre manca nei rapporti subordinati, e cio' quale controprestazione alla partecipazione agli utili ed alle perdite. Leggi gli articoli gratuiti in Diritto Farmaceutico Una particolare figura è data dal contratto di cointeressanza. Tale contratto già usato in passato nel diritto farmaceutico tra farmacisti e non farmacisti è volto a coinvolgere nel finanziamento un terzo soggetto estraneo alla farmacia, il quale avrà diritto ad utili dell'impresa. Seguici in Line Infatti con la cointeressenza agli utili di un'impresa senza partecipazione alle perdite è il contratto con il quale un contraente attribuisce la partecipazione agli utili ed alle perdite nei limiti di quanto apportato della sua impresa, senza il corrispettivo di un determinato apporto. Il contratto, con il quale il farmacista, in corrispettivo di finanziamenti occorrenti per la sua attività, si impegni al versamento di una percentuale degli utili netti (cointeressenza), non implica la costituzione di società o comunione di beni con il finanziatore, e, pertanto, non incorre in sanzione di nullità, sotto il profilo della violazione dell'inderogabile principio dell'inscindibilità della titolarità della farmacia dalla titolarità della gestione del relativo servizio e dell'azienda (artt. 11 e 12 della L. 2 aprile 1968, n. 475). Cass. Civ. 2091/1990. Farmacie ed i finanziamenti (da familiari) “ in tema di esercizio di farmacia, il contratto di associazione in partecipazione tra il titolare del servizio, in qualità di associante, ed un terzo, nonché, in generale, i patti che conferiscono a terzi solo diritti di cointeressenza economica, lasciando all’associante la titolarità, l’amministrazione e la gestione della farmacia, non si pongono in contrasto con gli artt. 11 e 12 della legge 2 aprile 1968, n. 475, che vietano la scissione della titolarità dell’impresa e della sua gestione dalla responsabilità del servizio farmaceutico” .(Cass. Civ. 7525/2014) Puo' anche interessarti "Dispensario Farmaceutico a chi tocca gestirlo" Tale contratto, unitamente all'associazione in partecipazione (leggi qui) oggi un po' in desuetudine, sono stati molto utilizzati in passato sia per finanziare le farmacie di farmacisti con ditta individuale, sia per compensare problemi successori in favore di cointeressati non farmacisti. Oggi tali previsioni appaiono pareggiate dai meccanismi societari della riforma data dalla legge 124 del 2017 sebbene mantengano una loro certa autonomia. Hai un quesito o una esperienza da raccontare? Contattaci In conclusione ove si voglia apportare un supporto di capitale alla farmacia o ad una impresa svolta in modo individuale é possibile ricorrere agli schemi di “ co-interessanza ” o di “ associazione in partecipazione ” senza dover necessariamente trasformare la propria ditta individuale in una società. Leggi il blog in diritto farmaceutico Il caso tipico é l’aiuto familiare di un genitore al figlio o coniuge nella gestione della propria attività individuale. Studioq Legale Angelini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli
- SaS liquidata gli eredi non rispondono al fisco
Ci viene chiesto se gli eredi del Farmacista accomandatario possano essere destinatari di pretese creditorie da parte del fisco anche dopo la scomparsa dell'accomandatario e nel termine lungo dei 5 anni. In particolare nel caso richiesto, la cartella esattoriale sarebbe giunta agli eredi del farmacista accomandatario e non anche alla società (estinta) che nel frattempo era stata liquidata. E' corretta la notifica agli eredi della cartella rivolta al Farmacista accomandatario scomparso? Farmacista accomandatario nella SaS gli eredi non sono destinatari della cartella di pagamento: Gli eredi del farmacista accomandatario scomparso non sono i destinatari della cartella di pagamento da parte del fisco. Ed infatti in tema di cancellazione della società dal registro delle imprese, il differimento quinquennale degli effetti dell'estinzione , previsto dall'art. 28, comma 4, del d.lgs. n. 175 del 2014 - disposizione di natura sostanziale, operante solo nei confronti dell'amministrazione finanziaria e degli altri enti creditori o di riscossione indicati, con riguardo a tributi o contributi - implica che il liquidatore (già socio accomandatario) conservi tutti i poteri di rappresentanza della società sul piano sostanziale e processuale, con la conseguenza che egli è legittimato non soltanto a ricevere le notificazioni degli atti impositiv i, ma anche ad opporsi ad essi, conferendo mandato alle liti, mentre sono privi di legittimazione i soci , poiché gli effetti previsti dall'art. 2495, comma 2, c.c. sono posticipati anche ai fini dell'efficacia e validità degli atti del contenzioso” (Cass., Sez. 5, 16.12.2022, n. 36892; nel medesimo senso v. Cass., Sez. 5, 27.6.2023, n. 18310). Quanto precede postula che il soggetto destinatario della notifica degli atti impositivi da parte del fisco anche nel termine lungo dei 5 anni post cancellazione, è e rimane la società e non i soci e neanche gli eredi di questo. La notifica agli eredi del liquidatore di SaS è quindi nulla. La morte del socio ex accomandatario e liquidatore di una s.a.s. non implica, all’evidenza alcun automatismo traslativo in capo agli eredi della rappresentanza dell’ente societario , né alcuna loro capacità processuale a ricevere “in supplenza” gli atti indirizzati ad una società di persone ancora in vita; Cass. 886/24 Segui la pagina on line Il decesso del liquidatore già accomandatario di Farmacia SaS pone, piuttosto l’incombenza per i soci superstiti di procedere – quale passaggio obbligato – all’eventuale nomina di un nuovo liquidatore e rappresentante pro tempore. Il punto quindi non è quello della notifica agli eredi bensì quello di un "obbligo" da parte dei soci superstiti di individuare un nuovo soggetto legittimato a ricevere gli atti della società. Trova, d’altronde, applicazione, rispetto agli eredi del defunto amministratore-liquidatore, per la società di persone rientrante nel “tipo” s.a.s., la disciplina fissata dall’art. 2284 cod. civ. (cui rinvia l’art. 2135 cod. civ.), norma in forza della quale “Salvo contraria disposizione del contratto sociale, in caso di morte di uno dei soci, gli altri devono liquidare la quota agli eredi, a meno che preferiscano sciogliere la società ovvero continuarla con gli eredi stessi e questi vi acconsentano." In sostanza, il meccanismo di “postergazione” quinquennale a livello fiscale comporta che il soggetto di riferimento ai fini della notifica dell’atto impositivo sia inequivocabilmente la società. Leggi il blog La notifica dell’atto impositivo, pertanto, va effettuata nei confronti della Società, la quale per la finzione giuridica connessa alla richiamata norma è da intendersi ancora “in vita” (per un quinquennio) nei confronti dell’erario, per quel che riguarda i rapporti fiscali. In definitiva, la notifica dell’avviso di accertamento in questione, siccome eseguita nei confronti degli eredi dell’ex socio accomandatario e liquidatore, si palesava certamente nulla. Cass. 885/2024. Studio Legale Angelini Lucarelli avv. Aldo Lucarelli
- Farmacie ed isole pedonali
Il piano urbanistico di mobilità sostenibile, le nuove aree pedonali ed il danno per i commercianti e farmacisti a cui viene sottratto il traffico carraio Segui la pagina su Facebook e rimani aggiornato quotidianamente L’istituzione di nuove isole pedonali e sensi unici di circolazione come strumenti di pianificazione del traffico danneggiano le farmacie e le attività commerciali esistenti che perdono flussi di traffico. É possibile prevenire o opporsi alla pianificazione urbanistica di nuove isole pedonali? Se hai un caso da risolvere trova il tuo tra i casi trattati per farmacisti Ci viene chiesto se é possibile impugnare il PUMS (piano urbanistico di mobilità sostenibile) da parte di commercianti e farmacisti del centro storico volto ad una pedonalizzato ed in vista quindi del divieto di transito carraio con l’istituzione di nuove isole pedonali. Può un farmacista o un commerciante impugnare il PUMS per lesione dei propri interessi commerciali? La risposta non é scontata scopriamo il motivo La Nuova isola pedonale prevista nel PUMS priva gli esercizi dell’accesso stradale diretto, e costituirebbe danno all’attività commerciale (farmacia e negozi di varia natura) in quanto svierebbe la clientela con riflessi gravemente pregiudizievoli sulle attività economiche coinvolte, ma é proprio così? Leggi pure: Edilizia quando interviene il Prefetto al posto del Comune Al riguardo, occorre considerare che il DM 4 agosto 2017, recante la “Individuazione delle linee guida per i piani urbani di mobilità sostenibile”, stabilisce che “ Il PUMS è uno strumento di pianificazione strategica che, in un orizzonte temporale di medio-lungo periodo (10 anni), sviluppa una visione di sistema della mobilità urbana (preferibilmente riferita all'area della Città metropolitana, laddove definita), proponendo il raggiungimento di obiettivi di sostenibilità ambientale, sociale ed economica attraverso la definizione di azioni orientate a migliorare l'efficacia e l'efficienza del sistema della mobilità e la sua integrazione con l'assetto e gli sviluppi urbanistici e territoriali ” . Leggi pure Farmacia l’ampliamento dei locali ed i rischi connessi Il PUMS è, quindi, un atto pianificatorio nel quale vengono definiti gli obiettivi del complessivo sistema di mobilità che dovranno poi essere attuati attraverso “specifiche azioni e interventi”. Ci si deve quindi chiedere se tale atto sia sin da subito lesivo degli interessi e dei diritti dei commercianti che sarebbero coinvolti nelle future isole pedonali. In pratica, il PUMS è qualificabile alla stregua di uno strumento di pianificazione strategica , con natura programmatica, che, di norma, non esprime statuizioni finali e prescrittive rimandate in successivi atti amministrativi. Leggi il blog e trova il tuo caso Ciò premesso, per quanto riguarda specificamente il nostro caso è decisivo osservare che la previsione ritenuta lesiva per le rispettive attività commerciali – vale a dire l’estensione della pedonalizzazione è qualificata in termini di “ pedonalità ipotizzata ” che per quanto estesa, dovrà essere realizzata per step attuativi successivi . Leggi pure La cessione della farmacia aspetti contrattuali Farmacie ed isole pedonali Si tratta, pertanto, di indicazioni programmatiche che risultano concretamente lesive solo ove recepite ed attuate dalle delibere di regolamentazione del traffico potendo, in tal caso, - a fronte di un effettivo pregiudizio della sfera soggettiva - essere impugnate con il provvedimento attuativo e istitutivo delle zone pedonali, quanto la presupposta indicazione programmatica contenuta nel PUMS. Leggi pure : Farmacia Succursale e Dispensario Stagionale Le sole previsioni del PUMS non sono idonee a pregiudicare la posizione dei farmacisti e dei commercianti di zona da ciò deriva che il PUMS non é impugnabile fino a quando non si traduca da strumento programmatorio ad elemento concreto realizzato tramite apposite delibere ricettive del PUMS ed istitutive di zone pedonali ben definite quelle si, arrecanti un pregiudizio concreto agli esercenti. Leggi pure : Farmacisti ed i limiti dell'accesso agli atti In conclusione come sancito da recente giurisprudenza sul punto, le sole previsioni del PUMS non sono idonee a pregiudicare la posizione degli esercenti, da ciò discende la non ammissibilità dei ricorsi avverso tale strumento programmatorio urbanistico (Tar Catania 2187/2024) Sarà quindi necessario l’analisi della programmazione generale, dei programmi di mobilità sostenibili attesi unitamente alle delibere comunali recettive e/o lesive di tali atti programmatori, prima di poter valutare 🤔 la lesione della propria posizione soggettiva, il tutto corredato anche - su consiglio di chi scrive - da una perizia tecnica che mostri i flussi di traffico con i pro ed i contro delle misure adottate dall'amministrazione, che tuttavia, è bene ricordarlo (Tar Sicilia n. 1299/18) godono di ampia discrezionalità. Ti può anche interessare: "Farmacie e controllo Regionale" Hai un quesito? Seguici on line o Contattaci Studio Legale Angelini Lucarelli Avv Aldo Lucarelli
- La piscina pertinenza o nuova opera dipende dal metro lineare
È nota la disputa sulla qualificazione giuridica delle piscine e il formarsi di un orientamento giurisprudenziale non del tutto univoco. Seguici on line La giurisprudenza ritiene condivisibile l’indirizzo giurisprudenziale secondo cui per distinguere tra la qualificazione della piscina quale nuova opera edilizia, ovvero invece quale pertinenza , non ci si debba affidare ad astratte affermazioni di principio, ma sia necessario esaminare, volta per volta, le specifiche caratteristiche e dimensioni delle opere in scrutinio. Consulta gli articoli in Edilizia ed Urbanistica Deve condividersi, in punto di diritto, quanto ritenuto dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 6644 del 2019 secondo cui “ l'installazione di una piscina di non rilevanti dimensioni rientra nell'ambito delle pertinenze e non integra violazione né degli indici di copertura né degli standard, atteso che non aumenta il carico urbanistico della zona e che i vani per impianti tecnologici sono sempre e comunque consentiti (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. V, 16/4/2014, n. 1951); - in tale ottica, in linea generale una piscina realizzata in una proprietà privata a corredo esclusivo della stessa non possiede un'autonomia immobiliare, ma deve considerarsi quale pertinenza dell'immobile principale esistente, essendo destinata a servizio dello stesso ”. Segui la pagina on line È facilmente accertabile se la piscina ricada o meno nell’unica proprietà privata e se alla stessa si acceda da un unico ingresso: con riferimento al caso di specie, comunque, la sussistenza di tali elementi di fatto (unicità della proprietà della piscina e del manufatto principale, nonché dell’accesso a essi) non è mai stata revocata in dubbio, neanche in sede procedimentale, sicché può considerarsi pacificamente assodata. La piscina pertinenza o nuova opera dipende dal metro lineare Resta dunque da considerare – al fine di ritenere integrati, nella loro interezza, gli elementi costitutivi della fattispecie descritta nella citata sentenza del Consiglio di Stato (ossia il carattere pertinenziale della piscina di cui qui trattasi) – come assumano rilievo dirimente le dimensioni della piscina: che, secondo un orientamento consolidato, risulterà di natura pertinenziale solo qualora esse possano considerarsi “ non rilevanti ”. per essere considerata pertinenziale la piscina deve essere di “non rilevanti dimensioni” (meglio ancora, se di dimensioni contenute, o “piccole”). La piscina pertinenza o nuova opera dipende dal metro lineare: E' stato osservato ai fini della valutazione della “rilevanza” delle misure delle piscine, la più appropriata unità di misura non sia il metro quadrato bensì il metro lineare ,ma tale criterio non è pienamente preciso, tenuto conto anche del fatto che le piscine (soprattutto quelle che pretendano di essere ritenute pertinenziali) non sempre hanno la forma di un quadrato o di un rettangolo . La principale critica concettuale che sembra corretto riferire all’impostazione che assume la superficie totale (anziché la lunghezza massima) a parametro della “rilevanza” della grandezza di una piscina muove dalla preliminare considerazione che il carattere di pertinenzialità di una piscina va ancorato, essenzialmente, alla sua inidoneità al nuoto agonistico, preagonistico o anche solo amatoriale : ove una piscina, in ragione delle sue contenute dimensioni, sia del tutto priva di tale attitudine, essa non può svolgere altre funzioni che quelle di ornamento, o di commoditas , della cosa principale (di norma costituita da un’unità residenziale), in quanto ne migliora la godibilità estetica o anche climatica, ma restando comunque priva di un’autonoma sfruttabilità economico-sociale. In altri termini, finché una piscina – in ragione delle sue contenute dimensioni – sia inadatta al nuoto, anche amatoriale, ma unicamente sia idonea a consentire all’utilizzatore della cosa principale di rinfrescarsi o di sguazzare con intento esclusivamente ludico.. ritiene il Collegio di Giustizia Siciliana che essa non ecceda la funzione pertinenziale (anche in senso urbanistico) rispetto alla costruzione principale. CdG 926/2024 Il Consiglio di Stato ha ritenuto che le caratteristiche appena accennate possano rinvenirsi solo in opere di dimensioni contenute; in particolare, ribadendo una costante giurisprudenza, esso ha puntualizzato che “ il concetto di pertinenza urbanistica è più ristretto rispetto di quello civilistico ed è applicabile solo ad opere di modesta entità che risultino accessorie rispetto ad un’opera principale e non a quelle che, da un punto di vista delle dimensioni e della funzione, si connotino per una propria autonomia rispetto all’opera principale e non siano coessenziali alla stessa ” (Cons., St., sez. VII, 25 giugno 2024, n. 5605). In molte occasioni il Consiglio di Stato ha fatto ricorso alla misurazione lineare della larghezza e della lunghezza ( id est : della superficie ) per escludere la natura pertinenziale di una piscina: mentre “ è stata qualificata, in particolare, come pertinenza urbanistica una piscina prefabbricata di dimensioni relativamente modeste in rapporto all’edificio a destinazione residenziale, sito in zona agricola (Cons. Stato, sez. V, 16.4.2014, n. 1951), invece Cons. Stato, sez. IV, 13 giugno 2023, n. 5807, ha qualificato quale nuovo volume una piscina di m. 4,20 x m. 8,70, fuori terra; e così pure Cons. Stato, sez. VI, 3 novembre 2022, n. 9646, che ha qualificato in termini di nuova costruzione una piscina in vetroresina di m. 6,30 x m. 3,30, richiamando l’orientamento secondo cui “ in ogni località sottoposta a vincolo paesaggistico la realizzazione di una piscina vada qualificata come nuova costruzione che modifica irreversibilmente lo stato dei luoghi, sicché ‒ ferma restando la valutazione discrezionale dell'autorità paesaggistica sulla sua fattibilità, qualora vi sia soltanto un vincolo relativo – la relativa abusiva edificazione comporta la sanzione ordinaria, cioè ripristinatoria (cfr. (Cons Stato, Sez. VI, 3 giugno 2022, n. 4570) ”. Leggi il blog con articoli a tema o contattaci per un tuo caso specifico In un altro caso si è trattato di una piscina avente “ una superficie di circa 30 mq., prefabbricata, adagiata sul terrazzamento posto a quota – 6,80; il solarium a bordo vasca si collocherebbe, invece, a quota – 4,42, e quindi la piscina dovrebbe avere una altezza di circa 2,40 mt., come pure il muro che dovrebbe celarla. Si tratta, dunque, di un’opera edilizia di non modeste dimensioni e, per questo solo fatto, non qualificabile in termini di pertinenza urbanistica ” (Cons., St., sez. VI, 16 ottobre 2024, n. 8290 ). È, dunque, proprio per superare l’intrinseca soggettività – si potrebbe dire apoditticità – di tutte tali coordinate di giudizio che il Collegio Siciliano ha ritenuto di modificare il parametro valutativo, sostituendo alla misura della superficie espressa in metri quadrati con quella della lunghezza massima ovviamente espressa in metri lineari, perché solo tale unità di misura risulta intrinsecamente correlata all’attitudine natatoria dell’opera (anziché di mero ornamento o di accessorio rinfrescante o sollazzevole). È doveroso precisare, tuttavia, che la lunghezza massima non andrà misurata su una sponda della piscina, bensì secondo la diagonale maggiore (per le strutture quadrate, rettangolari o trapezzoidali) o secondo il diametro massimo (per le strutture circolari, ellittiche, tondeggianti o, più in generale, per quelle di forma irregolare). Possiamo concludere che con l'orientamento proposto dal Collegio di Giustizia la piscina quindi sarà pertinenziale ove - misurata in metri lineari anche orizzontali - NON consenta il nuoto agonistico o amatoriale ma abbia una finalità ornamentale e sia di modeste dimensioni rispetto all'edificio principale. Studio Legale Angelini Lucarelli
- Diritto Ambientale i limiti dell'Accesso agli atti
Con il presente articolo affrontiamo la doppia tematica dell'accesso agli atti in materia ambientale, ed i limiti che a tale accesso possono essere imposti al fine di evitare il perseguimento di “interessi diversi” da quelli ambientali. segui la pagina sui social I limiti dell'accesso agli atti devono individuarsi nel principio generale dell'abuso di diritto. Vediamo quindi per prima cosa quale sia la definizione di “abuso di diritto” al fine di comprenderne il contenuto che porti al diniego dell'accesso agli atti di carattere ambientale. ti può anche interessare: Diritto Ambientale, chi inquina paga L’Adunanza plenaria 5/2025 ha evidenziato come l’eventuale abuso che dovesse essere commesso mediante la presentazione delle istanze di accesso civico costituisca un limite invalicabile al loro accoglimento. In particolare, secondo l’Adunanza plenaria: “ 36.6. Sarà così possibile e doveroso evitare e respingere: richieste manifestamente onerose o sproporzionate e, cioè, tali da comportare un carico irragionevole di lavoro idoneo a interferire con il buon andamento della pubblica amministrazione; richieste massive uniche (v., sul punto, Circolare FOIA n. 2/2017, par. 7, lett. d; Cons. St., sez. VI, 13 agosto 2019, n. 5702), contenenti un numero cospicuo di dati o di documenti, o richieste massive plurime, che pervengono in un arco temporale limitato e da parte dello stesso richiedente o da parte di più richiedenti ma comunque riconducibili ad uno stesso centro di interessi; richieste vessatorie o pretestuose, dettate dal solo intento emulativo, da valutarsi ovviamente in base a parametri oggettivi .”. Ti può anche interessare: Diritto Ambientale la responsabilità soggettiva dell'autore dell'inquinamento Diritto Ambientale i limiti dell'Accesso agli atti: Il principio di diritto, pur enunciato con riferimento all’accesso civico documentale, costituisce, in realtà, applicazione di una categoria generale, inerente e connaturata, quale limite interno, all’esercizio del diritto soggettivo e, a ben intendere, delle situazioni giuridiche di vantaggio riconosciute dall’ordinamento. Ti può anche interessare: "Farmacia Salute ed Ambiente, la tutela degli interessi diffusi" L'abuso del diritto nei rapporti tra privati L’abuso del diritto , infatti, pur teorizzato ed applicato, in principio, nell’ambito dei rapporti tra privati, costituisce una figura trasversale nell’ordinamento (Cass. 2009 n. 2016 e Cons. Stato, 2024, n. 7457), nel quale ha assunto la funzione di fungere da argine all’esercizio “formalmente ineccepibile” e “sostanzialmente distorto” della situazione di vantaggio di cui taluno è titolare. Seguendo le coordinate teoriche delineate l’abuso del diritto costituisce una particolare declinazione del principio di buona fede, (CdS 2024, n. 7435; ), che impone a ciascun consociato, nel rispetto di questo dovere di solidarietà, di non “piegare” l’ordinamento al perseguimento di pretese che, considerate oggettivamente in relazione alla vicenda in cui esse si esprimono, risultino sproporzionate, irragionevoli, emulative, prevaricatrici o ingiuste. L’istituto dell'abuso di diritto ha quindi l’effetto di correggere (o, in alcuni casi di impedire) l’applicazione letterale del diritto temperandolo al fine di evitarne per l'appunto abusi (ad es., Cass. civ., Sez. unite, 23 aprile 2020 n. 8094) Ti può anche interessare: "Diritto Ambientale l'autorizzazione unica ambientale ed il Suap" Diritto Ambientale i limiti dell'Accesso agli atti: Il diritto di accesso alle informazioni ambientali è regolato dal d.lgs. n. 195 del 2005 (adottato in recepimento della direttiva 2003/4/CE) ed è finalizzato a garantire la più ampia diffusione delle informazioni ambientali detenute dalle autorità pubbliche. Come evidenziato in precedenti di questo Consiglio di Stato (sez. IV, 20 maggio 2014, n. 2557), la disciplina dell’accesso ai documenti amministrativi in materia ambientale, specificamente contenuta nel d.lgs. 19 agosto 2005, n. 195, “ prevede un regime di pubblicità tendenzialmente integrale dell'informativa ambientale, sia per ciò che concerne la legittimazione attiva, ampliando notevolmente il novero dei soggetti legittimati all'accesso in materia ambientale, sia per quello che riguarda il profilo oggettivo, prevedendosi un'area di accessibilità alle informazioni ambientali svincolata dai più restrittivi presupposti di cui agli artt. 22 e segg., L. 7 agosto 1990, n. 241 ”. Leggi il blog e trova il caso che fa per Te Nell’ottica di consentire il più ampio accesso alle informazioni in questione, sotto il profilo soggettivo, il richiedente non è tenuto a specificare il proprio interesse (art. 3, comma 1, del cit. d.lgs. n. 195 del 2005) e, sul versante oggettivo, sono escluse solo richieste manifestamente irragionevoli e formulate in termini eccessivamente generici. Va evidenziato, relativamente a quest’ultimo limite all’accesso, che, ai sensi dei commi 1 e 2 dell’art. 5, l’accesso all’informazione ambientale è negato quando: “… b) la richiesta è manifestamente irragionevole avuto riguardo alle finalità di cui all'articolo 1; la richiesta è espressa in termini eccessivamente generici ;” (art. 5, comma 1), oppure quanto la divulgazione dell'informazione reca pregiudizio, inter alia : “… d) alla riservatezza delle informazioni commerciali o industriali, secondo quanto stabilito dalle disposizioni vigenti in materia, per la tutela di un legittimo interesse economico e pubblico, ivi compresa la riservatezza statistica ed il segreto fiscale, nonché ai diritti di proprietà industriale, di cui al D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30 ;” (art. 5, comma 2) Relativamente all’esclusione si precisa che“ … sebbene l’accesso all'informazione ambientale possa essere esercitato da chiunque, senza la necessità di dimostrare uno specifico interesse, ciò non toglie che la richiesta di accesso non possa essere formulata in termini eccessivamente generici (Consiglio di Stato, Sez. VI, 16 febbraio 2011, n. 996) e debba essere specificamente formulata con riferimento alle matrici ambientali ovvero ai fattori o alle misure di cui ai numeri 2 e 3 del citato articolo 2 del D.Lgs. n. 195 del 2005 (Cons. Stato, Sez. III, 05 ottobre 2015, n. 4636). Secondo le pronunce di questo Consiglio, dunque, l’istanza ambientale deve essere connotata da sufficiente specificità. Si richiede, infatti, che le richieste devono essere specificamente individuate con riferimento: alle matrici ambientali; ai fattori o alle disposizioni legislative, ai piani, ai programmi, agli accordi ambientali e ad ogni altro atto, anche di natura amministrativa; alle attività che incidono o possono incidere sugli elementi e sui fattori dell’ambiente e le misure o le attività finalizzate a proteggere i suddetti elementi. Relativamente alle istanze che possono presentare risvolti pregiudizievoli per gli interessi di terzi, la giurisprudenza ha evidenziato che: “ In tema di accesso in materia ambientale è legittimo il diniego opposto a una istanza di accesso ad informazioni ambientali, ove dall'istanza stessa emerga che l'interesse che si intende far valere non è un interesse ambientale e che lo scopo del richiedente è quello di acquisire dati di natura diversa , ovvero emulativi, concorrenziali, di controllo generalizzato, anticompetitivi .” ed, inoltre, che “…il giudice chiamato a pronunciarsi sulla legittimità dell'eventuale diniego espresso o tacito (e prima ancora la stessa amministrazione) ben può pronunciarsi sull'effettiva sussistenza in capo al richiedente di un suo interesse propriamente "ambientale" agli effetti dell'accoglibilità della sua richiesta di accedere alla documentazione asseritamente contenente le "informazioni ambientali" da lui ricercate.” (CdS 9470/2024). 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- La revisione dell’assegno divorzile
La Revisione dell’assegno divorzile Nel corso del 2024, la Corte di Cassazione ha emesso diverse pronunce riguardanti la revisione dell’assegno divorzile , approfondendo i criteri e le circostanze che possono giustificare una modifica dell’importo stabilito. Ordinanza n. 18506 dell’8 luglio 2024 : La Corte ha sottolineato l’importanza di considerare le rinunce professionali effettuate da un coniuge durante il matrimonio. Tali sacrifici, se motivati da esigenze familiari e concordati tra i coniugi, devono essere valorizzati nella determinazione dell’assegno divorzile, riconoscendo così una funzione compensativa e perequativa all’assegno stesso. Ordinanza n. 3761 del 12 febbraio 2024 : In questo caso, la Corte ha affrontato la questione della convivenza more uxorio instaurata dall’ex coniuge beneficiario dell’assegno. È stato ribadito che una nuova convivenza stabile e duratura può incidere sulla componente assistenziale dell’assegno divorzile, ma non necessariamente su quella compensativa, soprattutto se il coniuge ha sacrificato le proprie prospettive professionali per la famiglia durante il matrimonio. Ordinanza n. 7650 del 21 marzo 2024 : La Corte ha chiarito che i mutamenti giurisprudenziali non costituiscono, di per sé, un motivo sufficiente per la revisione delle condizioni di divorzio. È necessario che intervengano circostanze sopravvenute che alterino significativamente l’assetto economico-patrimoniale stabilito al momento del divorzio. Pertanto, in sede di revisione, il giudice deve limitarsi a valutare l’impatto di tali circostanze senza procedere a una nuova valutazione autonoma dei presupposti dell’assegno. Queste pronunce evidenziano l’approccio della giurisprudenza nel bilanciare equità e giustizia, considerando sia i sacrifici compiuti durante il matrimonio sia le nuove circostanze sopravvenute, al fine di garantire una corretta determinazione dell’assegno divorzile. Tali orientamenti seguono ma innovano il solco delineato già dal 2013 dell’ordinanza 8016 secondo cui quanto alla competenza per la revisione dell’assegno divorzile 1. Competenza per territorio : • La domanda di revisione delle condizioni del divorzio (inclusa la modifica o la revoca dell’assegno divorzile) deve essere presentata al tribunale che ha emesso la sentenza di divorzio, in base all’articolo 9 della Legge n. 898/1970. • Tuttavia, nel caso in cui entrambi i coniugi abbiano cambiato residenza , la competenza può essere spostata al tribunale del luogo di residenza o domicilio del convenuto, per garantire un equilibrio tra le parti. 2. Principio di concentrazione processuale : • La sentenza sottolinea l’importanza di mantenere una concentrazione processuale delle questioni successive al divorzio presso il tribunale originariamente competente, a meno che circostanze particolari (come il cambio di residenza di entrambe le parti) non giustifichino il trasferimento della competenza. 3. Rilevanza delle nuove circostanze : • La Corte ha inoltre ribadito che la revisione dell’assegno può essere richiesta solo se vi è un mutamento significativo delle condizioni economiche o personali delle parti rispetto a quelle esistenti al momento della sentenza di divorzio. In sintesi, la Cassazione n. 8016/2013 conferma che il tribunale originario del divorzio è generalmente competente , ma riconosce eccezioni legate alla residenza delle parti, ribadendo l’importanza di bilanciare equità e accessibilità nel contenzioso. La Revisione dell’assegno divorzile Oggi a seguito della riforma cartabia l’assegno divorzile segue il rito del procedimento delineato dagli articoli 473 bis cpc applicabile dal 2024 al posto dell’abrogato 710 cpc. prima di chiudere si evidenza che la revisione dell’assegno divorzile é possibile ove. sopravvengano giustificati motivi dopo la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio che come sancito dalla Cassazione 5619/22 attengono al miglioramento e/o al peggioramento delle condizioni di uno dei due coniugi con la comparazione delle situazioni pregresse senza che il Giudice sia chiamato a rivalutare interamente la posizione assunta dal primo Giudice al momento della concessione della misura ed inoltre deve essere valutata la costituzione della nuova famiglia (cass 11153/2023) Leggi il blog in diritto di famiglia Studio Legale Angelini Lucarelli
- Giochi a distanza e la nuova concessione 2025
Con la relazione prot. 448458 del 6 luglio 2024 l’ Agenzia delle dogane e dei monopoli ha rappresentato che, ai sensi dell’articolo 6, comma 5, del decreto legislativo 25 marzo 2024, n. 41 (“Disposizioni in materia di riordino del settore dei giochi, a partire da quelli a distanza, ai sensi dell’art. 15 della legge 9 agosto 2023, n. 111), nel rispetto dei principi ordinamentali stabiliti dall’articolo 3 del medesimo decreto e dei principi emergenti dall’ordinamento europeo, deve affidare all’esito di gara pubblica la concessione per l’esercizio e la raccolta a distanza di uno o più dei giochi pubblici previsti dall’articolo 6, comma 3. Leggi pure: "La gara per la concessione della farmacia" Secondo quanto previsto dall’articolo 7 del d.L. 2 marzo 2012, n. 16 (“Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento”) , convertito con modificazioni dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, ha pertanto sottoposto all’esame del Consiglio di Stato gli atti della procedura ad evidenza pubblica predisposti nel rispetto dell’articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 25 marzo 2024, n. 41, in forza del quale l’esercizio e la raccolta a distanza dei giochi pubblici sono consentiti ai soggetti in possesso dei requisiti e che assumono gli obblighi di cui al comma 5, ai quali l’Agenzia , all’esito di apposite procedure di gara pubblica bandite nel rispetto delle disposizioni nazionali e unionali, attribuisce la concessione per la durata massima di nove anni, con esclusione del rinnovo. Giochi a distanza le nuove concessioni al vaglio del Consiglio di Stato vista l'imminente scadenza della proroga 2024. Nella relazione si evidenzia che attualmente l’esercizio e la raccolta dei giochi da remoto è affidato a 89 società, 63 delle quali sono titolari di concessioni rilasciate all’esito della precedente procedura di gara, svoltasi ai sensi dell’articolo 1, comma 935, della Legge 28 dicembre 2015, n. 208 (“Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)”), mentre le altre 26 sono titolari di concessioni rilasciate in esito della procedura di gara svoltasi ai sensi dell’articolo 24, commi 13 e ss., della Legge 7 luglio 2009, n. 88 (“Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee – Legge comunitaria 2008”): tutte le predette concessioni sono in regime di proroga sino al 31 dicembre 2024, ai sensi dell’articolo 1, comma 123 della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023 – 2025”). Leggi i nostri contributi in tema di concessioni Inquadramento normativo della concessione del gioco a distanza L’art. 3, comma 1, lett. e), del citato d.lgs. n. 41 del 2024 definisce il «gioco pubblico a distanza» ovvero «gioco pubblico online», “ le tipologie di gioco, anche di abilità, con vincita in denaro disciplinate con regolamento, per la cui partecipazione è richiesto il pagamento di una posta costituita da una somma di denaro, alla cui raccolta il concessionario è legittimato sulla base della propria concessione e che lo stesso può raccogliere esclusivamente con le modalità a distanza individuate e definite nel contratto accessivo alla concessione”. Il successivo art. 6 dello stesso decreto legislativo descrive le tipologie di gioco pubblico con vincita in denaro riservate allo Stato, di cui sono consentiti, in forza di apposito titolo concessorio rilasciato dall'Agenzia, l'esercizio e la raccolta a distanza. In particolare, le tipologie di gioco pubblico con vincita in denaro sono: a) scommesse, a quota fissa e a totalizzatore, su eventi, anche simulati, sportivi, inclusi quelli relativi alle corse dei cavalli, nonché su altri eventi; b) concorsi pronostici sportivi e ippici; c) giochi di ippica nazionale; d) giochi di abilità, inclusi i giochi di carte in modalità torneo e in modalità diversa dal torneo, nonché giochi di sorte a quota fissa; e) scommesse a quota fissa con interazione diretta tra i giocatori; f) bingo; g) giochi numerici a totalizzatore nazionale; h) giochi numerici a quota fissa; i) lotterie a estrazione istantanea o differita; l) ulteriori giochi svolti in modalità virtuale o digitale, anche attraverso il metaverso, istituiti e disciplinati con regolamento. Come già accennato il d.lgs. 25 marzo 2024, n. 41 ha previsto, all’articolo 6, che sia bandita una gara per l’affidamento della concessione per la gestione del servizio del gioco del Lotto automatizzato e degli altri giochi numerici a quota fissa. Il comma 3 del predetto articolo 6 stabilisce che “ L’esercizio e la raccolta a distanza di uno o più giochi pubblici di cui al comma 1, lettere da a) a f), sono consentiti ai soggetti in possesso dei requisiti e che assumono gli obblighi di cui al comma 5 , ai quali l’Agenzia, all’esito di apposite procedure di gara pubblica bandite nel rispetto delle disposizioni nazionali e unionali, attribuisce la concessione per la durata massima di nove anni, con esclusione del rinnovo"; il successivo comma 4 specifica che “L'esercizio e la raccolta a distanza dei giochi di cui al comma 1, lettere g), h) e i), sono consentiti ai soggetti titolari unici di concessione per la loro gestione e sviluppo. La raccolta a distanza dei giochi di cui al primo periodo è altresì consentita, previa autorizzazione dell'Agenzia, ai concessionari di cui al comma 3, ai quali i titolari unici di concessione ne diano licenza contrattualizzandone altresì il relativo aggio, comunque non inferiore all'8 per cento ovvero a quello riconosciuto ai punti fisici di vendita dei medesimi giochi”, mentre il comma 5 dispone che la concessione ai soggetti di cui ai commi 3 e 4, primo periodo, è rilasciata dall'Agenzia, all'esito di gara pubblica, cui si può partecipare anche nelle forme di aggregazione previste dal codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36, e subordinatamente al rispetto, per chi partecipa alla gara, delle condizioni richiamate nello stesso comma 5. Nella cornice normativa in cui si colloca la fattispecie in esime assume rilievo anche l’art. 1 del d.lgs. 14 aprile 1948, n. 496 ( “Disciplina delle attività di giuoco”) , che riserva allo Stato l’organizzazione e l’esercizio di giochi di abilità e di concorso pronostici che prevedano ricompense; tale disposizione stabilisce infatti che “L’organizzazione e l'esercizio di giuochi di abilità e di concorsi pronostici, per i quali si corrisponda una ricompensa di qualsiasi natura e per la cui partecipazione sia richiesto il pagamento di una posta in denaro, sono riservati allo Stato”. Sulla base di detto quadro legislativo sono stati emanati due pareri del Consiglio di Stato con data 27 Novembre 2024 in merito alla procedura da espletare ed al bando da pubblicare, oltre che indicazioni sui requisiti di partecipazione, modalità di estinzioned el conto gioco e specifiche varie. Nella apposita pagina qui di seguito i pareri pubblicati sul sito del Consiglio di Stato Studio Legale Angelini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli
- Farmacia Snc creditore del socio e patto di famiglia
Ci viene chiesto quale sia la sorte di un creditore particolare del singolo socio titolare di SNC (farmacia) una volta che questa sia stata ceduta a terzi e sia stato eseguito un patto di famiglia. Prima di procedere è necessario precisare che nelle società in nome collettivo, SNC, il creditore particolare del socio, ovvero del singolo socio e quindi non della farmacia, finché dura la società non può chiedere la liquidazione della quota (art. 2305 cc). Ed ancora che in tema di “patto di famiglia” è un contratto disciplinato agli articoli 768 bis e seguenti del Codice Civile con il quale l'imprenditore o il socio di una società possono trasferire, in tutto o in parte ad uno o più discendenti, ossia a figli o nipoti, l'azienda o le proprie quote social i. In pratica, il patto di famiglia consente di anticipare la successione dell'imprenditore, permettendo il passaggio generazionale all'interno dell'impresa e sottraendola a future dispute ereditarie. I beneficiari sono infatti tenuti a liquidare, in denaro o in natura, gli altri partecipanti al contratto, a meno che questi ultimi non vi rinuncino in tutto o in parte, con il pagamento di una somma corrispondente al valore delle quote di legittima. Si tratta in sostanza di un anticipo dell’eredità. A questo punto si innesta il caso prospettato, ove un creditore del singolo socio di SNC abbia agito in giudizio con azione revocatoria ordinaria (art. 2910 cc) al fine di recuperare il proprio credito, pregiudicato a suo dire dall'avvenuta cessione della SNC da parte del titolare suo debitore. Farmacia Snc creditore del socio e patto di famiglia: Il primo punto da chiarire è che nel giudizio di revocazione ordinaria intrapreso ai sensi dell'art. 2901 cod. civ. nei confronti di patto di famiglia ai sensi dell'art. 768 - bis cod. civ. sussiste il litisconsorzio necessario del coniuge e degli altri legittimari che abbiano partecipato al contratto poiché da esso consegue l'obbligazione degli assegnatari delle partecipazioni societarie o dell'azienda di liquidare costoro mediante il pagamento di una somma corrispondente al valore delle quote previste dagli articoli 536 e seguenti del codice civile (art. 768 - quater cod. civ.), a conclusioni diverse deve però pervenirsi ove gli altri partecipanti al patto di famiglia abbiano rinunciato in tutto alla liquidazione. Segui la pagina Chiarito che i coniugi sono chiamati nella causa intenta dal creditore solo se questi abbiano avuto un vantaggio liquidato dal patto si famiglia, è necessario ora soffermarsi sulle sorti della quota della SNC (farmacia) ceduta. Quota di SNC non espropriabile dal creditore del singolo socio finché dura la società Non è in discussione la non espropriabilità della quota della società in nome collettivo del socio debitore da parte del creditore prima dello scioglimento della società (salvo che l'atto costitutivo preveda la libera trasferibilità con il solo consenso di cedente e cessionario - Cass. 7 novembre 2002, n. 15605). Leggi il blog e trova la risposta al tuo caso Ne consegue che la quota è espropriabile se sia stato deliberato lo scioglimento della società e compiuta la liquidazione o comunque una volta che sia stata liquidata la quota del socio debitore per lo scioglimento del rapporto sociale limitatamente a costui. L'azione revocatoria, il cui effetto è la possibilità di promuovere nei confronti del cessionario le azioni esecutive o conservative sul bene oggetto dell'atto impugnato (art. 2902, comma 2, cod. civ.), è funzionale al compimento degli atti esecutivi una volta che la quota sia diventata espropriabile per effetto della liquidazione. assistenza legale in societario e controversie civili Il creditore del socio che abbia ceduto la propria quota non può però far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al debitore finché dura la società, o compiere gli atti conservativi sulla quota spettante nella liquidazione, perché trattasi di facoltà estranea agli effetti dell'azione revocatoria che presuppone la qualità di creditore particolare di colui che è attualmente socio. Per la stessa ragione non può fare opposizione alla proroga della società. Va in conclusione enunciato il seguente principio di diritto: "il creditore, che abbia ottenuta la dichiarazione di inefficacia nei suoi confronti dell'atto di cessione della quota di società in nome collettivo compiuto dal suo debitore, può promuovere nei confronti del cessionario le azioni esecutive, se munito titolo esecutivo, o conservative aventi ad oggetto il credito risultante dalla liquidazione della quota" Cass. 12228/2023. Studio Legale Angelini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli
- Farmacia srl e la violazione della prelazione
Violazione della prelazione nella società che gestisce la farmacia ad opera di uno dei soci che vende, ad un estraneo, escludendo i propri soci. Ricordiamo che il principale modello societario utilizzato dagli assegnatari del concorso straordinario farmacie è stato quello della SRL composta dagli assegnatari associati farmacisti , vincolati alla gestione per un triennio. Il nostro caso riguarda una Farmacia Srl da concorso ma il discorso è uguale anche per le altre farmacie Srl (eccetto che per il vincolo triennale). Ora che il triennio è trascorso si è concretizzata la strada alla cessione di quote della farmacia, ed il caso prospettato riguarda la cessione di quote di un ex associato farmacista verso estranei alla società, in violazione degli accordi interni, accordi di prelazione dei soci (ex associati) ad essere preferiti rispetto agli estranei, quindi in sintesi, la violazione della prelazione. Ma come funziona la prelazione nelle Farmacie SRL? La prelazione, intesa come diritto che si riconosce ad un socio di essere preferito rispetto ad altri esterni alla compagine della Farmacia può essere oggetto di uno specifico patto , per l'appunto parasociale , oppure essere contenuto nello statuto della società. Ti può anche interessare: "L'associazione dei farmacisti nel concorso" La differenza non è di poco conto per quanto vedremo in quanto il patto di prelazione, concluso tra i soci di una società, è idoneo a generare obblighi e diritti reciproci in capo parti che lo abbiano stipulato. Seguici sui social Da una parte, sussiste l'obbligo, a carico del socio (o dei soci) che intenda disfarsi della quota della Farmacia (nella specie la partecipazione sociale alla Farmacia), cui la prelazione si riferisce, di darne comunicazione agli altri e di preferirli ad ogni altro possibile acquirente , a parità di condizioni; dall'altra, si pone il diritto, in capo agli altri soci, di ricevere tale comunicazione e di essere preferiti nell'acquisto. L'evidente carattere pattizio della prelazione comporta che il contratto ha - in via di principio - effetto solo tra le parti, con la conseguenza che le posizioni soggettive scaturenti dall'accordo negoziale non possono riflettersi sui terzi. Le pattuizioni contenute in tale accordo hanno, in altri termini, carattere obbligatorio e non reale. Leggi gli articoli in diritto farmaceutico Ciò implica che la quota non potrà essere riscattata dal terzo acquirente in buona fede. (Cass. 12370/2014) La violazione del diritto di prelazione previsto nello statuto non comporta la nullità del trasferimento né, tanto meno, l’assegnazione delle quote oggetto al socio escluso dalla prelazione. Il patto di prelazione inserito nello statuto di una societa a responsabilità limitata poiché è preordinato a garantire un particolare assetto proprietario, ha efficacia reale e, in caso di violazione, è opponibile anche al terzo acquirente (Cass., 23 luglio 2012, n. 12797). Quindi la violazione della clausola statutaria contenente un patto di prelazione comporta l'inopponibilità nei confronti della società e dei soci titolari del diritto di prelazione - stante una efficacia reale del patto inserito nello statuto sociale che non arriva però al diritto di riscatto bensì al diritto al risarcimento del danno, danno che tuttavia dovrà essere provato. In altre parole, l’efficacia reale comporta che la società (nel nostro caso Farmacia Srl) potra rifiutare di riconoscere la veste di socio all'acquirente in violazione della clausola di prelazione. (Cass., 2 dicembre 2015, n. 24559; Cass., 22 giugno 2016, n. 12956; Cass., 23 luglio 2012, n. 12797) Hai un quesito? Leggi il blog in diritto farmaceutico o contattaci senza impegno. Per concludere possiamo dire che le tutele nei confronti della violazione del patto di prelazione sono variegate in intensità a seconda della modalità di costituzione del patto. Studio Legale Angelini Lucarelli Diritto Farmaceutico Avv. Aldo Lucarelli
- L’ampliamento dei locali della Farmacia ed i rischi da evitare
Farmacia ampliamento dei locali con l’arrivo dei nuovi servizi della Farmacia dei Servizi Ci è stato chiesto se è possibile con una unica autorizzazione per sede farmaceutica aprire dei locali contigui in ampliamento di quelli principali della Farmacia, anche in vista delle innovazioni 2024 in tema di " Farmacia dei Servizi". É di questi giorni infatti l’annullamento da parte del TAR della determina della Regione Campania sulla Farmacia dei servizi e screening oncologici in spazi esterni ecco quindi che adottare le necessarie precauzioni nell’ampliamento dei locali appare la scelta più oculata per non incorrere in ricorsi e diatribe legali. Con l'occasione affrontiamo anche le vicende delle Farmacia e del proprio laboratorio galenico. Segui la Pagina sui social con articoli in diritto farmaceutico L'autorizzazione all'apertura di spazi già operativi è presente per una sede giá allestita che sarebbe oggetto di ampliamento, previo parere favore ed ispezione ASL (art. 111 TULS), ed all'interno della propria zona di competenza prevista in pianta organica; infatti ogni modifica che comporti ampliamento e/o variazione destinazione d'uso dei locali della farmacia indicati nel provvedimento di autorizzazione deve essere autorizzato dal Servizio farmaceutico, previa consegna della planimetria, ed ispezione, Mentre la possibilità di utilizzare locali NON contigui, ovvero non annessi puo' andare incontro alla problematiche inerenti da una parte l'autorizzazione all'apertura e dall'altro, il problema delle distanze e della pianta organica, con possibile simulazione di una doppio esercizio, chiaramente vincolato all'unicità dell'autorizzazione, col rischio quindi di essere un atto simulato, o nel caso peggiore in frode alla legge. E' opportuno infatti segnalare che già dall'aprile 2022 il Consiglio di Stato ha ammesso la legittimità dell'apertura in spazi non contigui alla Farmacia, MA nel limitato presupposto che l'autorizzazione Comunale fosse concessa alla Farmacia “ autorizzando, nei suddetti locali, esclusivamente l’espletamento delle attività di vendita parafarmaci, prenotazioni CUP ed eventuali futuri servizi nel rispetto della vigente normativa in materia di “Farmacia dei Servizi” in premessa richiamata ”, quindi di servizi extra non rientranti nella vendita dei farmaci. La motivazione utilizzata dal Comune, che in tale caso ha legittimato un ampliamento non contiguo, non è stata censurata dal Consiglio di Stato, a nostro avviso, non tanto perché era concessa la dislocazione in uno spazio, bensì perché, nell'ampliamento "l’esercizio di cui trattasi, piuttosto che integrare una nuova farmacia, aveva dato luogo ad un’ulteriore e diversa attività commerciale, volta esclusivamente alla attività di vendita parafarmaci, prenotazioni CUP ed eventuali servizi tra quelli individuati dalla l. n. 69 del 2009." Tornado a parlare dei locali è opportuno soffermarsi sulla disciplina di base, ed infatti i locali della farmacia sono regolati dalle norme del testo unico r.d. 1265 del 1934 ed in particolare dagli articoli 104, autorizzazione, 109 secondo cui “Nel decreto di autorizzazione, indicato nell'art. 104, è stabilita la località nella quale la farmacia deve avere la sua sede..” e quindi art. 110 in tema di arredi e provviste e 111 in tema di ispezione di idoneità dei locali oltre che dall'art. 119 T.U. I locali della Farmacia ampliamento ed autorizzazione leggi pure Farmacia come centro servizi sanitari Il tema sollevato, ovvero l'ubicazione e l'ampliamento dei locali della farmacia sta attraversando un periodo di stravolgimento – almeno apparente – in virtù delle pubblicazioni da parte delle Regioni piu' virtuose, Lazio, Lombardia e da ultimo Campania, sulla “farmacia dei servizi” dopo che il decreto semplificazioni del 2024 ne ha confermato la necessità infatti in base al Ddl, che ha iniziato l’iter parlamentare per essere convertito in legge, le farmacie potranno somministrare ai maggiori di 12 anni tutti i vaccini, non più solo quelli contro il Covid e l’antinfluenzale, e offrire maggiori servizi in un’ottica di medicina di prossimità, compresa la possibilità di effettuare prestazioni di telemedicina e le principali analisi cliniche quali glicemia, colesterolo e trigliceridi. il testo contempla anche la possibilità per il cittadino di scegliere, in farmacia, il proprio medico curante o il pediatra di libera scelta. Il farmacista può anche affiancare il medico o il pediatra nell’esecuzione di test diagnostici di contrasto dell’antimicrobico resistenza, in un’ottica di appropriatezza prescrittiva. Novità anche per l’insegna, che accanto alla tradizionale croce verde può includere la scritta “Farmacia dei servizi. Lo sviluppo della “farmacia dei servizi” sta ponendo un problema di spazi della farmacia, che in molti casi non consente lo svolgimento di tutte quelle attività che già l'era Covid aveva evidenziato ma che appaiono dirimenti in vista dei vecchi-nuovi servizi che si apprestano ad essere forniti in farmacia. Ecco quindi che torna in auge un vecchio quesito, ovvero, puo' la farmacia ampliarsi ed utilizzare spazi attigui non comunicanti con la sede esistente? Per rispondere a tale domanda è opportuno evidenziare che il principio base è quello di evitare una proliferazione e duplicazione di sedi esistenti e pertanto la farmacia intesa come luogo autorizzato alla vendita di farmacia ex art. 104 del T.U. non può duplicare i propri spazi ma potrà invece utilizzare spazi attigui per quei servizi inerenti per l'appunto la Farmacia dei Servizi come la vendita dei farmaci da banco, le prenotazioni CUP e quindi “ esclusivamente l’espletamento delle attività di vendita parafarmaci, prenotazioni CUP ed eventuali futuri servizi nel rispetto della vigente normativa in materia di “Farmacia dei Servizi” ”. I locali della Farmacia ampliamento ed autorizzazione E' quanto si ricava anche dalla scarna giurisprudenza sul punto ed in particolare del Consiglio di Stato del 19 aprile 2022 che ha ritenuto legittima l'apertura in locali attigui all'interno della stessa zona di pianta organica di “nuovi servizi” nel senso delineato dalla Farmacia dei Servizi per una farmacia già autorizzata. Quanto al laboratorio galenico invece vigono altri principi sempre ricavabili dalla giurisprudenza che nulla hanno a che vedere con la Farmacia dei Servizi, intesa come luogo con accesso al pubblico. Ed infatti l'accesso al pubblico è il parametro utilizzato dalla giurisprudenza per ammettere una diversa dislocazione spaziale dei locali della farmacia, che in caso di ampliamento potrà utilizzare locali diversi da quelli assegnati solo ove detto accesso non sia presente, e cio' con il desunto intento di evitare la proliferazione delle farmacie. Il diniego a volte è motivato sulla scorta del parere reso dal Ministero della salute del 30.5.2019, con riferimento all’art. 110 TULLSS e al quadro legislativo in materia farmaceutica sopra richiamato, da cui si evincerebbe che la farmacia è un “unicum” anche dal punto di vista strutturale e logistico e i locali annessi vanno intesi come locali comunicanti con lo spazio di vendita, mentre la possibilità di locali distaccati sarebbe stata prevista con limiti precisi e sotto condizione. Tale principio se è corretto per la farmacia in sé appare meno pertinente sia per la Farmacia dei Servizi, quindi per quei servizi accessori riferibili al CUP ed alla vendita di parafarmaci, sia per i locali della farmacia ma non aperti al pubblico. I locali della Farmacia ampliamento ed autorizzazione Ed infatti dalla disamina della normativa non emerge, secondo il TAR Emilia Romagna (n. 486/18) una chiara incompatibilità in astratto della separazione fisica di una parte del laboratorio galenico con la restante parte della farmacia, né si ricava la necessità che per il corretto espletamento del servizio farmaceutico debba sussistere un collegamento fisico, oltre che funzionale, tra tutti i locali della farmacia, anche quelli non accessibili al pubblico (non idonei ad incidere sul contingentamento delle sedi farmaceutiche di cui all’art. 1 della l. 2.4.1968 n. 475 e ss. mm e ii., finalizzato a garantire l’equo accesso ai servizi per tutta la popolazione, principio confermato dalla sentenza del CdS n. 2913/22. Quindi l’espressione “locale annesso”, che figura all’art. 110 Decreto n. 1265/1934, in senso giuridico non indica un locale aggregato in senso fisico al principale, ma in senso funzionale, in quanto compendio aziendale unico, come per le pertinenze (art. 818, comma 2, c.c.) e nessuna norma applicabile alla fattispecie contiene un espresso divieto a collocare in area separata dal locale della farmacia adibito alla vendita al pubblico il laboratorio adibito a preparazioni galeniche... (CdS 6745/21 su appello Tar Milano 659/20) Le disposizioni del DM 18.11.2003, recanti le procedure di allestimento dei preparati magistrali o officinali, ove specificano che il laboratorio è collocato in un’area separata o separabile, lasciano intendere, al contrario, la possibilità di locali distinti e separati rispetto alla sede della farmacia, non ponendo limiti di distanza o altre condizioni preclusive legate alla distanza. Leggi pure: Farmacia ampliamento dei locali e pianta organica I locali della Farmacia ampliamento ed autorizzazione : Il concetto di “locale annesso” (ove allocare provviste e dotazioni della farmacia) non può confondersi con quello di locale materialmente identico o incorporato, a parte ogni altra considerazione sul fatto che le norme citate prendono in considerazione il concetto ad altri fini. Così pure la richiesta presenza attiva del farmacista titolare non impedisce una organizzazione articolata mediante deleghe di competenze interne. Il criterio dell’ “apertura al pubblico” dei locali destinati alle prestazioni di assistenza farmaceutica appare, invece, elemento dirimente, nel senso che il criterio è dettato dall’esigenza della distribuzione contingentata delle sedi farmaceutiche in modo da garantire la presenza articolata e razionale del servizio sul territorio, a tutela sia degli utenti che degli operatori economici esercenti. Tale criterio non sarebbe in alcun modo intaccato dalla predisposizione di locali annessi, destinati a laboratorio, non aperti al pubblico, in luogo fisicamente separato dai locali della farmacia destinati alla vendita al pubblico. La circostanza che il laboratorio “fa parte” della farmacia, in altri termini, non consente di dedurne in modo rigido, in assenza di alcuna ratio contraria, né di alcun espresso divieto, che il laboratorio debba essere stabilito nella medesima sede della farmacia, ovvero in locali non separati da quelli aperti al pubblico. Per quanto concerne i profili attinenti all’attività di vigilanza e controllo svolta dall’autorità sanitaria, il Consiglio di Stato ritiene che non sia concretamente ipotizzabile nel caso di specie una maggiore difficoltà di espletamento dei controlli per il fatto che parte del laboratorio sia dislocata a distanza. Invero, il carattere pubblico dell’interesse perseguito dal servizio farmaceutico non sembra compromesso, per tutte le ragioni già evidenziate, dal prospettato dislocamento di parte del laboratorio galenico. CdS 6745/21 E' solo il caso di ricordare infatti che la questione dei locali della Farmacia è dirimente ai fini autorizzativi con immediati riflessi sulla fornitura dei farmaci e sulla idoneità ad effettuare il servizio. Si è infatti già chiarito che la « libertà di trasferimento del farmacista all’interno della zona di competenza non è incondizionata, essendo il trasferimento soggetto ad autorizzazione dell’autorità competente, la quale deve verificare, fra l’altro, che il locale indicato per il trasferimento della farmacia sia situato in modo da soddisfare le esigenze degli abitanti della zona » (Consiglio di Stato, sezione terza, sentenza 19 settembre 2018, n. 5312; in termini, sezione terza, sentenza 19 giugno 2018 n. 3744). Tali considerazioni valgono a maggior ragione per i trasferimenti delle farmacie rurali, « che sono destinate a far fronte a particolari esigenze dell’assistenza farmaceutica locale che prescinde dall’ordinario criterio della popolazione (Consiglio di Stato, sezione terza, sentenza 9 aprile 2019, n. 2302) » (Consiglio di Stato sezione terza, sentenza 20 luglio 2022, n. 6360), data « la loro natura di fondamentale presidio di assistenza farmaceutica per le zone disagiate e in ragione delle compensazioni economiche delle quali esse beneficiano, ai sensi dell’art. 1 della legge n. 221 del 1968 » (Consiglio di Stato sezione terza, sentenza n. 6360 del 2022 cit.; in termini, sezione terza, sentenza 14 gennaio 2021, n. 450; sulla legittimità del diniego di trasferimento di farmacie rurali all’interno della medesima zona si vedano anche Consiglio di Stato, sezione terza, sentenze 14 gennaio 2021, n. 450, e 10 settembre 2018, n. 5312). Hai un quesito? 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- sale and lease back le nullità caso per caso
Il divieto del patto commissorio previsto nel nostro ordinamento dall'art. 2744 cc è il divieto di stipulare patti con cui la proprietà di un bene del debitore dato in garanzia al creditori passi di proprietà in favore di quest'ultimo automaticamente Ed infatti recita l'art. 2744 cc: E' nullo il patto col quale si conviene che, in mancanza del pagamento del credito nel termine fissato, la proprieta' della cosa ipotecata o data in pegno passi al creditore. Il patto e' nullo anche se posteriore alla costituzione dell'ipoteca o del pegno Il nodo della vicenda riguarda l'applicabilità di tale divieto ai contratti creati dalla prassi bancaria in tema di "sale and lease back" ovvero di quei contratti per cui ad un primo accordo di vendita del bene " sale " ad una impresa bancaria, quest'ultima riconceda immediatamente lo stesso bene in locazione " lease " allo stesso venditore, da qui la definizione di "lease back ", lo scopo di tali contratti è quello di fornire liquidità ad un soggetto che vendendo rimane nel possesso e godimento del bene venduto che a sua volta gli viene concesso in locazione. Il punto è, in caso di mancato pagamento del canone, ovvero del contratto di leasing, siamo dinanzi ad un divieto del patto commissorio ove la proprietà del bene sia stata già ceduta alla società titolare del credito? Nel "sale and lease back" sono stati individuati tre indici che determinerebbero la sussistenza dell'infrazione al divieto del patto commissorio, ma la giurisprudenza piu' recente (28554/24) ha dato man forte alla tesi che si possa configurare tale violazione anche in ipotesi in cui concretamente possa privilegiarsi lo scrutinio della causa concreta del contratto (Cass., 2, n. 19694 del 17/6/2022; Cass. n. 13305 del 2018; Cass., n. 11449 del 2017), quindi la sostanza della questione dedotta tra le parti. sale and lease back le nullità caso per caso Come ha chiarito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 28553/2024 riprendendo alcune pronunce precedenti nel premettere che in materia di patto commissorio l'art. 2744 c.c. deve essere interpretato in maniera funzionale, sicché in forza della sua previsione risulta colpito da nullità non solo il "patto" ivi descritto ma qualunque tipo di convenzione -quale ne sia il contenuto- che venga impiegato per conseguire il risultato concreto vietato dall'ordinamento, dell’illecita coercizione del debitore a sottostare alla volontà del creditore accettando preventivamente il trasferimento della proprietà di un suo bene quale conseguenza della mancata estinzione di un suo debito ( v. Cass., 25/1/2024, n. 2469 ), in tema di contratto di sale and lease back non è invero necessaria, ai fini dell’integrazione della violazione del suddetto divieto , la necessaria congiunta compresenza dei I tre indici sintomatici di elaborazione giurisprudenziale consistenti a) nell'esistenza di una situazione di credito e debito tra la società finanziaria e l'impresa venditrice utilizzatrice; b) nelle difficoltà economiche di quest'ultima, c) nella sproporzione tra il valore del bene trasferito ed il corrispettivo versato dall'acquirente. Rilevo fondamentale assume infatti al riguardo la circostanza che la complessiva operazione negoziale sia finalizzata a realizzare in concreto, in luogo dell'effettivo trasferimento dei beni, una vietata causa di garanzia il cui accertamento è rimesso al giudice di merito, sulla base di idonei indici rivelatori, anche altri e diversi da quelli suindicati (v. Cass., 8/6/2023, n. 16367) Seguici sui social In conclusione l'indagine sulla violazione del patto commissorio conduce alla necessaria indagine da parte del Giudice di merito chiamato caso per caso, senza automatismi dati dalla presenza di indici. Scopri il Blog e trova il tuo caso nel motore di ricerca Hai un tuo caso contattaci Studio Legale Angelini Lucarelli
- Indennità al farmacista uscente. Ma è sempre dovuta?
#indennità #farmacista #farmacia Quesito: “Salve sono il vincitore di una sede di farmacia di non nuova istituzione, assegnata come vacante ad un gestore provvisorio dal Comune poi confluita a concorso. Una volta vinta la sede dovrò corrispondere l'indennità al farmacista uscente?” La risposta appare affermativa ma attenzione ci sono ALTRI elementi da valutare caso per caso. Per rispondere al quesito partiamo da un presupposto. Nel caso prospettato il Comune aveva indetto una procedura di assegnazione provvisoria con indicazione dell'obbligo di indennità ex art. 110, già quantizzata in apposita perizia. Come noto, l’art. 110, comma 1, del R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, prevede che “L’autorizzazione all’esercizio di una farmacia, che non sia di nuova istituzione, importa l’obbligo nel concessionario di rilevare dal precedente titolare o dagli eredi di esso gli arredi, le provviste e le dotazioni attinenti all’esercizio farmaceutico, contenuti nella farmacia e nei locali annessi, nonché di corrispondere allo stesso titolare o ai suoi eredi un’indennità di avviamento in misura corrispondente a tre annate del reddito medio imponibile della farmacia, accertato agli effetti dell'applicazione dell'imposta di ricchezza mobile nell'ultimo quinquennio” (assegnando - al successivo comma 2 - alla commissione indicata nel precedente art. 105 il compito di “accertare la somma a tale titolo dovuta”); Al riguardo, la giurisprudenza del Tar Lazio ha avuto modo in più occasioni di affermare che tale disciplina, definibile “speciale”, trova la propria ragione d’essere ove nell' ’avviamento di una farmacia convergono accanto ai profili privatistici, concernenti l’attività di gestione svolta dal farmacista, anche spiccati aspetti pubblicistici tesi ad escludere un’equiparazione tra l’iniziativa economica di un farmacista e quella di un qualsiasi altro imprenditore (Cass. Civ., Sez. II, 22 ottobre 2015, n. 21523; TAR Piemonte, Sez. II, 26 luglio 2016, n. 1069); Atteso poi che l’art. 17 della legge n. 475 del 1968, comportante l’estensione dell’operatività dell’art. 110 in argomento anche “ai gestori provvisori di farmacie di nuova istituzione” “come corrispettivo dell’incremento di attività dell’esercizio”. Consulta i nostri articoli La gestione provvisoria in qualità di gestore “precario” costituisce o, meglio, va intesa come una semplice “parentesi” nella gestione della farmacia, atta a consentire la prosecuzione dell’attività nel periodo intercorrente tra la cessazione dell’attività da parte del precedente titolare e la data di apertura del nuovo titolare ed in quanto tale non avente incidenza sul rapporto di continuità con la gestione precedente non è dato, pertanto, dubitare della piena rispondenza alla previsione dell’obbligo di indennità in questione. Inoltre da valutare che il riferimento al gestore “precario” quale destinatario di determinate somme a titolo di indennità vale sotto un profilo formale, poiché sarebbero somme semplicemente dirette a rimediare alla circostanza che le somme spettanti al titolare uscente come indennità risultano essere state anche già anticipate e, quindi, già corrisposte dal gestore precedente. A stemperare tale conclusione tuttavia vi sono ulteriori elementi che per brevità non affronterò in tale sede, ma che si possono sintetizzare nel fatto che: l'indennità al farmacista uscente è stata ritenuta dalla Cassazione Civile 13891/2023 un diritto soggettivo perfetto e quindi soggetto alla disciplina del giudice ordinario nella quantizzazione. La pre-esistenza di una perizia valutativa al momento della vicenda, ad esempio una perizia richiamata in un atto amministrativo come il Bando. Per l'applicazione dell'art. 110 del R.D si ritiene che debbano sussistere i seguenti requisiti ovvero: 1) Avviamento del precedente gestore, quant'anche se provvisorio, 2) Sussistenza di rimanenze di farmacie e parafarmaci, 3) Presenza di arredi e locali da rilevare. L'indennità al farmacista presuppone la sussistenza dei requisiti imposti dall'art. 110 citato, quindi ove detti requisiti non siano presenti nel caso specifico, ad esempio quello della continuità/sussistenza della gestione , si può ipotizzare che non sia automatico ritenere sussistente una indennità, proprio per la mancanza dei presupposti , in tal senso si può ritenere la durata della gestione inferiore ai 5 anni Cassazione 21523/2015. Da ultimo si segnalano leggi regionali, ad esempio quella della Regione Emilia Romagna che hanno sganciano ufficialmente il profilo pubblicistico della apertura della sede, dalle vicende privatistiche tra vecchio e nuovo farmacista, i quali avranno un modulo di contatto e poi dovranno risolversi privatamente la questione. La vicenda quindi andrà valutata caso per caso soprattutto in virtu' della presenza di leggi regionali che indirizzino la vicenda verso altre soluzioni più vicine alla mediazione tra privati. Studio Legale Angelini Lucarelli Diritto Farmaceutico Avv. Aldo Lucarelli Indennità al farmacista uscente quando è dovuta?