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- Appalti: offerta pari a Zero? Non vi è automatica esclusione!
E' quanto emerge dalla sentenza della corte di Giustizia Europea C-367-19 del 10 settembre 2020. Ove la ditta offerente presenti una offerta con parametro "Zero" questa non sarà automaticamente esclusa dalla gara, ma sarà soggetta ad una procedura di verifica da parte della amministrazione appaltatrice. E' quanto emerge dalla sentenza dello scorso 10 Settembre 2020 della Corte di Giustizia Europea nella causa C 367-19 ove alla ditta offerente non è stata comminata una automatica esclusione bensì è stata osservato che la stessa dovrà sottoporsi ad una procedura di verifica stante un valore "anormalmente" basso della offerta economica. La verifica sarà necessaria per valutare anche altri aspetti e comprendere quindi il valore della proposta dell'offerente. Si legge nella sentenza che "Come rilevato dall’ avvocato generale al paragrafo 47 delle sue conclusioni, anche se detto corrispettivo non deve necessariamente consistere nel versamento di una somma di denaro, cosicché la prestazione può essere retribuita con altre forme di corrispettivi, come il rimborso delle spese sostenute per fornire il servizio pattuito.. ciò non toglie che il carattere sinallagmatico di un contratto di appalto pubblico comporta necessariamente la creazione di obblighi giuridicamente vincolanti per ciascuna delle parti del contratto, la cui esecuzione deve poter essere esigibile in sede giurisdizionale" Ne consegue che un contratto con il quale un’amministrazione aggiudicatrice non è giuridicamente tenuta a fornire alcuna prestazione quale corrispettivo di quella che la sua controparte si è impegnata a realizzare non rientra nella nozione di «contratto a titolo oneroso» ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, punto 5, della direttiva 2014/24. Ne consegue che l’articolo 2, paragrafo 1, punto 5, della direttiva 2014/24 non può costituire un fondamento giuridico per il rigetto di un’offerta che proponga un prezzo di EUR 0. Pertanto, tale disposizione non consente il rigetto automatico di un’offerta presentata nell’ambito di un appalto pubblico, quale un’offerta al prezzo di EUR 0, con cui un operatore proponga di fornire all’amministrazione aggiudicatrice, senza esigere alcun corrispettivo, i lavori, le forniture o i servizi che quest’ultima intende acquisire. In tali circostanze, poiché un’offerta al prezzo di EUR 0 può essere qualificata come offerta anormalmente bassa, ai sensi dell’articolo 69 della direttiva 2014/24, qualora un’amministrazione aggiudicatrice si trovi di fronte ad un’offerta del genere, essa deve seguire la procedura prevista in detta disposizione, chiedendo all’offerente spiegazioni in merito all’importo dell’offerta. Infatti, dalla logica sottesa all’articolo 69 della direttiva 2014/24 risulta che un’offerta non può automaticamente essere respinta per il solo motivo che il prezzo proposto è di EUR 0. Pertanto, dal paragrafo 1 di detto articolo emerge che, qualora un’offerta appaia anormalmente bassa, le amministrazioni aggiudicatrici richiedono all’offerente di fornire spiegazioni in merito al prezzo o ai costi proposti in quest’ultima, le quali possono riguardare, in particolare, gli elementi di cui al paragrafo 2 di detto articolo. Tali spiegazioni contribuiscono quindi alla valutazione dell’affidabilità dell’offerta e consentirebbero di dimostrare che, sebbene l’offerente proponga un prezzo di EUR 0, l’offerta di cui trattasi non inciderà sulla corretta esecuzione dell’appalto. Infatti, conformemente al paragrafo 3 dello stesso articolo, l’amministrazione aggiudicatrice deve valutare le informazioni fornite consultando l’offerente e può respingere tale offerta solo se gli elementi di prova forniti non giustificano sufficientemente il basso livello di prezzi o di costi proposti. Inoltre, la valutazione di tali informazioni deve essere effettuata nel rispetto dei principi di parità e di non discriminazione tra gli offerenti, nonché di trasparenza e di proporzionalità, che l’amministrazione aggiudicatrice è tenuta a rispettare ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, della direttiva 2014/24. un’offerta al prezzo di EUR 0 può essere qualificata come offerta anormalmente bassa, ai sensi dell’articolo 69 della direttiva 2014/24, Avv. Aldo Lucarelli
- Farmacia: titolarità e gestione.
“Deve essere distinta la titolarità della farmacia dalla gestione della stessa” "nel cumulo di assegnazioni di due sedi farmaceutiche a concorso, una volta esercitato il diritto di scelta, si decade per l'ulteriore sede eventualmente ottenuta." Così si può sintetizzare il pensiero posto alla base della sentenza n. 4903 del 3 Agosto 2020 del Consiglio di Stato, su un tema già affrontato dal Tar Lazio nel 2019 e che oggi riceve quindi una ulteriore conferma. Infatti secondo i Tribunali Laziali: deve essere distinta la titolarità della farmacia dalla gestione della stessa, nel senso che sebbene i vincitori di un concorso straordinario abbiano la possibilità di gestire in forma associata o societaria un’attività speziale, tuttavia la titolarità della stessa rimane incardinata in capo ai singoli soci, i quali soggiacciono agli obblighi stabiliti dalla legge, tra i quali vi è il divieto, di cui all’art. 112, r.d. 27 luglio 1934, n. 1265, di cumulo di due o più autorizzazioni in capo ad una sola persona. Facendo proprio tale assunto, il Consiglio di Stato nella recente pronuncia del 3 Agosto ha ritenuto carente di interesse il ricorso di due dottoresse, che una volta “liberatesi” della prima farmacia vinta a concorso nella Regione Toscana, per averla donata legittimamente al termine del periodo minimo di legge – 3 anni – a terzi, avevano ottenuto “anche” una sede nel Lazio, in quanto prive per l'appunto della prima sede assegnatagli. Visto l'articolo 112 del Testo Unico Sanitario secondo cui "è vietato il cumulo di due o più autorizzazioni in una sola persona" deve ritenersi operante anche per le società, dalché ne deriva anche che ove i candidati abbiano ottenuto due assegnazioni di sedi farmaceutiche in Regioni differenti, ed una di queste non sia più opzionabile, in quanto leggittimatamente ceduta nei termini di legge, non si avrà diritto alla seconda sede, poiché la prima non potrà essere rimessa a concorso. Contattaci per ogni esigenza. Avv. Aldo Lucarelli
- Famiglia: E' vietato fare “abusivo affidamento sui genitori”
Questo in sintesi il pensiero alla base dell'ordinanza di Cassazione dello scorso Agosto, con cui è stata confermata la riduzione e poi la soppressione di un assegno di mantenimento. Cosa accade se viene ridotto l'assegno di mantenimento per il figlio maggiorenne che non cerca lavoro? A questa domanda, sempre più frequente nella vita quotidiana ha dato risposta la Cassazione. E' infatti sempre più frequente il caso di ragazzi – spesso meno giovani ma pur sempre figli – che rimangono aggrappati al ex nucleo familiare poiché non trovano, oppure non si accontentano dei lavori che il mercato offre in questo periodo di pandemia, ed in generale di crisi economica. La Cassazione nella ordinanza dello scorso 20 Agosto 2020 ha puntualizzato, in particolare, che, una volta ultimato il prescelto percorso formativo, ad esempio scuola secondaria, o facoltà universitaria, oppure, una volta terminato un corso di formazione professionale, il maggiorenne debba adoperarsi per rendersi autonomo economicamente. Sussiste quindi un vero e proprio “dovere” di rendersi autonomo nei confronti dei genitori, un dovere a cui seppure non è ricollegata una specifica sanzione, sono comunque correlate delle “conseguenze”. Precisa il massimo Tribunale che a tal fine, il figlio è tenuto ad impegnarsi razionalmente e attivamente per trovare un’occupazione, tenendo conto delle opportunità reali offerte dal mercato del lavoro, se del caso ridimensionando le proprie aspirazioni. E' quindi necessario da una parte mettersi nella condizione di cercare un lavoro, viene in mente quindi la necessità di una spinta verso il mercato del lavoro, cercando di non cadere nel binomio non trovo quindi non cerco e dall'altro lato, con una necessaria propensione ad un ridimensionando delle proprie aspettative o aspirazioni. Viene infatti sempre più spesso alla luce la problematica di quelle persone nel limbo tra il cercare UN lavoro, e cercare IL lavoro, quello per il quale il soggetto avrebbe sudato studiando, oppure che avrebbe sempre sognato. E bene, in un contesto quotidiano come quello che stiamo vivendo, aspirare al proprio lavoro ideale è a volte un diritto, ma anche un lusso non sempre affrontabile, ecco perché la Cassazione parla di dover agire “tenendo conto delle opportunità reali offerte dal mercato”, opportunità quindi non teoriche, o astratte, ma per l'appunto tangibili e reali! Corollario e conseguenza di una affermazione così forte è quella di mettere in conto la necessità di ridimensionare le proprie aspirazioni, magari solo temporaneamente. Si arriva quindi anche in sede di diritto di famiglia ad un nuovo slancio del principio, quello di autoresponsabilità, infatti, tale principio dovrà scandire – secondo la Cassazione – i doveri del figlio una volta che ha raggiunto la maggiore età. Alla luce di quanto ricostruito, e quindi alla luce del principio di autoresponsabilità che permea l’ordinamento giuridico e scandisce i doveri del soggetto maggiore d’età, il Figlio maggiorenne non può ostinarsi e indugiare nell’attesa di reperire il lavoro reputato consono alle sue aspettative, e ciò in quanto non gli è consentito di fare abusivo affidamento sul supposto obbligo dei suoi genitori di adattarsi a svolgere qualsiasi attività pur di sostentarlo ad oltranza nella realizzazione (talvolta velleitaria) di desideri ed ambizioni personali. E' solo il caso di evidenziare che la Cassazione aveva già sottolineato in passato come il progetto formativo del figlio debba essere compatibile con le condizioni economiche dei genitori. (Cass. Civ. 18076 del 20 agosto 2014). Ecco quindi che nasce un concetto che potremmo definire di “abusivo affidamento dell'obbligo di mantenimento gravante sui genitori” i quali non potranno essere obbligati ad un mantenimento sine die oppure ad oltranza, per la realizzazione a volte velleitaria di desideri ed ambizioni dei figli.. in modo da escludere - per usare le parole della Cassazione 4108/1993) che l'obbligo assistenziale possa essere protratto oltre ragionevoli limiti oltre i quali finirebbe con il risolversi in forme di vero e proprio parassitismo di ex giovani ai danni dei loro genitori sempre più anziani. Una pronuncia che quindi si focalizza più sugli obblighi e le responsabilità dei figli maggiorenni, che su quelli dei genitori...e che sicuramente farà riflettere. avv. Aldo Lucarelli Avvocato genitori e figli Avvocato Diritto di Famiglia Avezzano
- Coronavirus ed Affitto 🎭
Un matrimonio imposto dalla legge, ma niente sfratto! Si susseguono dal Marzo 2020 le domande su quale sia la sorte dei contratti di locazione/affitto commerciale in Italia dopo l'imposizione normativa del Lockdown, e la difficile ripresa delle attività economiche da Maggio 2020. Alle porte di un caldo autunno, con la paura di un nuovo Lockdown torna prepotentemente il quesito su cui giuristi ed operatori economici, nonché commercianti di tutta Italia si sono concentrati, ovvero Cosa accade ai contratti di locazione in caso di morosità dovuta al Covid-19? La risposta non è agevole ma sarà sintetica, nulla! E' solo il caso di ricordare infatti che il decreto legge 18/2020, già convertito nella legge 27/2020 aveva previsto, “il rispetto delle misure di contenimento (Lockdown) di cui al presente decreto è sempre valutato ai fini dell'esclusione ai sensi e per gli effetti degli art. 1218 e 1223 c.c della responsabilità del debitore anche relativamente all'applicazione di eventuali decadenze o penali connessi ritardi o omessi pagamenti” In poche parole il legislatore si è portato avanti nel dire che “i ritardi” e gli “omessi pagamenti” devono essere valutati con cautela in quanto il debitore potrebbe essere “incolpevole” dinanzi alla oggettiva impossibilità di operare, e quindi di pagare il dovuto alle scadenze. Dall'altra parte era necessario però tutelare anche tutti i proprietari che avevano concesso in locazione i propri locali, ponendo legittimo affidamento all'incasso delle pigioni, magari collegate ad un finanziamento/mutuo da pagare alla Banca. Ad oggi, settembre 2020, siamo arrivati ad un punto di incontro, tra le opposte posizioni, quella dell'inquilino e quella del proprietario del bene, secondo due autorevoli Tribunali Italiani, ovvero Catania e Venezia, la normativa “speciale” quella del lockdown, incide nella valutazione della gravità dell'inadempimento del conduttore (moroso) in relazione alla domanda di risoluzione avanzata dall'altra parte. Tale domanda sarà valutata in separata sede, ma ciò non esclude che non può essere accolta la domanda di rilascio dell'immobile, tantoppiù ove il conduttore abbia dimostrato buona volontà di adempimento, ed abbia interesse alla prosecuzione del rapporto. (Catania Ordinanza 30 Luglio 2020). Di avviso simile ma più nel dettaglio invece la posizione di Venezia, che nella ordinanza del 28 Luglio 2020 ha rigettato la richiesta di rilascio di immobile (ai sensi dell'art. 665 cpc) all'interno di un procedimento di sfratto per morosità in quanto la morosità si era conclamata nel periodo in cui il conduttore non ha potuto utilizzare (a pieno il locale) per la presenza delle restrizioni di legge. Tale non utilizzo, o uso parziale non configura secondo il Tribunale di Venezia, una impossibilità assoluta, bensì parziale, dal momento che l’unità immobiliare è rimasta pur sempre nella disponibilità della conduttrice ed è stata utilizzata quantomeno con funzione di ricovero delle attrezzature e delle materie prime relative all’attività in quel caso di ristorazione;Pertanto appare, dunque, pertinente non tanto il richiamo all’art. 1463 c.c. ma piuttosto alla figura dell’impossibilità parziale temporanea, che giustifica nei contratti a prestazioni corrispettive o lariduzione della controprestazione o il recesso (cfr. artt. 1256, 1258 e 1464 c.c.); Precisa quindi il Tribunale che sarà necessario rinviare al successivo giudizio di merito la rideterminazione del canone per il periodo di chiusura, vista la chiara volontà anche della conduttrice di proseguire il rapporto. Per questi motivi non è stata concessa nemmeno dal Tribunale meneghino l'ordinanza di rilascio. Concludiamo quindi la disamina con una battuta, niente sfratto per Covid-19! (almeno per ora) Scrivici per avere una valutazione della Tua problematica ed un aggiornamento sulle pronunce dai Tribunali Italiani. Avv. Aldo Lucarelli
- Covid 19 - Per ora sono salve le prime case!
Sospese le procedure esecutive sulle prime case. Tutto rinviato a dopo il 30 Ottobre. Vista l'emergenza Covid, sono sospese dal 30 Aprile 2020 e per sei mesi quindi fino al 30 Ottobre 2020, tutte le procedure esecutive sulle prime case, questo è il senso della legge pubblicata in data 29 aprile 2020. Infatti visto l’articolo 54 ter legge n. 27/2020 – pubblicata in gazzetta Ufficiale in data 29.04.2020 – di Conversione ,21in legge, con modificazioni, del d.l. n. 18/2020, “recante misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”, che prevede: “ Al fine di contenere gli effetti negativi dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, in tutto il territorio nazionale è sospesa, per la durata di sei mesi a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare, di cui all’articolo 555 del codice di procedura civile, che abbia ad oggetto l’abitazione principale del debitore”; Sono quindi sospese automaticamente le procedure esecutive che hanno ad oggetto il pignoramento e la procedura esecutiva sulla prima casa. Per prima casa si intende in via generale quella dove il debitore ha la residenza, oppure ove vive non avendo altre abitazioni, quindi trattasi di abitazione principale del debitore. Lo scopo è quello di di contenere gli effetti negativi dell’emergenza epidemiologica da COVID-19” e, quindi, la natura dichiaratamente emergenziale della stessa; Le procedure riprenderanno automaticamente dopo 6 mesi dalla pubblicazione della legge 27/2020, e quindi in data 30 ottobre 2020.
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Il blog di legale oggi, gestito da avvocati, offre la collaborazione ai colleghi per studi e ricerche su temi specifici che potranno essere sottoposti dagli stessi legali. Scrivi rappresenta il quesito e la problematica ed ottieni atti, pareri e quant'altro necessario al tuo caso. Sei un avvocato e vuoi pubblicare un tuo articolo o ricerca? Sottoponilo tramite form e se rispetterà i requisiti potrà essere pubblicato con una candidatura spontanea. Il testo deve essere di almeno 400 caratteri fino a 1500, deve essere originale, e contenere riferimenti normativi. Trattasi di attività di spontanea collaborazione a titolo divulgativo che non prevede corrispettivo. Legale Oggi Sei un avvocato? collabora con noi Scrivi il tuo quesito, o il tuo caso, "Legale Oggi" fornirà collaborazione alla risoluzione della tua controversia con ricerche giuridiche e pareri nel rispetto della privacy e delle norme deontologiche. Sei un avvocato? Vuoi diventare autore? Collabora con noi, scrivi un articolo o una nota a sentenza, e potrai pubblicarlo sul sito di "Legale Oggi" o sul canale You tube "LegaleOggi",con una candidatura spontanea.