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  • Il diritto di veduta e le distanze tra confinanti.

    Il diritto di veduta è un diritto “automatico” che deriva dalla proprietà oppure un diritto a sé da ottenere per essere tutelato? A questa domanda ha avuto modo di rispondere più volte la Corte di Cassazione. Infatti "La titolarità del diritto reale di veduta costituisce una condizione dell'azione al fine di esigere l'osservanza da parte del vicino delle distanze di cui all'art. 907 cod. civ. e, come tale va accertata anche di ufficio dal giudice, salvo che da parte del convenuto non vi sia stata ammissione, esplicita o implicita, purché inequivoca, della relativa sussistenza.” Fondamentale quindi è l'atteggiamento – di ammissione implicita o esplicita dell'esistenza del diritto – da parte del vicino, a nulla rilevando il principio di prevenzione. A mente dell'articolo 907 del codice civile infatti quando si è acquistato il diritto di avere vedute dirette verso il fondo vicino, il proprietario di questo non può fabbricare a distanza minore di tre metri.. Quindi in materia di vedute l'obbligo di osservare la distanza dalle vedute prescritta dall'art. 907 cod. civ. presuppone che colui che ha costruito per primo abbia acquistato, ad es. per usucapione o per convenzione, il diritto ad avere vedute verso il fondo vicino (Cass.Ss.Uu.11489/2002 e Cass.3859/88 e di recente Cass. 11956/2009)”. Infine, l’art. 907 c.c. presuppone che l’acquisto del diritto alla veduta sul fondo del vicino venga logicamente prima dell’esercizio della facoltà di costruire. Sussistendo il possesso della veduta, le opere realizzate in dispregio delle distanze legali integrano una molestia in quanto pregiudicano l’esercizio della modalità di veduta come in precedenza goduta ed esercitata dal possessore costituendo una ingerenza nell’altrui sfera di godimento. Ti interessa l'argomento? Legale Oggi. Come tutelare la veduta? l'azione legale presuppone la titolarità del diritto ai sensi dell'art. 907 c.c.

  • La nuova convivenza non comporta la perdita dell'assegno di divorzio.

    Diritto di Famiglia: Con la sentenza n. 32198 pubblicata in data 5 novembre 2021, a risoluzione di un contrasto, le Sezioni Unite della Corte sono intervenute a definire la sorte dell’assegno di divorzio in favore del coniuge economicamente più debole, qualora questo instauri una stabile convivenza con un nuovo compagno. Esse hanno affermato in primo luogo che, allo stato attuale, l’instaurazione della nuova convivenza non comporta la perdita automatica ed integrale del diritto all’assegno. La scelta di intraprendere un nuovo percorso di vita insieme ad un’altra persona non è però irrilevante: le Sezioni Unite affermano che l’ex coniuge, in virtù del suo nuovo progetto di vita e del principio di autoresponsabilità, non può continuare a pretendere la corresponsione della componente assistenziale dell’assegno. Tuttavia, non perde il diritto alla liquidazione della componente compensativa dell’assegno, che verrà quantificata tenendo anche in conto la durata del matrimonio, purché provi il suo apporto alla realizzazione del patrimonio familiare, o del patrimonio personale dell’ex coniuge, nonché le eventuali rinunce concordate ad occasioni lavorative e di crescita professionale in costanza di matrimonio. La Corte segnala come modalità più idonee di liquidazione dell’assegno limitato alla componente compensativa l’erogazione di esso per un periodo circoscritto di tempo, o la sua capitalizzazione, allo stato attuale possibili soltanto previo accordo delle parti, e valorizza l’importanza dell’attività propositiva e collaborativa del giudice, degli avvocati e dei mediatori familiari per raggiungere la soluzione più rispondente agli interessi delle persone. Legale Oggi

  • Assicurazione: L'indennizzo diretto in caso di piu' veicoli.

    E' ammesso ma attenzione alla presenza di altri responsabili, vediamo il perché. In tema di risarcimento danni da circolazione di veicoli, la procedura di indennizzo diretto, ex art. 149 del d.lgs. n. 209 del 2005, è applicabile anche al caso di collisione che abbia riguardato più di due veicoli, salva l'ipotesi in cui, oltre al veicolo dell'istante ed a quello nei cui confronti questi rivolge le proprie pretese, siano coinvolti ulteriori veicoli (i conducenti siano) responsabili del danno. Questo è il principio consolidato in tema di indennizzo diretto, ma scopriamo di piu'. "La procedura di indennizzo diretto prevista dall'art. 149 del codice delle assicurazioni private (decreto legislativo 7 settembre 2005 n. 209) è ammissibile anche in caso di collisione che abbia riguardato più di due veicoli, con esclusione della sola ipotesi in cui, oltre al veicolo dell'istante e a quello nei cui confronti questi rivolge le proprie pretese, siano coinvolti ulteriori veicoli (i cui conducenti siano) responsabili del danno. Quale è la fonte di tale principio? Ciò emerge chiaramente dalla lettera dall'art. 1, comma 1, lettera d), del regolamento emanate ai sensi dell'art. 150 del codice delle assicurazioni private, che contiene la disciplina del risarcimento diretto dei danni derivanti dalla circolazione stradale (D.P.R. 18 luglio 2006 n. 254), e che prevede die la suddetta procedura sia applicabile in caso di "collisione avvenuta nel territorio della Repubblica tra due veicoli a motore identificati assicurati per la responsabilità civile obbligatoria dalla quale siano derivati danni ai veicoli o lesioni di lieve entità ai loro conducenti, senza coinvolgimento di altri veicoli responsabili". La conclusione è coerente del resto con la ratio della disposizione di cui all'art. 149 del codice delle assicurazioni private, che ha introdotto la speciale procedura dell'indennizzo diretto per semplificare gli adempimenti ai fini della liquidazione del risarcimento in caso di sinistri stradali di cui si siano verificati esclusivamente danni a cose e/o danni lievi alle persone, prevedendo che i danneggiati possano rivolgersi alla propria compagnia di assicurazione, la quale gestisce la pratica per conto della compagnia del soggetto responsabile, per poi regolare i rapporti con quest'ultima attraverso una stanza di compensazione. Il meccanismo di rappresentanza e di compensazione tra le due compagnie di assicurazione interessate risulta articolato in modo tale da poter operare non solo in caso di sinistro con unico responsabile, ma anche laddove sussista la corresponsabilità del danneggiato istante, indipendentemente dall'esistenza di altri danneggiati, mentre resta escluso nel caso in cui, essendovi ulteriori soggetti responsabili, si avrebbe il coinvolgimento di una ulteriore compagnia di assicurazione". Legale Oggi Assicurazione: L'indennizzo diretto in caso di piu' veicoli ai sensi dell'art. 149 decreto legislativo 7 settembre 2005 n. 209.

  • Parto Anonimo, il diritto all'anonimato e le informazioni sanitarie.

    Il diritto a conoscere l’identità della madre è distinto da quello di accedere alle sue informazioni sanitarie. In tema di diritto del nato da parto anonimo ad acquisire informazioni relative alle proprie origini, la Prima Sezione da un lato ha ribadito, in linea con la sentenza delle Sezioni Unite n. 1946 del 2017, che il diritto a conoscere l’identità della madre deve essere contemperato con la persistenza della volontà di questa di rimanere anonima e deve essere esercitato secondo modalità che ne proteggano la dignità, tenendo dunque in considerazione la salute della donna e la sua condizione personale e familiare (nella fattispecie, è stata così confermata la sentenza di merito che aveva escluso il diritto del figlio a conoscere l’identità della propria madre, in quanto la donna era in età molto avanzata e versava in gravi condizioni di salute anche psichica); dall’altro lato, ha precisato che tale diritto va tenuto distinto da quello ad accedere alle informazioni sanitarie sulla salute della madre, al fine di accertare la sussistenza di eventuali malattie ereditarie trasmissibili, che può essere esercitato indipendentemente dalla volontà della donna e anche prima della sua morte, purché ne sia garantito l’anonimato “erga omnes”, anche dunque nei confronti del figlio. Si rammenta che la Corte di Cassazione a Sezioni Unite già nel gennaio 2017 con la pronuncia su richiamata, la numero 1946, aveva statuito il principio secondo cui in tema di parto anonimo, per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 278 del 2013, ancorché il legislatore non abbia ancora introdotto la disciplina procedimentale attuativa, sussiste la possibilità per il giudice, su richiesta del figlio desideroso di conoscere le proprie origini e di accedere alla propria storia parentale, di interpellare la madre che abbia dichiarato alla nascita di non voler essere nominata, ai fini di una eventuale revoca di tale dichiarazione, e ciò con modalità procedimentali, tratte dal quadro normativo e dal principio somministrato dalla Corte costituzionale, idonee ad assicurare la massima riservatezza e il massimo rispetto della dignità della donna; fermo restando che il diritto del figlio trova un limite insuperabile allorché la dichiarazione iniziale per l'anonimato non sia rimossa in séguito all'interpello e persista il diniego della madre di svelare la propria identità. redazione Legale Oggi

  • Amministrativo: No al divieto di doppia partecipazione alla gara con più lotti.

    Questa la sintesi del pensiero del Tar Lazio, ma se non hai tempo, contattati subito per il tuo quesito, oppure prosegui nella lettura! La sentenza del Tar Lazio del 18 Giugno 2021 torna sinteticamente a trattare del vincolo di aggiudicazione, ossia quella clausola che, in presenza di più lotti, assicura a tutti la possibilità di parteciparvi ma limita il numero massimo di lotti che possono essere aggiudicati ad uno stesso soggetto. E bene, a mente dell’art. 51 D.lgs. 50/2016 trattasi di facoltà ma non di obbligo, e su questo il Tar Lazio del 18 giugno si affila al consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa che ha più volte ribadito che si tratta di una mera facoltà (Consiglio di Stato 2881/2020, 3682/2020 e 4361/2020 ). Infatti è sufficiente richiamare il disposto d. lgs. n. 50 del 2016, che all'art. 51 contempla due disposizioni, una prescrittiva e l’altra facoltativa. La prima, relativa ai lotti, prescrive che “1. Nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di appalti pubblici, sia nei settori ordinari che nei settori speciali, al fine di favorire l'accesso delle microimprese, piccole e medie imprese, le stazioni appaltanti suddividono gli appalti in lotti funzionali …in conformità alle categorie o specializzazioni nel settore dei lavori, servizi e forniture. ….. Nel caso di suddivisione in lotti, il relativo valore deve essere adeguato in modo da garantire l'effettiva possibilità di partecipazione da parte delle microimprese, piccole e medie imprese” (comma 1); la seconda facultizza le stazioni appaltanti a “limitare il numero di lotti che possono essere aggiudicati a un solo offerente, a condizione che il numero massimo di lotti per offerente sia indicato nel bando di gara o nell'invito a confermare interesse, a presentare offerte o a negoziare”. Ebbene, quanto alla prima, il Consiglio di Stato osserva che sebbene sia indubbio che la suddivisione in lotti rappresenti uno strumento posto a tutela della concorrenza sotto il profilo della massima partecipazione alle gare, è altrettanto indubbio che tale principio non costituisca un precetto inviolabile né possa comprimere eccessivamente la discrezionalità amministrativa di cui godono le Stazioni Appaltanti nella predisposizione degli atti di gara in funzione degli interessi sottesi alla domanda pubblica, assumendo, piuttosto, la natura di principio generale adattabile alle peculiarità del caso di specie e derogabile, seppur attraverso una decisione che deve essere adeguatamente motivata. Inoltre è necessario evidenziare che la legge configura il cd vincolo di aggiudicazione quale mera facoltà (le stazione appaltanti “possono”, recita il comma 3 dell’art. 51 ), sicchè non si comprende per quali motivi e in che misura l’ omessa previsione possa automaticamente condurre ad una illegittimità dinanzi al giudice amministrativo. Da quanto sopra se ne deduce che il divieto di doppia partecipazione alla singola gara non si riferisce alle procedure suddivise in lotti, a meno che non esista una specifica previsione da parte delle stazioni appaltanti. L’argomento risulta poi completato dall’ulteriore previsione dell’art. 48, comma 7, D.lgs. 50/2016 che prevede il divieto di doppia partecipazione alla singola gara, ma ciò non è riferibile alle gara con suddivisione in lotti; infatti nel caso in esame al Tar in commento il Disciplinare prevedeva espressamente il divieto per il concorrente che partecipava al singolo lotto in raggruppamento di essere presente anche in forma individuale, mentre la partecipazione a più lotti in ma forma diversa era espressamente ammessa dal Disciplinare di gara. Quindi soggiunge il Tar che un imprenditore può partecipare a Raggruppamenti di imprese diversamente composti a distinti lotti ed in realtà gli RTI sono stati formati in diversa composizione al fine di poter eseguire le prestazioni che sono parzialmente diverse in ciascun lotto. Ogni operatore economico, pertanto, ha assunto l’esecuzione delle prestazioni di cui si compone l’appalto del relativo lotto e per il quale è risultato in possesso dei requisiti di qualificazione richiesti. Ogni vicenda avrà la sua caratteristica, quindi ove fossi interessato ad un consulto anche telefonico o via whatsapp CONTATTACI. Normativa citata: articoli 48 e 51 Codice degli Appalti. Giurisprudenza citata: Tar Lazio Roma n.7305/2021 e Consiglio di stato 2881/2020. A cura dell’Avv. Aldo Lucarelli

  • Amante del marito pedinata: condannata la moglie per molestie!

    Con la sentenza n. 11198 del 2 Aprile 2020 la Corte di Cassazione ha condannato una signora ai sensi dell’articolo 660 del codice penale e quindi per il reato di “molestia” o “disturbo”. Recita l’articolo 660 c.p: “Chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda fino a € 516” Afferma quindi la Cassazione che il reato di molestia o disturbo alle persone, può essere integrato anche da una condotta consistente nel seguire insistentemente la persona offesa, o il suo veicolo in modo da interferire nella sfera di libertà di lei e da arrecarle fastidio o turbamento, nel caso di specie l’imputata pedinava e inviava SMS ingiuriosi e minacciosi all'amante del marito. Ma, afferma la Cassazione, che tale condotta che implica il reato di “molestia” non va confuso con situazioni più gravi nelle quali si arriva ad avere il “timore” o la “paura” per la propria incolumità, per le quali infatti è previsto il reato di atti persecutori “stalking” ai sensi dell’articolo 612 bis del codice penale. precisa la Cassazione del 2 aprile 2020: “pertanto, quest’ultimo, (il reato di molestie) non va confuso con più gravi situazioni, materiali o morali, quali lo stato di ansia o paura, il timore per l'incolumità propria o altrui e l'alterazione delle abitudini di vita, che sono gli eventi che, disgiuntamente integrano il più grave reato di atti persecutori ex articolo 612 bis c.p". E’ solo il caso di evidenziare che per la configurazione del reato di stalking/atti persecutori, sono sufficienti anche pochi messaggi via social o messaggistica tipo “WhatsApp” oppure una sola telefonata dal tono minaccioso, tale che vi sia una modifica delle abitudini di vita della persona offesa, questo è quanto desunto dalla ricostruzione della Cassazione penale con la sentenza 2 gennaio 2019, n. 61. Infatti il reato di stalking previsto dall'art. 612-bis c.p., è il reato che punisce i così detti "atti persecutori", secondo cui chiunque "con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita". redazione Studio Legale Angelini Lucarelli Amante Marito Diritto Famiglia Avvocato matrimonialista Avezzano Avv Aldo Lucarelli

  • Farmacia: Le Associazioni nel Concorso Straordinario Farmacie.

    Incentivare i giovani farmacisti, questa la ratio legis della norma istitutiva del concorso straordinario farmacie secondo il Consiglio di Stato che nella sentenza n. 3973/2021 del 21.05.2020 torna sul concorso, sul criterio di cumulo del punteggio, e sul tetto dei 35 punti, affermando per la prima volta (fino a prova contraria) che la ratio base della norma istitutiva del concorso straordinario è proprio quella di incentivare i giovani farmacisti con minore esperienza. In tema di punteggi, il massimo tribunale amministrativo ha avuto modo di precisare che Collegio osserva preliminarmente che il concorso straordinario previsto dall'art. 11 del d.l. n. 1 del 2012 per l'assegnazione delle sedi istituite in base ai nuovi criterî da esso introdotti si inerisce nell’ambito di una più ampia riforma che ha avuto il fine, dichiarato nel comma 1, di "favorire l'accesso alla titolarità delle farmacie da parte di un più ampio numero di aspiranti, aventi i requisiti di legge, nonché di favorire le procedure per l'apertura di nuove sedi farmaceutiche garantendo al contempo una più capillare presenza sul territorio del servizio farmaceutico" (v. ex plurimis, sulle previsioni dell'art. 11, Cons. St., sez. III, 4 ottobre 2016, n. 4085). La norma (art. 11, comma 7, del d.l. n. 1/2012),introduce, dunque, consapevolmente una deroga al principio meritocratico posto a base del concorso ordinario (cfr. §§ 20-21 del parere n. 69 del 3 gennaio 2018) proprio attraverso la possibilità di cumulare i punteggi per "favorire l'accesso alla titolarità delle farmacie da parte di un più ampio numero di aspiranti, aventi i requisiti di legge" (Cons. St. Ad. Plen., 17 gennaio 2020, n.19). In siffatte evenienze, dunque, il punteggio per il conseguimento della farmacia risulta dal cumulo dei punteggi spettanti singolarmente a ciascun farmacista, senza che si pongano vincoli di sorta fino alla concorrenza del punteggio massimo previsto dal d.P.C.M. n. 298 del 1994 rispettivamente, per i primi dieci anni di esperienza e per le annualità successive. In tal modo trova, dunque, piena attuazione la stessa ratio dell'art. 11, comma 7, del d.l. n. 1 del 2012, nella parte in cui mira ad incentivare l'aggregazione dei farmacisti con minore esperienza per consentire loro di conseguire in forma associata l'assegnazione di una sede farmaceutica, ciò che non potrebbero mai o difficilmente conseguire isolatamente in un concorso ordinario. Quanto alla ruralità invece è' stato, infatti, evidenziato che “Dalla attenta lettura delle due disposizioni (art. 9, l. n. 221/1968 e l. n. 362/1991 e, quindi, art. 5, D.P.C.M. n. 298/1994 alla quale la prima rinvia) e dalla ratio alle stesse sottesa il Collegio ritiene di dover concludere che non ci si trova di fronte a norme di contenuto quasi antitetico - di cui la speciale (che prevederebbe l’attribuzione di punti in deroga al tetto dei 35 punti per l’esperienza professionale) prevale sulla generale (che prevede, invece, il tetto massimo di 35 punti), - ma a norme che si integrano, nel senso che la maggiorazione premiale si applica sommandosi ai punti attribuiti al concorrente per l’esperienza professionale, nell’ambito della quale va ascritta anche l’anzianità di servizio svolto presso una farmacia rurale, ferma restando che la somma dei due punteggi non può superare il totale di 35. Rileva infine il Collegio che “una diversa conclusione comporterebbe che il requisito dell’esercizio professionale in sede rurale verrebbe ad assumere natura di criterio selettivo (quasi) dirimente, anche a detrimento di altri criteri espressamente presi in considerazione dalla legge istitutiva della sessione straordinaria per l’assegnazione delle nuove sedi farmaceutiche. Ne consegue che anche una lettura interpretativa comunitariamente orientata delle disposizioni normative dinanzi citate suggerisce di aderire alla soluzione del cumulo temperato della maggiorazione per ruralità, da riconoscere cioè pur sempre nel rispetto del tetto massimo insuperabile dei 35 punti attribuibili complessivamente dai commissari per i titoli professionali posseduti da ciascun concorrente.” Giova infine precisare che non è precluso ai farmacisti in gestione associata, che in tale forma hanno preso parte al concorso straordinario e hanno l’obbligo di garantire il vincolo della gestione associata a base paritaria per tre anni, costituire una società, anche di capitali, pure prima che scada il triennio purché alla società non partecipino, prima della conclusione del vincolo, soggetti diversi da essi, dovendo la Regione, all’esito del concorso straordinario, assegnare anche formalmente la titolarità della farmacia a quegli stessi farmacisti persone fisiche, che hanno a tale titolo partecipato al concorso straordinario (seppure nella forma della “gestione associata”), salvo, ovviamente, il diritto/dovere, in capo a questi, di gestire l’attività imprenditoriale farmaceutica in forma collettiva secondo le sole modalità consentite dall’ordinamento. (art. 7, comma 1, della l. n. 362 del 1991, novellato dalla l. n. 124 del 2017, e parere n. 69 del 3 gennaio 2018) Contattaci per ogni esigenza! Avv. Aldo Lucarelli

  • Il Sub-appalto per la Giurisprudenza Amministrativa ed il nuovo art. 105 CdA.

    Vediamo di fare un pò di chiarezza tra le pronunce nazionali ed europee, e vediamo quale è il testo novellato del nuovo art. 105 del codice degli appalti introdotto dal decreto semplificazioni. Per una disamina piu' approfondita, contattaci ed esponi il tuo quesito. Secondo i principi affermati dalla giurisprudenza in materia con tale disposizione, e già con il precedente art. 118 del d.lgs. n. 163/2006, il legislatore ha inteso ampliare quanto più possibile il concetto di subappalto al fine di evitare ogni possibile elusione della disciplina in materia di evidenza pubblica, dettando una serie di cautele funzionali a garantire la qualità della prestazione del subappaltatore e a prevenire fenomeni di infiltrazione delinquenziale nei contratti pubblici. Deve quindi essere qualificato come subappalto, ai fini delle norme sui contratti pubblici, “qualunque tipo di contratto che intercorra tra l'appaltatore e un terzo in virtù del quale talune delle prestazioni appaltate non siano eseguite dall'appaltatore con la propria organizzazione, bensì mediante la manodopera prestata da soggetti giuridici distinti, in relazione ai quali si pone l'esigenza che siano qualificati e in regola con i requisiti di ordine generale; non sussiste sub-appalto soltanto laddove le prestazioni siano eseguite dall'appaltatore in proprio, tramite la propria organizzazione imprenditoriale” (Cons. Stato, sez. V, 3 aprile 2018, n. 2073). In tale contesto il ricorso al lavoro autonomo, pur se consentito, è subordinato dal codice, al fine di evitare un uso elusivo delle norme poste in materia del subappalto, all’individuazione specifica del contenuto delle attività da svolgere; ciò in quanto l’affidamento di parte delle mansioni a lavoratore autonomo implica lo svolgimento delle stesse da parte di un soggetto esterno all’organizzazione dell’appaltatore e non nella stessa stabilmente incardinato, come un lavoratore dipendente. Ed ecco quindi che in tema di subappalto, e di ricorribilità avverso i vizi dedotti contro la lex specialis – bando – la giurispdurenza ha avuto modo di precisare di dover evitare la “caccia all'errore”. A quest’ultimo riguardo, infatti, secondo la prevalente giurisprudenza, condivisa dal Collegio, il procedimento di verifica dell'anomalia dell'offerta è finalizzato ad accertare l'attendibilità e la serietà dell'offerta, nonché l'effettiva possibilità dell'impresa di eseguire correttamente l'appalto alle condizioni proposte: la relativa valutazione ha, peraltro, natura necessariamente globale e sintetica, non potendo risolversi in una parcellizzazione delle singole voci di costo (come nel caso di specie) ed in una caccia all'errore nella loro indicazione nel corpo dell'offerta, costituendo, in ogni caso, esercizio di apprezzamento schiettamente tecnico, non sindacabile in sede giurisdizionale, se non per illogicità, manifesta irragionevolezza, arbitrarietà (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. V, 14 aprile 2020, n. 2383). Secondo la recente pronuncia del CdS n. 389/2020, non è pertinente al riguardo neppure il richiamo all’istituto del subappalto previsto dall’art. 105 del codice dei contratti pubblici ed ai limiti ad esso relativi (30% per cento «dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture», secondo la formulazione del comma 2 della disposizione richiamata applicabile ratione temporis, che peraltro deve ritenersi superato per effetto delle sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea del 26 settembre 2019 (C-63/18) e 27 novembre 2019 (C-402/18). Il subappalto dà infatti luogo ad un contratto derivato, rilevante nella fase di esecuzione del rapporto, contraddistinto dal fatto che il rischio imprenditoriale ed economico inerente all’esecuzione delle prestazioni in esso previste è assunto dal subappaltatore attraverso la propria organizzazione, mentre il subappaltante rimane responsabile nei confronti dell’amministrazione aggiudicatrice, ai sensi di quanto previsto dall’art. 105, comma 8, d.lgs. n. 50 del 2016 (in termini, in relazione alla previgente disciplinare di cui al codice dei contratti pubblici approvato con decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, cfr. Cons. Stato, V, 25 febbraio 2015, n. 936, 16 aprile 2013, n. 2105, 26 marzo 2012, n. 1726) La rassegna su menzionata, e tratta dalla giurisprudenza interna, evidenzia come a seguito della sentenza della Corte di Giustizia Europea del 26 settembre 2019 (C-63/18) sia necessasrio un intervento legislativo atto a rendere omogeneo il diritto sostanziale – codice degli appalti – con la giurisprudenza delineatasi anche al fine di limitare il contenzioso. Giova infatti evidenziare che si sta assistendo ad una nuova regolamentazione normativa ad opera delle pronunce amministrative, a scapito della certezza del diritto. E' solo il caso di ricordare che ai sensi dell'art. 105 del codice degli appalti, Il subappalto è il contratto con il quale l'appaltatore affida a terzi l'esecuzione di parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto. Costituisce, comunque, subappalto qualsiasi contratto avente ad oggetto attività ovunque espletate che richiedono l'impiego di manodopera, quali le forniture con posa in opera e i noli a caldo, se singolarmente di importo superiore al 2 per cento dell'importo delle prestazioni affidate o di importo superiore a 100.000 euro e qualora l'incidenza del costo della manodopera e del personale sia superiore al 50 per cento dell'importo del contratto da affidare. E che a pena di nullita’, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 106, comma 1, lettera d), il contratto non puo’ essere ceduto, non puo’ essere affidata a terzi l’integrale esecuzione delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto, nonche’ la prevalente esecuzione delle lavorazioni relative al complesso delle categorie prevalenti e dei contratti ad alta intensita’ di manodopera.” - Nullità del Bando - Appalti ad Offerta Zero -Appalti: i requisiti del procuratore dell'aggiudicatario Contatta l'autore: Avvocato Aldo Lucarelli Appalto Commerciale Tribunale Avv. Aldo Lucarelli Avvocato Avezzano

  • Speciale Concorsi Pubblici: Esame Avvocato

    ESAME AVVOCATO - come affrontare una mancata ammissione? Corso di preparazione o analisi dei motivi di esclusione? Dopo il Covid-19, il fisiologico ritardo nella pubblicazione dei risultati dell'esame svolto a ha creato molte ansie agli aspiranti avvocati, molti dei quali purtroppo non hanno superato la prova scritta. Capire il motivo della "bocciatura" è fondamentale per comprendere come pianificare il futuro, e ciò è possibile con l'ausilio di un professionista che guidi il candidato alla consultazione delle prove di esame svolte previa richiesta degli elaborati e dei verbali di esame. Con lo "speciale esame Avvocato 2021" in caso di NON ammissione all'orale, lo Studio offre una prima consulenza orientativa su come reperire gli Elaborati, i Verbali di Correzione e valutare ogni rimedio ammissibile per verificare la legittimità della mancata ammissione alla prova orale. Capire il motivo di una "bocciatura" aiuterà il Candidato a pianificare le esperienze future, come partecipare ad un corso di preparazione teorico/pratico studiato appositamente per l'aspirante legale, Avvocato È possibile anche presentare ricorso al Tar ove vi siano i presupposti che andranno valutati caso per caso secondo la tecnica del "fatto su misura per il candidato" il tutto secondo le proprie esigenze. Contatta lo Studio ed avrai una prima analisi della tua vicenda anche on line.

  • Appalti, Mancata indicazione dei costi della manodopera: Esclusione automatica

    La mancata indicazione nella propria offerta di gara, dell’ammontare dei costi e degli oneri per la manodopera, è causa di esclusione così come obbligatoriamente richiesta dall’art. 95 comma 10 d.lgs. 50/2016. Questo il principio della Adunanza Del Consiglio di Stato N.7 del 2 Aprile 2020. Occorre sottolineare infatti che la questione centrale della vicenda, ossia la possibilità di omettere l’indicazione separata dei costi della manodopera, è stata l’oggetto del rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia UE. La soluzione del quesito interpretativo è stata poi data, in altra vicenda, dalla sentenza della Nona Sezione, 2 maggio 2019, causa C-309/18, ritenuta esaustiva da questa Adunanza, con cui si è affermato: “I principi della certezza del diritto, della parità di trattamento e di trasparenza, quali contemplati nella direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, secondo la quale la mancata indicazione separata dei costi della manodopera, in un’offerta economica presentata nell’ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, comporta l’esclusione della medesima offerta senza possibilità di soccorso istruttorio, anche nell’ipotesi in cui l’obbligo di indicare i suddetti costi separatamente non fosse specificato nella documentazione della gara d’appalto, sempreché tale condizione e tale possibilità di esclusione siano chiaramente previste dalla normativa nazionale relativa alle procedure di appalti pubblici espressamente richiamata in detta documentazione. Tuttavia, soggiunge la Corte di Giustizia “se le disposizioni della gara d’appalto non consentono agli offerenti di indicare i costi in questione nelle loro offerte economiche, i principi di trasparenza e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che essi non ostano alla possibilità di consentire agli offerenti di sanare la loro situazione e di ottemperare agli obblighi previsti dalla normativa nazionale in materia entro un termine stabilito dall’amministrazione aggiudicatrice.” Nella vicenda in scrutinio era chiaro come l’impresa aggiudicataria avesse chiaramente eluso le previsioni dell’art. 95, comma 10, del codice dei contratti pubblici. La società aveva del tutto omesso nella sua offerta economica l’indicazione dei costi della manodopera come previsto dall’art. 95 del d.lgs. n. 50 del 2016 e dalla lex specialis e solo successivamente, dopo la notifica del ricorso introduttivo da parte della seconda classificata, la stazione appaltante chiedeva all’aggiudicataria, in sede di soccorso istruttorio, chiarimenti in ordine ai “costi del personale al fine di verificare il rispetto di quanto previsto dall’art. 97, comma 5 lett. d), del d.lgs. n. 50 del 2016”. Deve quindi ritenersi integrata l’illegittimità evidenziata dalla seconda classificata, stante la mancata attivazione del dovuto meccanismo espulsivo da parte della stazione appaltante. E l’ applicazione del soccorso istruttorio? Secondo il Consiglio di Stato sarebbe possibile solo ove sussistesse l’equazione indicata dalla Corte Europea, ovvero una materiale impossibilità di indicazione originaria dei costi della manodopera tale da legittimante il soccorso istruttorio. In conclusione non è possibile utilizzare il soccorso istruttorio ove non ci sia la prova di una oggettiva impossibilità originaria riferita al bando iniziale. Assistenza e consulenza sul tema, contattaci. Avv. Aldo Lucarelli

  • ​Il Contratto di Sponsorizzazione Sportiva con fondi pubblici.

    Sussiste la Giurisdizione del Giudice Contabile anche in mancanza del rapporto di servizio tra la Pubblica Amministrazione ed il Privato Commento a Cassazione Civile a Sezioni Unite n. 21297/2017: Il caso molto interessante, riguarda la problematica inerente la nozione di danno erariale e la qualificazione del rapporto tra P.A. ed il privato, e giunge alla conclusione di ritenere la sussistenza della giurisdizione contabile e non ordinaria ove dei contributi pubblici finalizzati alla realizzazione di programmi di interesse generale il beneficiario disponga in modo diverso da quello preventivato e per il quale li ha ricevuti, lo scopo perseguito dal soggetto pubblico erogatore viene a risultare così frustrato. In tale ipotesi spetta alla Corte dei Conti la cognizione della azione restitutoria-risarcitoria che, per la mala gestio del contributo, venga promossa dal Procuratore Generale…stante l'irrilevanza, da un canto, della qualità del soggetto che gestisce il denaro pubblico, il quale ben può essere un soggetto di diritto privato destinatario della contribuzione, e conclude quindi la Corte: “è la natura del danno conseguente alla mancata realizzazione degli scopi perseguiti con la contribuzione (pubblica) ad assumere invero decisiva rilevanza” e non quindi la tipologia del soggetto che la utilizza o del titolo giuridico posto alla base, che potrà, come nel caso oggetto di causa, anche essere un contratto di diritto privato come la sponsorizzazione sportiva in favore di una associazione dilettantistica. Estratto Sentenza: “Come queste Sezioni Unite hanno già avuto modo di affermare in tema di danno erariale, è configurabile un rapporto di servizio tra la P.A. erogatrice di un contributo ed i soggetti privati. Ove sia funzionale alla realizzazione di un progetto, l'erogazione del contributo è infatti strettamente legata all'effettività della relativa realizzazione, costituente la finalità di interesse pubblico giustificatrice dell'investimento di denaro pubblico.Il beneficiario è pertanto vincolato alla realizzazione dell'obiettivo proposto, approvato e finanziato, a tale stregua assumendo, nell'ambito di un "rapporto di servizio" non "organico" bensì funzionale, il ruolo di compartecipe - anche solo di mero fatto (cfr. Cass., Sez. Un., 21/5/2014, n. 11229; Cass., Sez. Un., 20/6/2012, n. 10137; Cass., Sez. Un., 22/11/2010, n. 14825) - dell'attività del soggetto pubblico erogatore del contributo finalizzato alla realizzazione del pubblico interesse (cfr. Cass., Sez. Un., 25/1/2013, n. 1774). Attesa l'irrilevanza, da un canto, della qualità del soggetto che gestisce il denaro pubblico, il quale ben può essere un soggetto di diritto privato destinatario della contribuzione (v. Cass., Sez. Un., 16/7/2012, n. 12108); e, per altro verso, del titolo in base al quale la gestione del pubblico denaro è svolta, che può consistere in un rapporto di pubblico impiego o di servizio ma anche in una concessione amministrativa o in un contratto di diritto privato -ivi compreso quello di sponsorizzazione (v. Cass., Sez. Un., 23/9/2009, n. 20434; Cass., Sez, Un., 1/3/2006, n. 4511; Cass., Sez. Un., 19/2/2004, n. 3351)-, è la natura del danno conseguente alla mancata realizzazione degli scopi perseguiti con la contribuzione ad assumere invero decisiva rilevanza (cfr. Cass., Sez. Un.,4/11/2009, n. 23332)” seguici per l'assistenza in diritto dello sport e contrattualistica. A cura dell’Avv. Aldo Lucarelli.

  • Separazione e Divorzio Consensuale: il trasferimento immobiliare diventa definitivo!

    Le sentenza della Cassazione Civile a Sezioni Unite n.21761/2021 del 29 luglio 2021 ha stabilito un importante principio per la risoluzione di una questione di massima importanza in tema di trasferimenti immobiliari in fase di separazione e divorzio. Le Sezioni unite infatti hanno affermato i seguenti principi di diritto secondo cui: “le clausole dell’accordo di divorzio a domanda congiunta, o di separazione consensuale, che riconoscano ad uno o ad entrambi i coniugi la proprietà esclusiva di beni mobili o immobili, o di altri diritti reali, ovvero ne operino il trasferimento a favore di uno di essi, o dei figli, al fine di assicurarne il mantenimento, sono valide in quanto il predetto accordo, inserito nel verbale di udienza redatto da un ausiliario del giudice e destinato a far fede di ciò che in esso è stato attestato, assume forma di atto pubblico ex art. 2699 c.c. e, ove implichi il trasferimento di diritti reali immobiliari, costituisce, dopo la sentenza di divorzio (che, rispetto alle pattuizioni relative alla prole e ai rapporti economici, ha valore di pronuncia dichiarativa) ovvero dopo l’omologazione, valido titolo per la trascrizione ex art. 2657 c.c., presupponendo la validità dei trasferimenti l’attestazione del cancelliere che le parti abbiamo prodotto gli atti e rese le dichiarazioni di cui all’art. 29, comma 1-bis, della l. n. 52 del 1985, mentre.. non produce la nullità del trasferimento il mancato compimento, da parte dell’ausiliario, dell’ulteriore verifica soggettiva circa l’intestatario catastale dei beni e la sua conformità con le risultanze dei registri immobiliari.” L’accordo consensuale quindi è sempre più il perno di ogni disposizione anche di carattere immobiliare. Per ogni esigenza in tema di diritto di famiglia, contattaci saremo lieti di ascoltare le Tue esigenze. Legale Oggi

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