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  • La risoluzione dell'appalto e la segnalazione ANAC

    Cosa accade in caso di risoluzione dell'appalto da parte della stazione appaltante? E' sempre legittima la segnalazione nel Casellario informatico dei contratti pubblici prevista dal codice degli appalti? E' possibile opporsi alla segnalazione nel Casellario informatico per problematiche tra Stazione appaltante e appaltatore? Quale controllo potrà effettuare il TAR sulla segnalazione illegittima? Segui la Pagina on Line con articoli gratuiti a tema Con il presente articolo cerchiamo di rispondere a tutte queste domande senza presunzione di completezza, se hai un quesito contattaci o leggi il blog in APPALTI e CONCESSIONI gratuito. Avvenuta la risoluzione del contratto di appalto (ex art. 108 co. 3 D.lgs 50/16) per presunte grave inadempienze, quali sono le conseguenze in capo all'appaltatore? La domanda deriva dalla annotazione, nel casellario informatico dei contratti pubblici (ex art. 213, co.10, del d.lgs. n. 50/2016) , della risoluzione del contratto di appalto. La segnalazione è altamente pregiudizievole, cosa puo' fare l'impresa se vuole contestare la segnalazione? A tal proposito va ricordato che, a norma dell’art. 213, co.10, del d.lgs. n. 50/2016, il casellario dei contratti pubblici contiene “… tutte le notizie, le informazioni e i dati relativi agli operatori economici con riferimento alle iscrizioni previste dall’art. 80. L’Autorità stabilisce le ulteriori informazioni che devono essere presenti nel casellario ritenute utili ai fini della tenuta dello stesso, della verifica dei gravi illeciti professionali di cui all’articolo 80, comma 5, lettera c)…” . Lo scopo è quello di dare pubblicità, all’interno del casellario, ai provvedimenti di risoluzione contrattuale, che discendono, ai sensi dell’art. 108 del codice, da una valutazione unilaterale della stazione appaltante, salva la facoltà per l’operatore economico di chiedere successivamente al giudice ordinario l’accertamento dell’insussistenza dei relativi presupposti. Quale è il ruolo dell'Anac? L’A.n.a.c., quale autorità addetta al controllo non deve ingerirsi nelle vicende fattuali e nelle ragioni giuridiche che hanno indotto la stazione appaltante a risolvere il contratto, dovendosi limitare ad una verifica inevitabilmente sommaria delle posizioni delle parti contrattuali, al solo fine di escludere l’inserimento di notizie manifestamente infondate. A fronte di una segnalazione avente ad oggetto la risoluzione di un contratto, infatti, l’A.n.a.c. non dispone né della competenza né degli strumenti per accertare errori di valutazione della stazione appaltante,  a meno che non siano rilevabili palesi violazioni procedimentali da parte del committente pubblico nella fase istruttoria della contestazione degli addebiti, come il mancato rispetto del contraddittorio, ovvero vizi di forma del provvedimento di risoluzione immediatamente identificabili, come gravi lacune motivazionali, che assurgono a indizi sintomatici di un utilizzo distorto del potere di risoluzione contrattuale. La giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di chiarire che “ la risoluzione del contratto e la revoca dell’aggiudicazione costituiscono ipotesi tipiche di annotazione rispetto alle quali può riconoscersi ad ANAC un’attenuazione dell’obbligo di motivazione in ordine all’utilità della notizia, salvo che la fattispecie concreta sia connotata da evidenti elementi di straordinarietà che consentono di escludere ogni utilità in concreto della notizia per la valutazione delle stazioni appaltanti in ordine all’affidabilità dell’operatore economico” (vds. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I- quater , 29 gennaio 2024, n. 1745, e la giurisprudenza ivi richiamata). Leggi post di appalti ed impresa nel blog gratuito o poni il tuo quesito. Tornando a parlare della risoluzione del contratto di appalto per gravi inadempienze ai sensi dell'art. 108 d.lgs 50/16 e la conseguente segnalazione di ANAC , è possibile contestarLa in caso di problematiche contrattuali? Quindi se vi fossero carenze del progetto esecutivo che abbiano causato la risoluzione, è ancora da considerare legittima la segnalazione nel casellario da parte di ANAC? Il quadro indiziario che emerge dagli atti – l’unico di cui l’A.n.a.c. possa servirsi per giungere ad un giudizio di “ manifesta infondatezza ” della segnalazione e, quindi, anche l’unico che possa utilizzare il giudice amministrativo ai fini della verifica della legittimità del provvedimento di annotazione – depone, tuttavia, a favore di una probabile tardività dei rilievi formulati dall’appaltatore nei confronti del progetto esecutivo. Costituisce, infatti, principio immanente alla disciplina dei rapporti tra appaltatore e committente pubblico quello che pone a carico del primo sia un particolare “ dovere cognitivo” delle condizioni richieste ai fini della corretta esecuzione dell’appalto sia l’onere di contestare tempestivamente gli atti di esercizio del potere direttivo intestato al secondo, quali aspetti del più generale obbligo rafforzato di cooperazione che grava sul contraente privato, funzionale al contenimento dei tempi per la realizzazione dell’opera, oggi positivizzato nel principio del risultato di cui all’art. 1 del d.lgs. n. 36/2023. Ne sono chiara espressione tutti quegli istituti deputati a prevenire, laddove possibile, ovvero a risolvere celermente, negli altri casi, i contrasti che insorgono tra le parti allorché la realtà in cui si trova concretamente ad operare l’impresa non coincida con la rappresentazione che della stessa sia contenuta nei documenti predisposti dalla stazione appaltante, come dimostrano le norme sull’inammissibilità delle riserve su progetti validati, di cui all’art. 205, co. 2, del d.lgs. 50/2016 (oggi art. 210, co.2, del d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36), e quelle sulla consegna dei lavori e sulle riserve, di cui agli artt. 5 e 9 del decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 7 marzo 2018, n. 49 (oggi artt. 3 e 7 dell’allegato II.14 al d.lgs. n. 36/2023), che sottopongono le eccezioni dell’appaltatore ad un rigido sistema di decadenze. Con particolare riferimento all’ipotesi in cui l’operatore economico lamenti errori o carenze del progetto, è stato, poi, osservato che “ Nell'appalto, sia pubblico che privato, rientra tra gli obblighi dell'appaltatore , senza necessità di una specifica pattuizione, il controllo della validità tecnica del progetto fornito dal committente, anche in relazione alle caratteristiche del suolo su cui l'opera deve sorgere, posto che dalla corretta progettazione, oltre che dall'esecuzione dell'opera, dipende il risultato promesso, sicché la scoperta in corso d'opera di peculiarità geologiche del terreno tali da impedire l'esecuzione dei lavori, non può essere invocata dall'appaltatore per esimersi dall'obbligo di accertare le caratteristiche idrogeologiche del terreno sul quale l'opera deve essere realizzata e per pretendere una dilazione o un indennizzo, essendo egli tenuto a sopportare i maggiori oneri derivanti dalla ulteriore durata dei lavori, restando la sua responsabilità esclusa solo se le condizioni geologiche non siano accertabili con l'ausilio di strumenti, conoscenze e procedure normali”  (Cass. civ., Sez. I, Ord. 26 febbraio 2020, n. 5144). La risoluzione dell'appalto e la segnalazione ANAC Ove quindi la ditta appaltatrice non fornisca prove “ pronte e liquide” (così T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I- quater , 11 marzo 2024, n. 4788) delle anomalie progettuali denunciate e, soprattutto, della diligenza spesa per intercettare preventivamente le difficoltà esecutive sarà quasi impossibile contestare l'annotazione. Elemento essenziale sarà un atto ricognitivo, così come una ATP di Tribunale volta a verificare lo stato dei luoghi e dell'appalto, o ancor piu' delicato il caso di una cessione di ramo di azienda, nella quale quindi sarà necessario procedere ad una ricognizione dei luoghi e del cronoprogramma dell'impresa cendente rispetto ai propri obblighi verso la stazione appaltate. In mancanza di tali tali strumenti quindi una impugnazione dell'annotazione non avrà i propri sperati esiti ed infatti non può essere mossa all’A.n.a.c. un’accusa di incompletezza o di parzialità a favore della stazione appaltante, in quanto il testo inserito nel casellario concede ampio spazio alle osservazioni della società appaltatrice, facendo riferimento ai fatti medio tempore intervenuti. La notizia, quindi, coerentemente con la funzione neutrale rivestita dall’A.n.a.c. nell’esercizio del potere di annotazione e con le finalità di pubblicità notizia delle iscrizioni di cui all’art. 213, co.10, del d.lgs. n. 50/2016, dà correttamente visibilità alla diversa posizione dei contraenti rispetto alla vicenda e alla mancata acquiescenza dell’impresa alla risoluzione del contratto, fornendo tutti gli elementi “utili” alle valutazioni delle stazioni appaltanti in occasione della consultazione del casellario. Il provvedimento che viene emesso dall' ANAC pertanto, in linea con l’orientamento più volte espresso dalla giurisprudenza amministrativa (Tar Roma 5834/2024) secondo il quale l’A.n.a.c. “ nei casi in cui in sede istruttoria siano emerse diverse ricostruzioni del medesimo fatto ad opera delle parti interessate, [è] tenuta, quanto meno, a dare conto di tali emergenze in sede di redazione dell'annotazione» (cfr. ex multis Tar Lazio, I, 8 marzo 2019, n. 3098), specificando però che il dovere di ANAC è solo quello di dare «sinteticamente conto … della diversa ricostruzione dei fatti» (Tar Lazio, I-quater, 24 ottobre 2022, n. 13626), ovvero quello di dare conto in sede di annotazione del contenzioso in essere in ordine ai fatti posti alla base della stessa (cfr. Tar Lazio, I-quater, 6 marzo 2023, n. 3742 ) La risoluzione dell'appalto e la segnalazione ANAC: in mancanza di lacune procedimentali non potrà essere impugnato nel merito ove l'ANAC abbia rispetto i fatti ed il contraddittorio. Leggi il blog in Appalti ed Impresa Studio Legale Angelini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli

  • Impresa Agricola ed utili non distribuiti

    Ci viene chiesto se è obbligatorio distribuire gli utili nelle società di persone ed in particolare quale sia il valore del rendiconto nelle SaS ed il calcolo degli utili. Segui la Pagina on Line con articoli gratuiti a tema Sulla applicabilità alla impresa agricola nella forma della SAS delle regole di bilancio proprie delle società di capitali e soprattutto per quel che concerne il diritto del singolo socio , questa volta quindi socio accomandante,  a percepire utili: “ nelle società di persone il diritto del singolo socio a percepire utili è subordinato alla approvazione del rendiconto, situazione contabile che equivale quanto ai criteri di valutazione a quella del bilancio”. (Cass. Civ. 60628/21 e 6865/22). Rendiconto delle società di persone e bilancio delle società di capitali vanno quindi di pari passo indipendentemente dall'attività svolta dalla società. Impresa Agricola ed utili non distribuiti Infatti in tema di Società in Accomandita Semplice, l'art. 2320 3co prevede il diritto degli accomandati di avere comunicazione annuale del bilancio e del conto dei profitti e delle perdite. Ecco quindi che vengono in rilievo alcune criticità tipiche della SaS ovvero quale sia il valore del bilancio semplificato e del rendiconto e se questi possono essere parificati in termini di utili al bilancio di una SRL. La risposta è affermativa ed infatti “ Il rendiconto quindi deve fornire una adeguata informazione dell'attività imprenditoriale tale da consentire la corretta determinazione degli utili ” Così come la previsione della possibilità di redigere un bilancio in forma semplificata (art. 18 dpr 600/1973) non esime la società di persone (SaS) dalla redazione di un rendiconto nelle forme di un bilancio per la determinazione degli utili e quindi del risultato economico dell'impresa. (Trib. Ferrara n. 448/2024). Impresa Agricola ed utili non distribuiti: A ciò devono aggiungersi le previsioni statutarie e gli eventuali patti parasociali ed infatti nel sistema vigente, le società di persone rappresentano dei veri e propri soggetti di diritto e come tali vadano considerate: quali centri, quindi, di imputazione di comportamenti e di situazioni giuridiche proprie e autonome, perché distinte da quelle dei soci (Cass. 27 aprile 2020, n. 8222; Cass. 17 gennaio 2002, n. 442). Distribuzione degli utili è sufficiente l'accordo dei soci? Non sempre o per lo meno non da solo! Ed infatti non puo’ essere condivisa quindi l’opinione per cui le società di persone potrebbero liberamente distribuire utili, nel corso della loro vita,  somme e altre utilità sociale ai soci, sol che questi vi consentano unanimi ed infatti secondo l'art. 2303 c.c.,nella società in nome collettivo, “non può farsi luogo a ripartizione di somme tra soci, se non per utili realmente conseguiti”. Un utile distribuito ove inesistente costituirebbe di fatto un prestito della società al socio. Una “ripartizione” di somme può dunque avvenire, solo allorché si tratti di “utili” e sempre nel rispetto della condizione che si abbia sicura contezza dell’effettivo conseguimento degli stessi Così' come nel caso in cui in una SAS l’amministratore accomandatario non presenta il rendiconto annuale, il socio subisce – non percependo gli utili che nel caso gli spettino – un danno diretto e immediato, che e’ risarcibile con azione giudiziaria (Cass., n. 1261/2016). La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha, in effetti, piu’ volte affermato che, “ nelle societa’ di persone, il diritto del singolo socio a percepire gli utili e’ subordinato, ai sensi dell’articolo 2262 c.c., all’approvazione del rendiconto, situazione contabile che equivale, quanto ai criteri di valutazione, a quella di un bilancio” (Cass., n. 789/202). ù Come pure la Corte ha coerentemente ritenuto, tra le altre cose, che il calcolo degli utili ripartibili tra i soci ai sensi dell’articolo 2303 c.c. “ non può essere operato che sul patrimonio effettivo della società e dunque ripianando anzitutto integralmente la perdita subita nell’esercizio precedente e riportata a nuovo nell’esercizio successivo” (cfr. Cass., 3 gennaio 2017, n. 23). Ed in caso di mancata distribuzione cosa può fare il socio della società agricola? Sarà possibile chiedere tramite causa ordinaria una Consulenza Tecnica d'ufficio e verificare se la mancata previsione degli utili nel rendiconto da distribuire sia conforme ai principi di redazione del bilancio delle srl (art. 2423 cc). Hai un quesito? Leggi il blog o contattaci Studio Legale Angelini Lucarelli avv. Aldo Lucarelli

  • Restituzione degli oneri concessori del PdC

    Quando é possibile chiedere indietro gli oneri concessori pagati e non utilizzati del permesso di costruzione? Quando decorre la prescrizione alla restituzione degli oneri concessori pagati? Sul punto la giurisprudenza del Consiglio di Stato é chiara Segui la Pagina on Line con articoli gratuiti a tema è ormai pacifico che il privato abbia diritto alla restituzione di quanto pagato a titolo di oneri di urbanizzazione e di costo di costruzione, in caso di mancato utilizzo del titolo edilizio, atteso che gli oneri concessori sono strettamente connessi al concreto esercizio della facoltà di costruire, per cui non sono dovuti in caso di rinuncia, di mancato utilizzo o di sopravvenuta decadenza dal titolo edilizio. In tali circostanze, il Comune è obbligato, ai sensi dell’art. 2033 c.c. o dell’art. 2041 c.c., alla restituzione delle somme incassate, perché il relativo pagamento risulta privo della causa originaria dell’obbligazione di dare, e, corrispondentemente, il privato ha diritto a pretenderne la restituzione (cfr., Cons. Stato, Sez. IV, 15 ottobre 2019, n. 7020; Cons. Stato, Ad. Plen., 30 agosto 2018, n. 12). La decorrenza del termine di prescrizione decennale relativo alla restituzione di somme pagate a titolo di oneri di urbanizzazione e costo di costruzione va poi calcolata partendo dal momento in cui il diritto al rimborso può essere effettivamente esercitato dal privato in applicazione di un principio generale di cui all’art. 2935 c.c. Di conseguenza, il diritto di credito del titolare di una concessione edilizia non utilizzata di ottenere la restituzione di quanto corrisposto per oneri di urbanizzazione, decorre non dalla data del rilascio dell'atto di assenso edificatorio, bensì dalla data in cui il titolare comunica all'Amministrazione la propria intenzione di rinunciare al titolo abilitativo o dalla data di adozione da parte dell'amministrazione medesima del provvedimento che dichiara la decadenza del permesso di costruire per scadenza dei termini iniziali o finali (cfr. ex multis , Cons. Stato, sez. V, 19 giugno 2003 n. 954). Ad esempio Nel caso il termine finale di ultimazione delle opere oggetto della concessione edilizia è spirato, senza che si desse luogo alla edificazione prorogata e, dunque, solo da tale data è iniziato a decorrere il termine decennale di prescrizione del diritto alla ripetizione degli oneri concessori, salvo interruzioni Leggi il blog Studio Legale Angelini Lucarelli Avv Aldo Lucarelli

  • Concorso Ordinario farmacisti e vincolo dei 10 anni

    È incontestato il principio della incompatibilit à tra aspirazione alla assegnazione di una delle sedi oggetto di concorso e cessione della sede già in titolarità – scolpito dalla previsione del bando di concorso (punto 2, comma 6) secondo cui costituiva requisito di partecipazione quello di “ non aver ceduto la propria farmacia negli ultimi 10 anni” alla data di scadenza del termine di presentazio ne della domanda, in relazione al quale la nota 4 prevedeva che “tale condizione permane fino al momento dell’assegnazione della sede”. Leggi pure: L’associazione di farmacisti Dispone il punto 11 del bando che, durante il periodo di validità della graduatoria, le sedi non accettate nel termine di quindici giorni, quelle non aperte entro sei mesi dalla data di accettazione “ nonché quelle resesi vacanti a seguito delle scelte effettuate dai vincitori ” siano assegnate scorrendo la graduatoria medesima (in ciò ricalcando il disposto dell’art. 11, comma 6, d.l. n. 1 del 24 gennaio 2012). Segui la Pagina sui social con articoli in diritto farmaceutico Nella nota 13 del predetto art. 11 è poi precisato che, per sedi resesi vacanti a seguito delle scelte effettuate dai vincitori, “si intendono quelle che si rendono vacanti a seguito di accettazione/apertura di una delle sedi previste dal bando di concorso straordinario , vinta da un farmacista già titolare di una farmacia rurale sussidiata o soprannumeraria”. Concorso Ordinario farmacisti e vincolo dei 10 anni La clausola di cui al punto 11 del bando, letta unitamente alla relativa nota esplicatrice, rende evidente che le sedi già nella titolarità dei partecipanti al concorso straordinario , una volta che questi abbiano acquisito la titolarità di una delle sedi oggetto del medesimo concorso straordinario ( per effetto della assegnazione/accettazione della stessa ), sono sottratte alla loro disponibilità (in virtù del principio generale che preclude la titolarità contestuale di un duplice esercizio farmaceutico) , essendo destinate ad ampliare il bacino delle sedi suscettibili di assegnazione sulla scorta dello scorrimento della graduatoria concorsuale. Il riferimento contenuto nella nota 4 al punto 2.6 del bando di concorso, quindi, alla “assegnazione” della sede oggetto di concorso straordinario, quale (apparente)   dies ad quem  del regime di incedibilità dell’esercizio farmaceutico (a pena di esclusione dal concorso straordinario), lungi dall’essere interpretabile quale ponte di transizione al diverso regime di piena disponibilità, costituisce il punto di saldatura con la regola di indisponibilità collegata alla (essa, sì, diversa, rispetto a quella ispiratrice del precedente regime di incedibilità , a pena di esclusione dal concorso)  ratio  della destinazione delle sedi “resesi vacanti a seguito delle scelte effettuate dai vincitori” ai concorrenti beneficiari dello scorrimento della graduatoria di concorso. Leggi pure: "Le scure del TAR sulla trasformazione della Farmacia" La nota 13, laddove fa riferimento alle sedi che “si rendono vacanti a seguito di accettazione/apertura di una delle sedi previste dal bando di concorso straordinario…”, correla causalmente la vacanza della sede, quale presupposto per la sua assegnazione in virtù dello scorrimento della graduatoria, alla “accettazione/apertura” della sede oggetto di concorso straordinario. Tale interpretazione è conforme al disposto di cui all’art. 112, comma 3, R.D. n. 1265 del 27 luglio 1934. Deve infatti osservarsi che, nelle more dell’autorizzazione/apertura della farmacia assegnata all’esito del concorso straordinario, si realizza un effetto di indisponibilità del precedente esercizio farmaceutico, destinato a mettere capo alla decadenza della corrispondente autorizzazione per effetto della acquisizione della nuova: sì che gli eventi che dovessero verificarsi nelle more tra l’assegnazione/accettazione ed autorizzazione/apertura della nuova sede, tali da determinare l’impossibilità di apertura di quest’ultima, rileverebbero come fattispecie risolutiva della assegnazione della sede oggetto di concorso straordinario (coerentemente con il disposto di cui all’art. 11 lett. d) del bando, a mente del quale le sedi non aperte entro sei mesi dalla accettazione sono assegnate secondo la graduatoria ai concorrenti successivi) e, nel contempo, riespansiva del pieno potere dispositivo del titolare della precedente autorizzazione. Del resto, lo stesso art. 112, comma 3, R.D. n. 1265/1934, sebbene faccia discendere l’effetto decadenziale della pregressa autorizzazione dal conseguimento della seconda (“ottenuta la seconda”), fa risalire la fattispecie impeditiva della decadenza alla precedente fase dell’assegnazione. Segui la Pagina on Line con articoli gratuiti a tema Sul piano strettamente logico « non avrebbe senso consentire la partecipazione al concorso straordinario solo al farmacista rurale che non abbia disposto della farmacia nei dieci anni antecedenti al medesimo concorso, per poi legittimare la cessione dopo la sua conclusione (Cons. Stato, sez. III, 3 giugno 2019, n. 3681) Leggi pure Farma Diritto il sito accanto ai Farmacisti Questa ricostruzione avallata dal Consiglio di Stato nel 2024 (3683) é il frutto di un progressivo affinamento della giurisprudenza dal 2012 anno di avvio del maxi concorso straordinario ed ora sarà il punto di partenza dei nuovi concorsi ordinari nei quali andrà chiarita la questione della ammissibilità di coloro che hanno ceduto la precedere sede ( in chiave personale o da società di persone) rispetto a coloro che invece derivano dalla mera cessione di quote di Farmacia sotto forma di Srl ai quali é difficile attribuire (salvo smentite) una simile sanzione stante la non coincidenza tra Farmacia azienda autorizzata e singola partecipazione minoritaria. Hai un quesito leggi il blog o contattaci Studio Legale Angelini Lucarelli Diritto Farmaceutico Avv Aldo Lucarelli

  • Subappalto casi pratici

    affrontiamo su richiesta di un nostro lettore un tema spinoso per la contrattualistica commerciale e gli appalti, ovvero il subappalto e le differenze con altre tipologie di contratti come la manodopera, la fornitura, ed il lavoro intellettuale. differenza tra subappalto e contratto autonomo Nell’interpretazione dell’art. 105, comma 3, lett. a), del Codice dei contratti pubblici (secondo cui «non si configurano come attività affidate in subappalto […] l’affidamento di attività specifiche a lavoratori autonomi, per le quali occorre effettuare comunicazione alla stazione appaltante») Segui la Pagina on Line con articoli gratuiti a tema occorre muovere dalla premessa che le prestazioni oggetto di siffatti contratti sono rivolte a favore dell’operatore economico affidatario del contratto di appalto con il soggetto pubblico e non invece direttamente a favore di quest’ultimo, come avviene nel caso del subappalto. L’impostazione del problema in termini di deroga rispetto alla disciplina del subappalto della norma sull’impiego di lavoratori autonomi del medesimo art. 105, comma 3), non tiene conto della differenza specifica che intercorre tra i due tipi di contratti, che emerge anche dalle norme sopra richiamate. L’art. 105, comma 3, cit. non è una norma derogatoria prescrive infatti «Le seguenti categorie di forniture o servizi, per le loro specificità, non si configurano come attività affidate in subappalto […]»). La norma in questione pertanto delimita i confini rispetto alla nozione di subappalto applicabile nella disciplina sui contratti pubblici, ma non è una norma derogatoria del regime sul subappalto (né di natura eccezionale). La distinzione tra le due figure contrattuali (subappalto e lavoro autonomo) si fonda non solo, sulla specificità delle prestazioni, ma anche sulla diversità degli effetti giuridici dei due tipi di contratto . Le prestazioni alla base dei due contratti sono infatti dirette a destinatari diversi: nel caso del subappalto, il subappaltatore esegue direttamente parte delle prestazioni del contratto stipulato con l’amministrazione , sostituendosi all’affidatario; nell’altro caso, le prestazioni sono rese in favore dell’aggiudicatario che le riceve, inserendole nell’organizzazione di impresa necessaria per adempiere alle obbligazioni contrattuali e le riutilizza inglobandole nella prestazione resa all’amministrazione appaltante. Nel subappalto vi è un’alterità anche sul piano organizzativo, tra appaltatore e subappaltatore, poiché la parte di prestazione contrattuale è affidata dall’appaltatore a un terzo che la realizza direttamente attraverso la propria organizzazione; mentre nel contratto di cooperazione la prestazione resa è inserita all’interno dell’organizzazione imprenditoriale dell’appaltatore. I due contratti sono quindi diversi quantomeno sul piano funzionale. Ne deriva che la disciplina in tema di subappalto non è immediatamente estendibile, se non si dimostri che il contratto di lavoro autonomo costituisca solo uno schermo per il contratto di subappalto. CdS 4150/2021 Subappalto e fornitura di materiale In merito, che i contratti di subappalto e di fornitura, pur se in qualche caso vicini tra loro, si differenziano comunque nei loro elementi essenziali.   La fornitura, disciplinata nell’ambito dello schema legale del contratto di somministrazione di cui all’art. 1159 e ss. del codice civile per le prestazioni di beni, consiste in una forma contrattuale ove una parte si obbliga a eseguire nei confronti di un’altra parte delle prestazioni periodiche o continuative di beni, verso il pagamento di un corrispettivo. Diversamente, il contratto di subappalto di cui all’art. 105 del Codice dei contratti pubblici descrive quella forma contrattuale in cui un terzo affida l’esecuzione di una parte dell’opera, nella sede di cantiere, a proprio rischio e mediante una propria organizzazione di mezzi e personale   Orbene, la distinzione tra le due forme contrattuali ricade sull’assunzione del rischio finale d’impresa: con il subappalto, il subappaltatore si sostituisce all’affidatario della commessa nei confronti dell’Amministrazione, mentre con la vendita o fornitura la prestazione di base, seppur effettuata da altri, è acquisita nella stessa organizzazione aziendale del cliente acquirente o somministrato, il quale si accolla al riguardo il rischio d’impresa discendente da un eventuale difetto o difformità della prestazione. Come ben precisato dal Consiglio di Stato sul punto, “la distinzione tra le figure contrattuali si fonda non solo sulla specificità delle prestazioni, ma anche sulla diversità degli effetti giuridici dei tipi di contratto. Le prestazioni sono infatti dirette a destinatari diversi: nel caso del subappalto, il contratto è stipulato con l’amministrazione, sostituendosi all’affidatario; nell’altro caso, le prestazioni sono rese in favore dell’aggiudicatario che le riceve, inserendole nell’organizzazione di impresa necessaria per adempiere alle obbligazioni contrattuali e le riutilizza inglobandole nella prestazione resa all’amministrazione appaltante. Nel subappalto vi è un’alterità anche sul piano organizzativo, tra appaltatore e subappaltatore, poiché la parte di prestazione contrattuale è affidata dall’appaltatore a un terzo che la realizza direttamente attraverso la propria organizzazione; diverso è il caso in cui la prestazione resa è inserita all’interno dell’organizzazione imprenditoriale dell’appaltatore. Ne deriva che la disciplina in tema di subappalto non è estendibile, se non si dimostri che il contratto costituisca solo uno schermo per il contratto di subappalto” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 31 maggio 2021, n. 4150 e TAR Campobasso 45/2024 L’Amministrazione dovrebbe pertanto dimostrare, la sussistenza nel caso di specie di un contratto di subappalto. Subappalto e contratti di cooperazione e fornitura Ed invero prevede: “Le seguenti categorie di forniture o servizi, per le loro specificità, non si configurano come attività affidate in subappalto: … c bis) le prestazioni rese in favore dei soggetti affidatari in forza di contratti cooperativi di cooperazione servizio e/o fornitura sottoscritti in epoca anteriore alla indizione della procedura finalizzata all’aggiudicazione dell’appalto. I relativi contratti sono depositati alla stazione appaltante, prima o contestualmente alla sottoscrizione del contratto di appalto”. Ritiene la giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato Sez. V, 19/05/2020, n. 3169; Cons. Stato, V, 24 gennaio 2020, n. 607) che con i “contratti di cooperazione servizio e/o fornitura” la legge faccia riferimento ai contratti che il concorrente stipula con terzi allo scopo di procurarsi quanto necessario alla propria attività d’impresa ovvero, quei beni e servizi indispensabili all’esecuzione della prestazione in affidamento. I terzi contraenti, quindi, non eseguono una parte della prestazione oggetto dell’appalto ma procurano all’operatore economico aggiudicatario i mezzi per la sua esecuzione. A detti contratti, dunque, l’amministrazione aggiudicatrice resta completamente estranea Porta a questa conclusione in primo luogo la formulazione letterale della disposizione che specifica che le prestazioni dei terzi contraenti sono rese “in favore dei soggetti affidatari”, così individuando chiaramente i destinatari delle prestazioni nelle imprese concorrenti e non nelle stazioni appaltanti (cfr. Cons. Stato, V, 27 dicembre 2018, n. 7256; contra Cons. Stato, III, 18 luglio 2019, n. 5068 secondo cui con la formula riportata si allude alla “direzione giuridica della prestazione, ovvero al fatto che l’unica relazione giuridicamente rilevante… è quella esistente tra stazione appaltante e soggetto affidatario” . L’art. 105 del Codice dei contratti pubblici precedente ed oggi l'art. 119 del nuovo codice degli appalti, contiene la disciplina del subappalto; il comma 3 lettera D precisa che non rientrano nel subappalto le prestazioni secondarie, accessorie o sussidiarie rese in favore dei soggetti affidatari in forza di contratti continuativi di cooperazione, servizio o fornitura sottoscritti in epoca anteriore alla indizione della procedura finalizzata alla aggiudicazione dell'appalto. I relativi contratti sono trasmessi alla stazione appaltante prima o contestualmente alla sottoscrizione del contratto di appalto. Se il subappalto è il contratto con cui l’appaltatore affida a terzi l’esecuzione di una parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto (comma 2), i contratti di cooperazione continuativa, di converso, non hanno ad oggetto la prestazione affidata , ma quei beni e servizi dei quali l’impresa aggiudicataria necessita per poter, essa sola, eseguire la prestazione oggetto del contratto d’appalto. In definitiva detti contratti si caratterizzano per la “direzione soggettiva”, in quanto resi all’impresa aggiudicataria, e per l’“oggetto del contratto” che è altro rispetto alla prestazione in affidamento con il contratto d’appalto. A prescindere dagli aspetti peculiari di ogni vicenda, infatti i criteri di qualificazione sopra ricordati – direzione soggettiva della prestazione ed oggetto del contratto – consentono di risolvere in maniera sufficientemente attendibile anche i casi dubbi, assumendo carattere dirimente stabilire se l’impresa aggiudicataria, stipulando un contratto di cooperazione continuativa, si sia limitata a procurarsi il bene strumentale alla prestazione da rendere all’amministrazione, ovvero abbia affidato al terzo cooperante l’esecuzione di una parte (o frazione) della prestazione assunta nei confronti dell’amministrazione che non era in grado di eseguire.[…] Pertanto, come già ritenuto dalla Sezione (Cons. Stato Sez. V, 19/05/2020, n. 3169 cit) quando il terzo cooperante (o che svolga servizi o fornisca beni) esegue una parte della prestazione oggetto del contratto d’appalto che l’impresa aggiudicataria non sa o non può eseguire, si è fuori del subappalto, ed è corretta l’esclusione dalla procedura di gara. Pertanto il ricorso al subappalto andava necessariamente indicato in sede di partecipazione alla procedura evidenziale CdS 3856/2023 A ciò consegue che la mancata dichiarazione circa il conferimento in subappalto di una parte rilevante dei servizi oggetto dell’affidamento deve essere necessariamente sanzionata con l’esclusione dalla procedura evidenziale, avuto altresì riguardo alla necessità della stazione appaltante di procedere anche alla verifica in capo alla ditta subappaltatrice del possesso dei requisiti generali di partecipazione ex art. 80 del Codice. Va infatti ritenuto che “consentire ad un terzo cooperante di svolgere una parte della prestazione significherebbe porre l’amministrazione in rapporto con un soggetto del quale non è mai stato accertato il possesso dei requisiti generali e speciali di partecipazione previsti dall’art. 80 d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 e dalla disciplina di gara” (Cons. Stato Sez. V, 19 maggio 2020 n. 3169 cit). Leggi il blog sull'impresa o contattaci senza impegno Studio Legale Angelini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli

  • Società a controllo pubblico e revoca dell'amministratore a chi compete?

    La revoca dell'amministratore nella società di capitali a controllo pubblico a chi compete? Il quesito nasce dalla partecipazione pubblica nella società, puo' la partecipazione pubblica di un ente (Comune) derogare alle norme in tema di società di capitali, (SRL/SAPA/SPA) ai fini della revoca dell'amministratore? Segui la Pagina on Line con articoli gratuiti a tema Come vedremo, la risposta è negativa. Ed infatti con specifico riferimento alle società per azioni con partecipazione pubblica , è stata ribadita la giurisdizione del giudice ordinario , quanto alla controversia relativa alla revoca dell'amministratore nominato ai sensi dell'art. 2449 c.c., in quanto trattasi di atto posto in essere dall'ente pubblico "a valle" della scelta iniziale di avvalersi dello strumento societario, emanato avvalendosi degli strumenti che il diritto comune attribuisce al socio e dunque interamente regolato dal diritto privato, come si evince chiaramente dal testo del richiamato art. 2449 c.c., il quale individua nello statuto sociale, e dunque in un atto fondamentale di natura negoziale, la fonte esclusiva dell'attribuzione al socio pubblico della facoltà di nominare un numero di amministratori proporzionale alla sua partecipazione, con la correlata facoltà di revocarli (Cass. S.U. n. 29078 del 11/11/2019). I principi di diritto elaborati dalla giurisprudenza (Cass. S.U.n. 16335/2019), oltre che dello stesso Consiglio di Stato (cfr. Adunanza Plenaria 3 giugno 2011 n.10), confermano il fatto che la società per azioni con partecipazione pubblica non muta la sua natura di soggetto privato solo perché l'Ente pubblico ne possegga, in tutto o in parte, le azioni : il rapporto tra società ed ente pubblico azionista è, in altri termini, di assoluta autonomia. Società a controllo pubblico e revoca dell'amministratore a chi compete? Ciò significa che all'ente pubblico non è consentito incidere unilateralmente sugli atti di gestione e sull’attività della società per azioni mediante l'esercizio di poteri autoritativi , ma solo avvalendosi degli strumenti previsti dal diritto societario dei quali dispone nella sua qualità di socio. Società a controllo pubblico e revoca dell'amministratore a chi compete? Del resto, il richiamo alla disciplina del codice civile in materia di società di capitali per quanto non diversamente stabilito dalla legge - e salve deroghe espresse -, trova esplicita e chiara conferma normativa nell'art. 4, comma 13, quarto periodo, del D.L. n. 95/2012 convertito nella L. n. 135/2012, oltre che nell'analogo art. 1, comma 3, del D. Lgs. n. 175/2016. Trattasi di previsioni normative che fungono da "clausola ermeneutica generale" di chiusura (in senso privatistico) e che entrambe esprimono rilevanza significativa. Il profilo involgente la disciplina di diritto pubblico, segnato dall'agire dell'ente pubblico come autorità, si esaurisce nella scelta iniziale dell'ente di costituire una società, o di parteciparvi, nel mentre il profilo privatistico è relativo alla adozione, durante lo svolgimento dell’attività sociale, degli atti (c.d. "a valle" di quella scelta iniziale) che l'ente pone in essere avvalendosi degli strumenti che il diritto comune gli attribuisce nella sua qualità di socio. Leggi pure: "Fallimento della SRL e piccoli debiti" Va pertanto riaffermata la giurisdizione del giudice ordinario (Cass. S.U. n. 21299/2017), senza che possa influire sulla correttezza di tale conclusione la circostanza che nella specie la società dalla cui carica è stato revocato l'amministratore era una società a responsabilità limitata, anziché una società per azioni. Tale differenza (SRL/SPA) che, come ricordato da Cass. S.U. n. 4309/2010, non preclude di estendere alle società a responsabilità limitata i principi dettati per le società per azioni a partecipazione pubblica , ove tale partecipazione assuma connotazioni analoghe per le prime, consente di affermare come non sia esigibile un espresso richiamo alla previsione di cui all’art. 2449 c.c., specificamente per le società per azioni con partecipazione dello Stato o di enti pubblici. Hai un quesito? Leggi il blog o contattaci Studio Legale Angelini Lucarelli avv.. Aldo Lucarelli

  • Il trasferimento della farmacia rurale

    La farmacia rurale può trasferirsi in un'altra zona da servire? Quali sono i limiti di trasferimento di una farmacia istituita con il sistema topografico? L'istituzione topografica di una nuova sede di farmacia è soggetta a particolari prescrizioni anche a distanza di anni? L'istituzione di una farmacia con criterio speciale topografico, ovvero non per il rapporto tra popolazione e servizio ma a causa della conformazione territoriale che impone anche in assenza del parametro demografico di una farmacia ogni 3.300 abitanti una nuova farmacia per garantire l'approvvigionamento dei farmaci alla popolazione del territorio, non consente né una riperimetrazione tale da comportare ad uno spostamento, né un riassorbimento soggetto all'andamento demografico. Segui la Pagina sui social con articoli in diritto farmaceutico Ed infatti precisa la giurisprudenza che v“ E’ intuitivo che, se dopo l’istituzione della farmacia (con criterio topografico) si attuano provvedimenti che permettano il trasferimento di una delle due per effetto del quale uno dei due centri abitati rimane privo della farmacia mentre l’altro viene ad averne due, si contraddice platealmente la stessa ragione d’essere di due farmacie invece che una sola ” (Consiglio di Stato, Sez. III, sentenza n. 5840/2014 e n. 1142/2017). ”. Il trasferimento della farmacia rurale Ed ancora deve essere precisato che “ L’utilizzo del criterio “topografico” per l’istituzione della farmacia comporta, innanzi tutto il vincolo di una distanza fra i due esercizi non inferiore a 3000 metri (invece degli ordinari 200);… A parte il vincolo della distanza .. resta tuttavia il principio logico di non-contraddizione e di conformità dell’atto allo scopo, con riferimento ai presupposti di legge. Tali presupposti si compendiano nell’espressione «particolari esigenze dell'assistenza farmaceutica in rapporto alle condizioni topografiche e di viabilità»: in buona sostanza, l’esistenza, nel territorio del Comune, di due centri abitati relativamente lontani e mal collegati fra loro, tanto da rendere necessario che ciascuno dei due sia dotato di una farmacia propria, in deroga al criterio demografico che giustificherebbe un’unica farmacia al servizio di entrambi. E’ intuitivo che se dopo l’istituzione della seconda farmacia si attua un trasferimento per effetto del quale uno dei due centri abitati rimane privo dell’esercizio farmaceutico mentre l’altro viene ad averne due, si contraddice platealmente la stessa ragion d’essere di due farmacie invece di una sola ”. (Consiglio di Stato, Sez. III, sentenza n. 5840/2014). Segui la Pagina on Line con articoli gratuiti a tema Tale statuizione è stata altresì confermata da successive pronunce secondo cui “ Deve essere quindi ribadito che «la farmacia rurale può essere autorizzata a trasferirsi, ma solo ed esclusivamente all’interno della medesima zonizzazione nel quale la stessa è stata originariamente ubicata onde non vanificare le ragioni di interesse pubblico alla base della sua istituzione» (Consiglio di Stato, sezione terza, 10 settembre 2018, n. 5312). ” (Consiglio di Stato, Sez. III, sentenza n. 6360/2022). Il trasferimento della farmacia rurale In analogo senso si è pronunciata anche la giurisprudenza di primo grado secondo cui “ La farmacia legittimata in base al criterio topografico o della distanza, di cui all’art. 104 T.U.L.S., è difatti soggetta, in contropartita alla deroga che ha condotto al suo insediamento, a condizioni e vincoli ulteriori rispetto alle farmacie istituite secondo il generale criterio demografico (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 9 dicembre 2015, n. 5607). Pertanto, così come non può essere trasferita in altre zone del territorio comunale (Cons. Stato, Sez. III, 10 settembre 2018, n. 5312), allo stesso modo essa non può essere riassorbita, in sede di revisione delle piante organiche, nell’individuazione del numero delle farmacie stabilito in base alla popolazione, giacché tale numero è rilevante unicamente per le farmacie istituite secondo il criterio demografico (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 20 giugno 2018, n. 3807; Id., 22 maggio 2019, n. 3334) .” (TAR Calabria - Catanzaro, sentenza n. 1218/2021). Tali principi soventemente vengono sottovaluti nei Comuni ove l'istituzione della farmacia con criterio topografico molto spesso è assai risalente nel tempo e ciò comporta una “normalizzazione” della sede che tuttavia anche a distanza di anni non potrà ottenere quei benefici di trasferimento e/o dislocazione che appartengono per natura alle sole farmacie istituite con il criterio ordinario, come ribadito da ultimo anche dal Tar Emilia Romagna, sede di Parma n. 196/2023. Hai un quesito da sottoporci? Contattaci o Consulta il blog gratuito Studio Legale Angelini Lucarelli Diritto Farmaceutico Avv. Aldo Lucarelli

  • Criteri di aggiudicazione ed immodificabilità della graduatoria

    ll Il principio di invarianza negli appalti ed i criteri di aggiudicazione delle offerte Il principio di invarianza delle medie, quale codificato dall’art. 108 comma 12 del d.lgs. n. 36 del 2023, oggi è come già ereditato dal precedente codice. Segui la Pagina sui social con articoli in diritto farmaceutico Ed invero secondo tale disposto normativo “ Ogni variazione che intervenga, anche in conseguenza di una pronuncia giurisdizionale, successivamente al provvedimento di aggiudicazione, tenendo anche conto dell'eventuale inversione procedimentale, non è rilevante ai fini del calcolo di medie nella procedura, né per l'individuazione della soglia di anomalia delle offerte, eventualmente stabilita nei documenti di gara, e non produce conseguenze sui procedimenti relativi agli altri lotti della medesima gara ”. Criteri di aggiudicazione ed immodificabilità della graduatoria Scopri il sito su appalti ed impresa Il principio di invarianza negli appalti Tale principio era già espresso – dall’articolo 95, comma 15, del d.lgs. n. 50 del 2016 “.. ogni variazione che intervenga, anche in conseguenza di una pronuncia giurisdizionale, successivamente alla fase di ammissione, regolarizzazione o esclusione delle offerte non rileva ai fini del calcolo di medie nella procedura, né per l’individuazione della soglia di anomalia delle offerte.. ”. Il principio di invarianza negli appalti: Come chiarito dalla giurisprudenza nel vigore del previgente codice (Consiglio di Stato, 2021 n. 8460) il principio di invarianza opera nel senso della “ cristallizzazione delle offerte ” e della “ immodificabilità della graduatoria ” ed integra un’espressa eccezione all’ordinario meccanismo del regresso procedimentale per positiva irrilevanza delle sopravvenienze, obbedendo alla duplice e concorrente finalità: Segui la Pagina on Line con articoli gratuiti a tema a) di garantire, per un verso, continuità alla gara e stabilità ai suoi esiti, onde impedire che la stazione appaltante debba retrocedere il procedimento fino alla determinazione della soglia di anomalia delle offerte, cioè di quella soglia minima di utile al di sotto della quale l’offerta si presume senz’altro anomala, situazione che ingenererebbe una diseconomica dilatazione dei tempi di conclusione della gara correlata a un irragionevole dispendio di risorse umane ed economiche (cfr. Cons. Stato, V, 22 gennaio 2021, n. 683;); b) di impedire, o comunque vanificare, in prospettiva antielusiva, la promozione di controversie meramente speculative e strumentali da parte di concorrenti non utilmente collocatisi in graduatoria, mossi dall’unica finalità, una volta noti i ribassi offerti e quindi gli effetti delle rispettive partecipazioni in gara sulla soglia di anomalia, di incidere direttamente su quest’ultima, traendone vantaggio (cfr. Cons. Stato, Sez V, 2 novembre 2021, n. 7303;). Il principio di invarianza è pertanto finalizzato anche a tutelare l’affidamento medio tempore maturato dai partecipanti alla gara ed è volto altresì a salvaguardare l’interesse delle amministrazioni alla stabilità degli assett i definiti e consolidati dalla chiusura di alcune fasi di gara, con riguardo alla determinazione della soglia di anomalia e al calcolo delle medie per i punteggi attribuiti alle offerte. Ciò, nonostante l’eventuale successiva esclusione di taluno dei concorrenti e nonostante l’evidente rischio che, nelle more della partecipazione, la permanenza in gara del concorrente in seguito escluso abbia sortito taluni effetti in punto di determinazione delle medie o delle soglie di anomalia. Leggi il blog in appalti La ratio di tale principio, quale ricostruito dalla giurisprudenza, consiste pertanto, come già accennato in precedenza, nel neutralizzare il rilievo sul piano procedimentale di tutte le vicende che seguono la fase di verifica preliminare delle offerte, al fine di sterilizzare “ l’alterazione della trasparenza e della correttezza del confronto concorrenziale, potenzialmente correlata alla partecipazione di fatto di un concorrente solo successivamente estromesso della gara ” (Cons. Stato, sez. V, 2 settembre 2019, n. 6013). Peraltro vi è da evidenziare che l’irrilevanza delle modifiche successive è stata nel nuovo codice riferita alla aggiudicazione definitiva, in continuità peraltro con l’orientamento giurisprudenziale formatosi in materia, secondo il quale con il principio di invarianza della soglia di anomalia, la legge intende evitare la retrocessione della procedura di gara fino alla (ri)determinazione della soglia di anomalia delle offerte (ossia della soglia minima di utile al di sotto della quale l’offerta si presume senz’altro anomala), quando, già intervenuta l’aggiudicazione del contratto, sia disposta, anche in via giudiziaria, l’esclusione dell’aggiudicatario (o di altro concorrente) per carenza dei requisiti di partecipazione (cfr. Cons. Stato, sez. V, 22 gennaio 2019, n. 572). Si è chiarito, infatti, che la "fase di ammissione, regolarizzazione o esclusione delle offerte" a conclusione della quale, ai sensi dell'art. 95, comma 15, citato, non è più consentita la modifica della soglia di anomalia (cfr. Cons. Stato, sez. V, 23 novembre 2020, n. 7332 e CdS 5319/24) Contattaci per un tuo caso specifico Studio Legale Angelini Lucarelli Avv Aldo Lucarelli

  • Farmacia Società di Persone ed Amministratore non farmacista

    Puo' una Società di farmacisti nella forma di società di persone avere un amministratore che non sia né socio né farmacista? Segui la pagina per la farmacia sui social con articoli gratuiti quotidiani Il quesito apparentemente semplice ci è giunto all'attenzione in quanto nella questione prospettata la Farmacia è gestita da associati farmacisti nella forma della società di persone e non di una SRL e, sebbene sia gestista da quattro associati, nessuno di questi intende (piu') assumere (anche) la veste di amministratore della società, Segui la pagina per la farmacia sui social con articoli gratuiti quotidiani ed il motivo attiene semplicemente alla pesantezza delle mansioni da svolgere che nella figura del Farmacista dipendente e amministratore di società si vanno a sommare, a discapito delle ore libere per altre cose. Da qui quindi il quesito, sebbene sia noto che nelle SRL è possibile avere un amministratore esterno, tale organizzazione, ovvero società di persone su base paritaria ed amministratore unico non socio né farmacista è possibile? La risposta è positiva seppure con alcune precisazioni. Ed infatti come ben noto le società di persone sono enti non dotati di personalità giuridica e pertanto delle obbligazioni sociali rispondono i soci illimitatamente con il proprio patrimonio, eccetto nella configurazione della SaS (società in accomandita di persone) nelle quali è prevista una duplicità di soci, accomandati (limitatamente responsabili fino alla quota conferita) e accomandatatari, (illimitatamente resposabili) e di diritto anche amministratori. Cio' posto oggi è ammissibile avere anche nelle società di persone nella duplice forma di società semplici o di società in nome collettivo, un amministratore che non sia socio e cio' in ossequio a giurisprudenza che ha ammesso tale ricostruzione con deduzioni logiche molto convincenti sebbene non espressamente previste dal codice civile, ma nemmeno vietate. Segui la Pagina on Line con articoli gratuiti a tema L'assunto in base al quale è ammessa l'amministrazione in capo ad un non farmacista consiste nella riforma del diritto societario che ha espressamente ammesso nella compagine sociale anche non farmacisti, ecco quindi che ove non si tratti di compagine sociale, l'amministratore avrà un ruolo di dipendente della società seppure apicale, che non svolgerà alcuna delle funzioni riservate ai farmacisti, da qui l'assenza di incompatibilità derivanti dalla legge 362/1991. Leggi il Blog in Diritto Farmaceutico Quanto al lato societario invece l'ammissibilità è stata ricavata alla luce di una considerazione, ovvero ove la legge avesse voluto vietare tale figura, quella di amministratore di società di persone non socio, lo avrebbe fatto, come nel caso delle SaS ove per l'appunto l'amministrazione è riservata solo ai soci accomandatari. Articoli di Diritto Societario e Commerciale Impresa Ecco quindi che nelle farmacie gestite da società di persone, SS società semplice, o snc, società in nome collettivo, è ammissibile la figura di una amministratore esterno non socio, a patto che nel registro delle imprese di competenza non siano depositati patti sociali che escludano o limitino la responsabilità dei soci , e ciò con il preciso scopo di evitare che con espedienti tecnici si giunga - anche nelle società di persone - ad una forma di responsabilità limitata. Hai un quesito specifico da risolvere? Contattaci Possiamo quindi concludere che facendo tesoro delle ricostruzioni operate dalla Cassazione Civile n. 13761/09 e dal Tribunale di Roma sezione Imprese del 2021, n. 4971, e Consiglio Notarile Massima 100/2020, è ammissibile la nomina di un amministratore esterno nelle società di persone e per quanto attiene al nostro caso anche di un soggetto non farmacista. Studio Legale Angelini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli

  • Rimedi in caso di mancato pagamento negli appalti

    Cosa fare in caso di mancato pagamento da parte della Stazione appaltante? Per rispondere al quesito é opportuno evidenziare che la stazione appaltante sarà responsabile dei mancanti paganti nei confronti dell’appaltatore e dei suoi sub appaltatori ove siano stati comunicati ed autorizzati Segui la Pagina on Line con articoli gratuiti a tema Leggi pure: Subappalto casi pratici e rimedi Il primo ordine di problemi attiene quindi alla regolare esecuzione del contratto da parte della società appaltatrice ed in caso di uso di subappaltatori alla corretta comunicazione, valutazione ed autorizzazione degli stessi. Hai un quesito in tema di appalti ed impresa? Contattaci senza impegno Cosa fare in caso di mancato pagamento del subappaltatore? Il subappaltatore autorizzato avrà quindi diritto ad essere pagato e tale diritto si materializza sia verso il prototipo sub committente a sua volta appaltatore che verso la stazione appaltante anche mediante il meccanismo previsto dall’art 119 del nuovo codice degli appalti ovvero il pagamento diretto del subappaltatore da parte della stazione appaltante. Leggi pure Risoluzione dell’appalto e segnalazione Anac Cosa fare in caso di mancato pagamento del dipendente? Ove invece a non essere pagato sia il dipendente dell’appaltatore o del subappaltare questo avrei diritto ad agire sia in sede monitoria con il decreto ingiuntivo che in via ordinaria con ricorso di diritto del lavoro avverso la catena di comando dell’appalto ovvero stazione appaltante, appaltatore ed eventuale società subappaltatrice secondo le direttive previste dall’art 29 del d.lgs 276 del 2003 che regola la responsabilità solidale nell'ambito dell'appalto di opere o servizi a carico del committente per i crediti retributivi vantati dai lavoratori dipendenti verso il datore di lavoro-appaltatore e per le obbligazioni contributive di cui sono titolari gli enti previdenziali. Leggi pure Esclusione dall’appalto e illeciti penali Scopri il tuo caso in centinaia di casi e pareri svolti Hai un quesito in tema di impresa ed appalti? Leggi il blog o contattaci Studio Legale Angelini Lucarelli

  • Concorso Ordinario Farmacie ed SNC

    Facendo eco dalle numerosissime pronunce che in questi anni abbiamo commentato in tema di divieto di cessione infra decennale della farmacia come azienda, nonché delle innumerevoli questioni inerenti la quota sociale sia essa di matrice personale (SNC – SAS) che di matrice di capitali (SRL a seguito di trasformazione), Segui la Pagina on Line con articoli gratuiti a tema oggi proponiamo una rassegna di giurisprudenza alla luce delle disposizioni dei vari concorsi ordinari che si affacciano all'orizzonte dopo che la Regione Emilia Romagna ha inaugurato la nuova era post concorso ordinario con la delibera di giunta regionale n. 1301 del 24.06.2024, rilevando come sussistono se non addirittura rafforzate tutte le previsioni che abbiamo già visto in tema di concorso straordinario farmacie. Segui la pagina su Facebook con articoli gratuiti quotidiani Ecco quindi che come ben noto ai sensi dell’art. 12 comma 4 della L. 475/1968: “il farmacista che abbia ceduto la propria farmacia non può concorrere all'assegnazione di un'altra farmacia se non sono trascorsi almeno dieci anni dall'atto del trasferimento; Leggi pure: Nuove precisazioni sul limite dei dieci anni per Farmacie ricevute in successione ereditaria Tale norma fa da eco all'art. 7 legge 362/1991, così come modificato dall’art. 1 comma 157 della Legge 124/2017, ai sensi del quale le società di capitali possono essere titolari di farmacie private, avendo come oggetto esclusivo la gestione delle farmacie stesse; Alla luce di tale base normativa assume rilievo l'interpretazione del Bando Regionale, che in estrema sintesi prevede e prevede che: Divieto infra decennale: uno dei requisiti il cui possesso è necessario per poter partecipare al concorso è quello di non aver ceduto la propria farmacia negli ultimi 10 anni. Tale condizione deve sussistere al momento della presentazione della domanda di partecipazione al concorso e permanere fino al momento del rilascio dell’autorizzazione all’apertura della farmacia; Leggi qui l'approfondimento sul divieto decennale controlli in fase di concorso farmacie: in qualsiasi fase del concorso o momento successivo all’assegnazione della sede, l’accertamento a seguito dei controlli previsti per legge della non veridicità di quanto dichiarato dal concorrente, comporta l’esclusione dalla graduatoria, quando il controllo rilevi la non sussistenza di un requisito necessario per l’ammissione al concorso, compreso il mancato permanere, fino al momento dell’apertura della farmacia, della condizione di non aver ceduto la propria farmacia negli ultimi 10 anni; Leggi qui l'approfondimento su "Farmacisti ed Incompatibilità" Applicazioni pratiche della Giurisprudenza sui divieti ai Farmacisti Come affermato dal TAR di Napoli con sentenza 1341/2023, confermata poi da Consiglio di Stato 6016/2023 (Leggi qui l'approfondimento sulla sentenza) che: “ l’applicazione della normativa previgente, per quanto concerne le cause ostative, non possa avvenire sic et simpliciter, dovendosene vagliare la compatibilità, specie alla luce dei nuovi assetti societari”, registrandosi “un disallineamento tra le fattispecie di titolarità di sedi farmaceutiche con le fattispecie delle incompatibilità dei soci farmacisti (e relativa preclusione decennale a seguito di trasferimento di titolarità di farmacia) ”; Concorso Ordinario Farmacie ed SNC: secondo il CdS 256/2023 e prima, Consiglio di Stato 229/2020 e Consiglio di Stato 2763/2022 poi: “ l’obiettivo che si prefigge il comma 4 dell’articolo 12 della legge n. 474/1968 sopra richiamato - che impone il divieto di partecipazione ad un concorso per l’assegnazione di una sede farmaceutica a coloro che hanno ceduto la titolarità di una sede nei dieci anni precedenti la partecipazione al concorso – è quello di conciliare, bilanciandoli, l’interesse privato  del titolare dell’esercizio farmaceutico a conseguire un adeguato ritorno economico dalla posizione conseguita, senza per questo precludersi successive chances di nuova assegnazione, con quello pubblico a preservare la connotazione pubblica del servizio farmaceutico, evitando la prevalenza di intenti meramente speculativi  e commerciali; Concorso Ordinario Farmacie ed SNC Lo scopo è quello di evitare che il medesimo farmacista consegua, in un arco temporale inferiore a dieci anni, il doppio vantaggio consistente nel ricavo derivante dalla cessione della farmacia oltre all’assegnazione per concorso di una nuova sede farmaceutica; Farmacia e quote sociali: Inoltre, sempre come afferma la giurisprudenza richiamata, che anche la detenzione di una quota di società di persone e sua successiva cessione, intermediata dalla trasformazione societaria da società di persone a società di capitali, integra gli elementi costitutivi della fattispecie di cui all’art. 12 comma 4 e ricade quindi nel divieto trattandosi di stratagemma elusivo. Leggi pure: "Farmacia ed il valore delle quote sociali nel tempo" Ed infine, che anche la cessione di quote di società di capitale non derivante da trasformazione di società di persone integri gli elementi costitutivi della fattispecie di cui all’art. 12 comma 4 in quanto: la stessa giurisprudenza sopra richiamata afferma che nell’ipotesi di cessione di quote di società di capitali, giuridicamente e patrimonialmente autonome dai loro soci, la preclusione decennale prevista dalla norma in oggetto deve trovare un adattamento interpretativo che salvaguardi finalità e ratio della previsione ostativa; la titolarità delle farmacie assegnate con il concorso straordinario (art. 11 D.L. 1/2012) ai farmacisti che avevano partecipato in associazione, è stata conferita da talune Regioni ai singoli farmacisti sotto forma di co-titolarità unica pro indiviso (con successiva legittimazione sancita da giurisprudenza univoca del Consiglio di Stato), mentre da altre Regioni alle società, di persone o di capitali, costituite dai farmacisti stessi; ne deriva che, in ossequio ad un criterio di pari trattamento dei farmacisti partecipanti in associazione, come il trasferimento della propria quota di co-titolarità nel decennio precedente comporta l’esclusione dalla graduatoria del concorso ordinario, allo stesso modo la cessione della propria quota sociale deve comportare la medesima conseguenza; il doppio vantaggio che il legislatore vuole evitare, come sopra evidenziato, si ha anche nel caso di cessione di quote di società di capitali; Un caso dibattuto ma che oggi è stato pacificamente risolto è quello inerente la Farmacia in forma di SNC in Co-titolarità ove uno dei soci partecipi al concorso, e bene in tale caso la rinuncia del singolo non è sufficiente:   che come nel caso di titolarità individuale è possibile la rinuncia, così anche nel caso di co-titolarità o titolarità sociale è possibile la rinuncia alla titolarità, con conseguente possibilità di assegnazione di nuova sede farmaceutica a seguito di concorso, a condizione che tale rinuncia sia da parte di tutti i co-titolari o soci, in modo che la farmacia (rinunciata) ritorni nella disponibilità pubblica e possa nuovamente essere assegnata per concorso; Delibera Giunta Regionale Emilia n. 1301/24. Abbiamo analizzato le varie sfaccettature oggi maggiormente in auge ed ampiamente discusse all'avvio del concorso straordinario e che nel decennio dal 2012 hanno trovato risposta solo dopo ampio dibattito, ecco quindi che un quadro della situazione alla vigilia dei nuovi bandi di concorso ordinario allevierà i dubbi di tutti i candidati farmacisti che si apprestano a partecipare. Hai un quesito in diritto farmaceutico? Leggi il blog Studio Legale Angelini Lucarelli avv. Aldo Lucarelli

  • Farmacie in zone disabitate

    Farmacie di nuova istituzione, la localizzazione operata dal Comune è criticabile? Quali sono i criteri per individuare una nuova sede di Farmacia? Si possono insediare Farmacie in zone scarsamente abitate e quindi non sostenibili da un punto di vista economico? Potremmo dire quindi, Farmacia nel deserto? Come difendere il Farmacista dalle piante organiche inefficaci. Per rispondere a tutte queste domande che sovente arrivano possiamo fare il punto della situazione della attuale giurisprudenza, ricordando che il Comune gode si di ampia discrezionalità ma non fino al punto di creare "cattedrali nei deserti". Segui la Pagina on Line con articoli gratuiti a tema Ed infatti come più volte chiarito dalla giurisprudenza, la liberalizzazione delle farmacie, attuata con il citato D.l. 1/2012, non comporta che il Comune effettui la pianificazione territoriale dando priorità alle zone meno popolate, bensì che realizzi l'obiettivo "di assicurare un'equa distribuzione sul territorio" e, solo in via aggiuntiva (dunque non esclusiva), consideri altresì l'esigenza di garantire l'accessibilità del servizio farmaceutico anche a quei cittadini residenti in aree scarsamente abitate (cfr.: Cons. Stato, Sez. III, 4.10.2017, n. 4629). Dunque, il criterio principale cui la pianificazione delle farmacie deve ispirarsi è quello dell'equa distribuzione territoriale delle stesse, mentre il criterio dell'accessibilità assume valenza integrativa e aggiuntiva. Segui la pagina in diritto farmaceutico con articoli a tema gratuito Lo scopo perseguito dalla riforma operata con il d.l. 1/2012 non è quello del massimo decentramento delle sedi farmaceutiche, a rischio di istituire o mantenere sedi che non abbiano una zona di competenza tale da garantirne la sopravvivenza, ma di aumentare l'accessibilità all'assistenza farmaceutica in favore del maggior numero di abitanti possibile. L'esigenza di poter servire adeguatamente aree isolate e/o scarsamente abitate va quindi necessariamente coniugata con quella di garantire la maggiore accessibilità al servizio farmaceutico da parte della maggioranza degli abitanti del Comune, in un'ottica complessiva che consideri l'intero territorio comunale, rispetto al quale, in concreto, va compiuta la valutazione sul grado di accessibilità all'assistenza farmaceutica (cfr.: Cons. Stato, Sez. III, 11.7.2018, n. 4231; Cons. Stato, Sez. III, 24.1.2018, n. 475; Cons. Stato, Sez. III, 22.11.2017, n. 5446). Segui la pagina su Facebook con articoli quotidiani Deve ancora rammentarsi che, nell'organizzazione della dislocazione territoriale del servizio farmaceutico, il Comune gode di ampia discrezionalità in quanto la scelta conclusiva si basa sul bilanciamento di interessi diversi attinenti alla popolazione, attuale e potenzialmente insediabile, alle vie e ai mezzi di comunicazione, alle particolari esigenze della popolazione, per cui la scelta conclusiva è sindacabile solo sotto il profilo della manifesta illogicità ovvero della inesatta acquisizione al procedimento degli elementi di fatto presupposto della decisione (cfr.: Cons. Stato, sez. III, 27 aprile 2018, n. 2562; id. 22 novembre 2017, n. 5446; id. 30 maggio 2017, n. 2557; Cons. St., sez. III, 22 marzo 2017, n. 1305; Cons. Stato, Sez. III, 22-11-2017, n. 5443; Cons. Stato, Sez. III, 22-11-2017, n. 5446; Cons. Stato, Sez. III, 30-05-2017, n. 2557), non potendo il giudice amministrativo sostituire la propria valutazione di opportunità a quella resa dall'Amministrazione comunale. Alla realizzazione dell'equa distribuzione concorrono, infatti, plurimi fattori, quali in primo luogo l'individuazione delle maggiori necessità di fruizione del servizio che si avvertono nelle diverse zone del territorio, le correlate valutazioni di situazioni ambientali, topografiche e di viabilità, le distanze tra le diverse farmacie, le quali sono frutto di valutazioni ampiamente discrezionali, come tali inerenti l'area del merito amministrativo (cfr.: Cons. Stato, Sez. III, 28/2/2018 n. 1254; 20/3/2017 n. 1250 e TAR Napoli 5691/2021). Possiamo quindi concludere evidenziando che la discrezionalità del Comune deve avere una base di "istruttoria" solida al fine di dimostrare la necessità di sedi decentrate e dall'altro deve dimostrare di aver valutato ponderando i vari interessi contrapposti che sono sia quello della fornitura del servizio farmaceutico che quello della sostenibilità economica della Farmacia intesa come azienda. Scopri il blog o contattaci Studio Legale Angelini Lucarelli Diritto Farmaceutico Avv. Aldo Lucarelli

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