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- Medicina e Chirurgia il coefficiente di equalizzazione
Cosa è il coefficiente di equalizzazione in un test di ingresso o in un concorso? A cosa serve il coefficiente di equalizzazione? E' legale applicare un coefficiente di equalizzazione? E' ammissibile un ricorso collettivo contro il coefficiente di equalizzazione? Nel presente testo risponderemo a queste ed altre domande in tema di test di ingresso nelle facoltà a numero chiuso (medicina e chirurgia in primis) e l'uso del coefficiente di equalizzazione nei concorsi. È legittimo il meccanismo di attribuzione dei punteggi previsto dalla normativa concorsuale (art. 6, comma 4, del decreto del Ministro dell’università e della ricerca del 24 settembre 2022, n. 1107) per l’accesso ai corsi di laurea a numero programmato denominato “coefficiente di equalizzazione” che interviene in funzione correttiva del punteggio derivante dalle risposte date dai candidati, Ma quale è lo scopo del coefficiente di equalizzazione? Il coefficiente di equalizzazione ha lo scopo di omogeneizzare i punteggi finali per tenere conto del diverso grado di difficoltà dei quesiti di cui si compone ciascuna prova. Difatti, esso si pone in coerenza con i canoni di par condicio e di selezione imparziale e di stampo meritocratico che sul piano della legittimità amministrativa presiedono al funzionamento dei concorsi pubblici. (CdS 8004/2024). Ti può anche interessare: Graduatorie Concorsi come recuperare punteggi In motivazione il Consiglio di Stato ha descritto il funzionamento del “coefficiente di equalizzazione” con funzione correttiva del punteggio derivante dalle risposte date ai quesiti dal candidato; esso è ottenuto dalla differenza tra il valore massimo del punteggio non equalizzato, ovvero il massimo teorico raggiungibile per ogni prova in base alle risposte tutte esatte, e il coefficiente di facilità della prova. Tale strumento è pertanto concepito come valore espressivo in termini matematici dello scostamento medio di punteggio rispetto al massimo teorico fatto registrare per ogni quesito dai concorrenti nel periodo di misurazione statistica. In particolare, un maggiore scostamento, indice di maggiore difficoltà del quesito, si traduce in un punteggio aggiuntivo maggiore a quello per le risposte date rispetto al punteggio invece attribuibile laddove lo scostamento sia minore, e dunque il quesito si sia dimostrato di agevole soluzione. Seguici sui social Ma cosa è il coefficiente di equalizzazione? A questo riguardo, deve innanzitutto premettersi che in base al menzionato allegato 2 al decreto ministeriale del 24 settembre 2022, n. 1107, l’equalizzazione interviene in funzione correttiva del punteggio derivante dalle risposte date ai quesiti dal candidato, con lo scopo di omogeneizzare i punteggi finali per tenere conto del diverso grado di difficoltà dei quesiti di cui si compone ciascuna prova. In questa prospettiva, il punteggio equalizzato, sulla cui base è determinato l’ordine di merito dei candidati, si fonda sul coefficiente di equalizzazione, destinato ad intervenire aggiungendosi al punteggio (c.d. grezzo) risultante dalle risposte date dai medesimi candidati, secondo la modulazione di punteggio prevista dalla normativa di gara: 1 per la risposta esatta; 0 per la risposta omessa e -0,25 per la risposta errata. Il punteggio equalizzato è infatti « ottenuto sommando il punteggio ottenuto dal partecipante con le risposte date ai quesiti » con « un numero che misura la difficoltà della prova, chiamato coefficiente di equalizzazione della prova » A sua volta, il coefficiente di equalizzazione è dato dalla sommatoria dei coefficienti di facilità del singolo quesito, determinati in base alla media dei punteggi per le risposte fornite. Tenuto conto della poc’anzi richiamata modulazione, il coefficiente di facilità si attesta pertanto in un valore « compreso tra −0,25 e 1 », come ulteriormente chiarito nell’allegato 2 al decreto ministeriale. Calcolato il coefficiente di facilità della prova nel suo complesso, attraverso la sommatoria dei coefficienti di facilità dei quesiti di cui essa si compone, il coefficiente di equalizzazione della prova è infine ottenuto dalla differenza tra il « valore massimo del punteggio non equalizzato », ovvero il massimo teorico raggiungibile per ogni prova in base alle risposte tutte esatte (50), e il coefficiente di facilità della prova. il coefficiente di equalizzazione nei test di ingresso e nei concorsi pubblici Come al riguardo chiarito nella relazione tecnica depositata in giudizio dal CISIA, mentre il punteggio non equalizzato « può variare da -12,5 (=- 0,25x50), quando si risponde in modo errato a tutti i quesiti, a 50 (=1x50), quando si risponde in modo corretto a tutti i quesiti », il coefficiente di equalizzazione « potrebbe teoricamente variare da 0 (=50-50), quando tutti i partecipanti rispondono correttamente a tutti i quesiti, a 62,5 (=50-(-12,5)), quando tutti i partecipanti rispondono in modo errato a tutti i quesiti ». Ti può anche interessare: Concorso SNA guida al ricorso Si hanno dunque due forbici di punteggio: la prima derivante dalla modulazione prevista in base alla normativa concorsuale per le risposte date (esatte, omesse, errate); e la seconda su base statistica, espressiva del livello di difficoltà della prova quale risultato nel periodo di rilevazione sulla base delle risposte date da tutti i candidati. Il fattore correttivo di carattere statistico così previsto potrebbe in linea teorica non intervenire se il quesito sia risultato di facile risoluzione. All’opposto potrebbe modificare anche in misura superiore il punteggio derivante dalle risposte date in presenza di quesiti rivelatisi di particolare complessità. All’interno di questa forbice il coefficiente di equalizzazione è pertanto concepito come valore espressivo in termini matematici dello scostamento medio di punteggio fatto registrare per ogni quesito nel periodo di misurazione statistica. Ti può interessare: "Il ricorso collettivo al Tar conviene?" Il punteggio equalizzato è dunque un punteggio che a quello (grezzo) risultante dalle risposte date ai quesiti aggiunge l’ulteriore punteggio che misura la difficoltà di questi ultimi su base statistica . Hai un quesito? Contattaci Il valore ottenuto dalla misurazione statistica interviene dunque come fattore correttivo del punteggio finale della prova (detto appunto equalizzato) in ragione della funzione equalizzatrice svolta dal coefficiente ottenuto dalla misurazione su base statistica del livello di difficoltà dei quesiti di cui si compone la prova. Infatti, come poc’anzi esposto, il coefficiente di equalizzazione esprime matematicamente lo scostamento medio dei punteggi per ciascun quesito rispetto al massimo teorico, nel presupposto logico che la difficoltà di un quesito è ricavabile dal grado di approssimazione a tale massimo dei punteggi ottenuti in base alle risposte date. CdS 800/2024. Leggi il blog con speciale concorsi pubblici Il ricorso collettivo al TAR Prima di chiudere un cenno al "ricorso collettivo" davanti al TAR e Consiglio di Stato. Come abbiamo avuto modo di precisare non sempre è possibile effettuare un ricorso collettivo sebbene da un punto di vista pratico economico questo rappresenti o sembra rappresentare una opportunità per i candidati. Ed infatti l ’ammissibilità del ricorso collettivo postula invece un’omogeneità di posizioni giuridiche dei ricorrenti in forza della quale le domande di annullamento da ciascuno proposte con l’unitaria impugnazione siano rivolte nei confronti dei medesimi atti ( petitum ) e siano fondate sui medesimi fatti costitutivi ( causa petendi ). A sua volta l’omogeneità di posizioni è riferibile ad una situazione antecedente alla proposizione del ricorso, quando si attualizza in ciascuno dei soggetti l’interesse ad agire, e non è suscettibile di essere modificato per le vicende riguardanti singoli ricorrenti, come poc’anzi precisato. Per concludere nella presente fattispecie era pienamente ammissibile un ricorso collettivo. Studio Legale Angelini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli
- Assegno di mantenimento quando la revisione?
Diritto di famiglia assegno di mantenimento quando é possibile una revisione? Spesso mi viene domandato se e quando può essere modificato l’assegno di mantenimento. Dopo la sentenza di separazione o divorzio, infatti, possono sopraggiungere eventi nuovi ed imprevedibili tali da determinare un mutamento nel tempo dell’assegno di mantenimento. Assegno di mantenimento quando la revisione? La somma da versare mensilmente, dunque, può subire una modifica al ricorrere di determinate condizioni: -peggioramento delle condizioni economiche dell’obbligato al versamento, ad esempio perdita o riduzione di lavoro; -aumento del reddito di uno dei due coniugi; -costituzione per uno dei due ex coniugi di un nuovo nucleo familiare; -stato di pensionamento del genitore obbligato al mantenimento; -aumento delle esigenze del figlio legate alla crescita ed allo sviluppo della sua personalità’. Hai un dubbio contattaci o leggi il blog E’ importante segnalare che il ricorrere dell’ultimo presupposto non ha bisogno di specifiche dimostrazioni ma può essere richiesto indipendentemente dalla modifica delle condizioni economiche degli ex coniugi (Cass. Civ. Sent. n. 17055 del 2007). Anche recentemente la Cassazione ha ribadito che le necessità economiche dei figli aumentano con la loro crescita tanto da determinare una modifica dell’assegno di mantenimento (Cass. Civ. Sentenza n. 13664/2022). Ai sensi dell’art. 337-ter, comma 1, c.c., infatti, i genitori sono tenuti a provvedere alle necessità dei figli quali cura, educazione, istruzione ed assistenza che ovviamente aumentano con il tempo. Una revisione dell’assegno di mantenimento, inoltre, può essere può essere determinato dalla formazione per uno dei due ex coniugi di un nuovo nucleo familiare, oppure dalla nascita di un altro figlio. Il formarsi di una stabile relazione familiare tra il coniuge obbligato al pagamento dell’assegno di mantenimento ed una nuova compagna, dunque, potrà legittimare la richiesta di una diminuzione dell’assegno di mantenimento, se ciò comporta dei benefici economici allo stesso, purché si tratti di un’unione stabile e regolare (Cass. Civ., Sentenza n. 17195/2011). Segui la pagina Instagram “Diritto di Famiglia L’unione, infatti, deve essere fondata sugli stessi principi del matrimonio, ovvero solidarietà, contribuzione ai bisogni della famiglia e reciproca assistenza morale e materiale. Per ottenere la modifica sarà necessario presentare un ricorso presso il Tribunale competente allegando tutte le prove che attestano il motivo della revisione, riduzione o aumento (Cass. Civ. Sent. n. 18530 del 7 settembre 2020). Leggi il blog in diritto di famiglia Avv Ilaria Paletti
- L'annullamento dell'autorizzazione
L'annullamento dell'autorizzazione così come l'annullamento di un atto amministrativo che attribuisca vantaggi economici al privato, ad esempio l'autorizzazione per il vincitore di concorso ad aprire una farmacia, così come ogni determina autorizzativa che attribuisca vantaggi economici anche in ambito sanitario è possibile entro un lasso temporale di 12 mesi dopo il rilascio ove vengano accertati vizi o incompetenze. E' infatti previsto che è annullabile il provvedimento amministrativo adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza. mentre non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. seguici on line Come già rilevato dal Tar Sicilia in un caso analogo, sempre in relazione ad un’azione di annullamento di una determina di autorizzazione l’annullamento d’ufficio ai sensi dell’art. 21 novies della legge n. 241/1990 di un provvedimento ritenuto illegittimo da parte della stessa Autorità, che lo ha emanato, deve intervenire entro “ un termine ragionevole ”, che non può essere superiore a dodici mesi (fino alla novella del 29.07.2021 a diciotto mesi) l’adozione dell’atto da caducare. Leggi lo speciale sulle autorizzazioni e gli articoli a tema riportati qui sotto o clicca qui Ove l'amministrazione intraprenda l'annullamento oltre il termine dei 12 mesi è necessario che ricorrano alcune condizioni specifiche, pena l'illegittimità dell'annullamento. La fattispecie dell'annullamento oltre i 12 mesi quindi derogatoria, prevista dal comma 2 bis dell’art. 21 novies cit., prevede che i provvedimenti amministrativi possono essere annullati eccezionalmente oltre il predetto termine qualora siano stati conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti oppure di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato. Invero secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, l’art. 21 novies , legge n. 241/1990 deve essere interpretato nel senso che il superamento del rigido termine, entro il quale il provvedimento amministrativo illegittimo può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, è consentito: a) nel caso in cui la falsa attestazione, inerente i presupposti per il rilascio del provvedimento da annullare, sia il frutto di una condotta di falsificazione penalmente rilevante (indipendentemente dal fatto che siano state all’uopo rese dichiarazioni sostitutive) accertata in modo definitivo in sede di giurisdizione ordinaria; b) oppure quando l’acclarata erroneità dei presupposti non sia comunque imputabile (neanche a titolo di colpa concorrente) all’Amministrazione, piuttosto al dolo (equiparato, di solito, alla colpa grave e corrispondente, nella specie, alla mala fede oggettiva) della parte istante . In tale seconda ipotesi non essendo ragionevole pretendere dall’incolpevole Amministrazione il rispetto di una stringente tempistica nella gestione dell’iniziativa di autotutela, si deve fare riferimento esclusivamente a un parametro di ragionevolezza per apprezzare e gestire la confliggente correlazione tra gli opposti interessi in gioco (cfr. Consiglio Stato, Sez. V, sentenza 27 giugno 2018, n. 3940). Sotto altro profilo è stato pure chiarito che “ il provvedimento di autotutela decisoria deve in motivazione dare compiutamente atto delle false rappresentazioni della realtà che hanno influito in modo determinante sui provvedimenti che ora vengono ritenuti illegittimi fin dall’origine. (…) In proposito, il Consiglio di Stato ha precisato che non è sufficiente che l’informazione sia falsa, ma anche che la stessa sia diretta ed in grado di sviare l’Amministrazione nell’adozione dei provvedimenti che ci si appresta ad annullare ” (v. ex multis Consiglio Stato, Sez. VI, sentenza 15 marzo 2021 n. 2207, nonché C.G.A.R.S., 3 agosto 2022, n. 911). Quindi sarà soggetta ad annullamento anche oltre il termine dei 12 mesi l'autorizzazione o il permesso rilasciato sulla base di informazioni false fornite dall'interessato che abbiano sviato l'amministrazione Ed invece come evidenziato dal Tar Sicilia 2378/24 ove l'amministrazione abbia rilevato una semplice imperfezione della documentazione alla quale si sarebbe potuto tuttavia ovviare agevolmente mediante la richiesta agli interessati di integrazioni e di chiarimenti, nell’esercizio diligente dei poteri istruttori da parte del responsabile del procedimento non si verterà in tema di rappresentazioni false e quindi non sarà legittimo l'annullamento operato dall'amministrazione oltre il termine ordinario dei 12 mesi. Quindi ove manchi la prova (incombente sull’Autorità amministrativa) che le inesattezze della domanda e le lacune dell’apparato a corredo della stessa (quantunque realizzate in violazione ai doveri di buona fede e correttezza dei privati nei rapporti con la P.A.), fossero di per sé idonee a trarre in errore l’Amministrazione non sarà ammissibile un annullamento d'ufficio oltre il termine ordinario oggi ridotto a 12 mesi dal momento dell'adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, inclusi i casi in cui il provvedimento si sia formato con il silenzio assenso. Va comunque precisato prima di chiudere la disamina che è sempre fatta salva la possibilità di convalida del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole. Studio Legale Angelini Lucarelli avv. Aldo Lucarelli
- Deblistering in Farmacia
Il Deblistering in Farmacia lo sconfezionamento dei farmaci in inglese " deblistering " in farmacia rientra nell'ambito della farmacia dei servizi ai sensi l’art.11della Legge 18 giugno 2009, n.69 ed è volto af avorire “l'aderenza dei malati alle terapie mediche” ai sensi del DL ottobre 2009 n.153 . Segui la pagina on Line in diritto farmaceutico Tale servizio è finalizzato alla preparazione di confezionamenti personalizzati di farmaci ed è a totale carico del cittadino, a meno di delibere come quella Umbra dello scorso Luglio 2024 che prevede il rimborso da pare del SSN, e consiste nell’attività di sconfezionamento di un medicinale già acquistato e riconfezionamento dello stesso da parte del farmacista in farmacia, in dosi personalizzate, per l’assunzione da parte del paziente sulla base della posologia individuata dal medico curante, c.d.“deblistering”. Inoltre il comma 5 dell'art 11 Legge 8/11/2012 prevede da anni espressamente che " Le modalità regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sono autorizzate a sperimentare, nei limiti delle loro disponibilità' di bilancio, sistemi di riconfezionamento, anche personalizzato, e di distribuzione dei medicinali agli assistiti in trattamento presso strutture ospedaliere e residenziali, al fine di eliminare sprechi di prodotti e rischi di errori e di consumi impropri. Le operazioni di sconfezionamento e riconfezionamento dei medicinali sono effettuate nel rispetto delle norme di buona fabbricazione (, con indicazione del numero di lotto di origine e della data di scadenza ). L'AIFA, su richiesta della regione, autorizza l'allestimento e la fornitura alle strutture sanitarie che partecipano alla sperimentazione di macro confezioni di medicinali in grado di agevolare le operazioni predette. Leggi pure Concordo ordinario farmacie e le modalità di interpello deblistering in farmacia Il servizio è regolamentato dall’art. 1 comma 462 della Legge nazionale 27 dicembre 2019 n .160 (LeggediBilancio2020) in cui si rileva che , al fine di favorire la presa in cura dei pazienti cronici e migliorarne l’aderenza terapeutica, è prevista “la possibilità di usufruire presso le farmacie, in collaborazione con i medici di medicina generale e con i pediatri di libera scelta e comunque nel rispetto di prescrizioni mediche, di un servizio di accesso personalizzato ai farmaci.” ed è stato ammesso anche dalla sentenza del CdS n. n4257/2015 del 14/09/2015. E' necessario effettuare una richiesta - comunicazione alla Azienda Sanitaria Locale di competenza, anche in merito al personale incaricato, ai locali predisposti assimilabili a quelle di un laboratorio galenico come disposto dalle Norme di Buona Preparazione dei medicinali in farmacia delineate nella Farmacopea Ufficiale (DM3.12.2008) ed alla eventuale attrezzatura (ad esempio automatizzata) utilizzata, oltre che l'individuazione del responsabile farmacista. La preparazione in dosi unitarie, a partire dalle confezioni industriali dei medicinali, può considerarsi quale manipolazione dei farmaci, rientrando come tale nelle indicazioni di cui alla Raccomandazione n. 19 del Ministero della salute. La raccomandazione del Ministero della Salute citata fornisce indicazioni per la manipolazione delle forme farmaceutiche orali solide, e quindi per la corretta gestione della terapia farmacologica orale, nei casi in cui non sia possibile somministr arle integre e quando le attività di allestimento non siano effettuate dalla Farmacia. Cos’è la manipolazione delle forme farmaceutiche solide Per manipolazione si intende: la divisione di compresse la triturazione, frantumazione, polverizzazione di compresse l’apertura di capsule. Per quanto attiene alla documentazione il farmacista deve avere una scheda tecnica da cui si evincono caratteristiche e idoneità del materiale utilizzato. Leggi il blog o contattaci per un tuo caso L'attività di riconfezionamento - blistering - può riferirsi ad una terapia di una determinata durata, esempio una settimana. Sebbene esista la normativa primaria il servizio non è attivo automaticamente nelle Regioni stante l a necessità di un cronoprogramma con la definizione dei protocolli attuativi del servizio per ciascuna Regione, recepito dalle Aziende Sanitarie Locali al fine di uniforme esecuzione con modalità e tempi nell'intero territorio regionale. Ad oggi risulta attivo per quanto di nostra conoscenza in alcune regioni come Lombardia, Emilia Romagna, mentre in Umbria è stato previsto il servizio a rimborso del SSN. Lecito quindi immaginare l'insorgere di multe a seguito di controlli NAS ove non presenti adeguati e recepiti protocolli Regioni dispensati dalla Aziende Sanitarie Locali ai farmacisti richiedenti. Leggi il blog in diritto farmaceutico Studio Legale Angelini Lucarelli Diritto Farmaceutico Avv. Aldo Lucarelli
- Medico e Farmacista in società tramite una società?
Avrebbe potuto un Medico esercitare anche indirettamente attività di farmacista? Chiesta in tal modo appariva una domanda infondata, ma forse se avessimo chiesto Puo' una società gestire sia una attività clinica che una farmacia? A questa seconda domanda molti non avrebbero saputo dare una risposta visto che poi nella pratica non sarebbe difficile per una società gestire contemporaneamente una clinica, una RsA ed appunto una farmacia. Oggi possiamo dire che non è possibile in via generale una risposta univoca ed automatica sebbene il punto cruciale attiene al rapporto tra la clinica privata e i medici che in essa (e per essa) svolgono la loro attività . Per quanto indubbiamente peculiare, in ragione della autonomia e libertà di cura del medico anche alla luce delle regole deontologiche di tale professione, tale rapporto vede pur sempre rispondere la struttura a titolo contrattuale per il comportamento dei medici della cui collaborazione si avvale per l’adempimento della propria obbligazione, ancorché possano non essere suoi dipendenti, comunque sussistendo un collegamento tra la prestazione da costoro effettuata e l’organizzazione aziendale della casa di cura, il che giustifica l’applicazione della regola posta dall’art. 1228 c.c. (come ribadito da ultimo dall’art. 7 della l. n. 24 del 2017). L’insieme di queste considerazioni debbono quindi condurre a ritenere che anche una persona giuridica, in particolare una clinica privata, possa considerarsi esercitare, nei confronti dei propri assistiti, la professione medica ai fini della previsione di cui all’art. 7, comma 2, secondo periodo, della l. 362/1991. Va precisato ancora come non si tratta di dare corso ad interpretazioni estensive o analogiche di cause o regole escludenti tassative, quanto, piuttosto, di privilegiare un’interpretazione funzionale e sistematica, coerente con la ratio ispiratrice della veduta regola di incompatibilità che mira ad evitare commistioni di interessi “tra medici che prescrivono medicine e farmacisti interessati alla vendita, in un'ottica di tutela del diritto alla salute di rango costituzionale” (così Cass. sez. III, n. 4657 del 2006, che richiama Cons. St., sez. IV, n. 6409 del 2004 e CdS 5/22.) Una volta rinvenuto nella fattispecie in esame l’elemento dell’esercizio della professione medica, ne consegue che sussiste l’incompatibilità di cui all’art. 7, comma 2, secondo periodo, nel senso che la casa di cura non può avere partecipazioni in una società titolare dell’esercizio della farmacia. Pertanto, anche una persona giuridica, in particolare una clinica privata, può considerarsi esercitare, nei confronti dei propri assistiti, la professione medica ai fini della previsione di cui all’art. 7, comma 2, secondo periodo, della l. 362/1991. Non può avere – giova precisare – alcuna partecipazione, ovvero non può esserne socio in nessun modo, senza che occorra distinguere in ragione della natura e della incidenza della singola partecipazione, essendo la disposizione di legge sufficientemente chiara nel legare questa incompatibilità alla partecipazione in quanto tale, nella misura in cui ad essa si correla comunque la prospettiva di ricavarne degli utili. Diversa può essere la conclusione, sulla scorta di Corte cost. n. 11 del 2020, al cospetto di incompatibilità differenti, segnatamente quella di essere il socio titolare di rapporti di lavoro pubblico o privato, rispetto a cui si può valorizzare la formula “per quanto compatibili” impiegata all’art. 7, comma 2, terzo periodo, senza della quale un’interpretazione rigorosamente letterale finirebbe per consentire la partecipazione solo (o quasi) a studenti, disoccupati o pensionati Questa la sintesi del Consiglio di Stato n. 5/2022 che dopo aver analizzato le differenti ratio ispiratrici delle incompatibilità descritte nelle norme di riferimento ed in particolare nella legge 362 del 1991 articolo 7 co. 2 ed 8, ha concluso in modo sorprendente affermando che Differentemente, in assenza di una società unipersonale e quindi di una partecipazione totalitaria, (ma sempre ragionando in relazione ad un diverso tipo di incompatibilità) dovrebbe assumere rilevanza una partecipazione che comunque permetta di concorrere nella gestione della farmacia, n el senso di influenzarne le scelte aziendali. Non rileverebbe quindi qualunque partecipazione sociale ma quella che possa dare al socio il controllo della società, nei modi gradatamente indicati dal citato art. 2359 e in presenza dei quali, come si è già osservato, opera la presunzione di direzione e coordinamento (ricavabile anche aliunde , in specie dall’essere la società tenuta al consolidamento del proprio bilancio). Soccorrono evidentemente le regole e gli istituti propri del diritto societario, nell’elaborazione offertane in primo luogo dalla giurisprudenza civile. Da quanto sopra si ricavano due principi di diritto nel il rapporto medico - farmacista - impresa secondo l'adunanza plenaria del CdS 5/22: Scopri il sito dedicato agli articoli per farmacisti (i) la nozione di “esercizio della professione medica” , ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 7, comma 2, secondo periodo, della l. 362/1991, deve ricevere un’interpretazione funzionale ad assicurare il fine di prevenire qualunque potenziale conflitto di interessi derivante dalla commistione tra questa attività e quella di dispensazione dei farmaci, in primo luogo a tutela della salute; in tal senso deve ritenersi applicabile la situazione di incompatibilità in questione anche ad una casa di cura, società di capitali e quindi persona giuridica, che abbia una partecipazione in una società, sempre di capitali, titolare di farmacia; (ii) una società concorre nella “gestione della farmacia”, per il tramite della società titolare cui partecipa come socio, qualora, per le caratteristiche quantitative e qualitative di detta partecipazione sociale, siano riscontrabili i presupposti di un controllo societario ai sensi dell’art. 2359 c.c., sul quale poter fondare la presunzione di direzione e coordinamento ai sensi dell’art. 2497 c.c. Una volta rinvenuto nella fattispecie in esame l’elemento dell’esercizio della professione medica, ne consegue che sussiste l’incompatibilità di cui all’art. 7, comma 2, secondo periodo, nel senso che la casa di cura non può avere partecipazioni in una società titolare dell’esercizio della farmacia. CdS 5/22 Tale principio, ad avviso di chi scrive, è estendibile alla luce di quanto affermato dal Consiglio di Stato anche in altri casi in cui si generi di fatto detta commistione in cui un centro di interessi detenga partecipazioni comuni all'ambito medico ed alla farmacia. Hai un quesito? Leggi il blog o contattaci Home Studio Legale Angelini Lucarelli Diritto Farmaceutico a cura di Aldo Lucarelli.
- diritto ambitale: la Verifica di assoggettabilità a VIA al Comune
È legittimo il conferimento da parte delle regioni ai comuni di funzioni in materia di verifica di assoggettabilità a V.I.A. (fase di screening), è quanto si ricava dalla sentenza del CdS n. 7314 del 2024. Ed infatti non vi è alcun elemento idoneo a supportare una tesi secondo cui la Regione non potrebbe riallocare anche le competenze in materia di verifica di assoggettabilità a VIA come ritiene più opportuno, sia pure rispettando i criteri di cui al citato art. 7 – bis , comma 8, del codice dell’ambiente. Le funzioni in materia sono infatti del tutto omogenee, inerenti alle medesime verifiche di compatibilità ambientale da effettuare con riguardo a determinati interventi, alcuni dei quali, in seguito all’esito dello screening , sottoposti ad entrambi i procedimenti. Con specifico riguardo alla fase di screening è stato sottolineato (CdS del 2021, n. 3597), che essa svolge “ una funzione preliminare per così dire di "carotaggio", nel senso che "sonda" la progettualità e solo ove ravvisi effettivamente una significatività della stessa in termini di incidenza negativa sull'ambiente, impone il passaggio alla fase successiva della relativa procedura; diversamente, consente di pretermetterla, con conseguente intuibile risparmio, sia in termini di costi effettivi, che di tempi di attuazione ”. Lo screening sul VIA ambientale al Comune Lo screening è dunque esso stesso una procedura di valutazione di impatto ambientale, che viene realizzata preventivamente con riguardo a determinate tipologie di progetto rispetto alle quali alla valutazione vera e propria si arriva solo in via eventuale, in base all’esito della verifica di assoggettabilità. In tal senso, l’art. 19, comma 7, del d.lgs. n. 152 del 2006, dispone che “ Qualora l'autorità competente stabilisca di non assoggettare il progetto al procedimento di VIA, specifica i motivi principali alla base della mancata richiesta di tale valutazione in relazione ai criteri pertinenti elencati nell'allegato V alla parte seconda, e, ove richiesto dal proponente, tenendo conto delle eventuali osservazioni del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, per i profili di competenza, specifica le condizioni ambientali necessarie per evitare o prevenire quelli che potrebbero altrimenti rappresentare impatti ambientali significativi e negativi [...]”. Pertanto, incombe sull’Amministrazione titolare del potere l’obbligo di adottare una deliberazione “ adeguatamente motivata in relazione a fattori di oggettiva pericolosità rivenienti dagli indici di cui all’Allegato V al Codice ambientale, stante che ciò implica solo il rinvio ad un più approfondito scrutinio della progettualità proposta, che dalle ragioni dello stesso non risulta comunque in alcun modo condizionata ” (cfr., Cons. Stato, Sez. II, sentenza n. 5379 del 2020). Questo approccio è il diretto precipitato del principio di precauzione che “[…] presuppone l’esistenza di un rischio specifico all’esito di una valutazione quanto più possibile completa, condotta alla luce dei dati disponibili che risultino maggiormente affidabili e che deve concludersi con un giudizio di stretta necessità della misura ” (cfr., Cons. St., sez. III, sentenza n. 6655 del 2019). Da quanto precede deriva che l’espressione contenta nel comma 8 dell’art. 7 – bis secondo cui “ Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano con proprie leggi o regolamenti l’organizzazione e le modalità di esercizio delle funzioni amministrative ad esse attribuite in materia di VIA, nonché l'eventuale conferimento di tali funzioni o di compiti specifici agli altri enti territoriali sub-regionali ” non può che essere riferita anche alla verifica di assoggettabilità a VIA, la quale è peraltro disciplinata nell’ambito del titolo III della parte I del Codice dell’ambiente, complessivamente dedicato alla “valutazione di impatto ambientale”. Per concludere nello stesso senso depongono sul piano letterale, il comma 5 dello stesso art. 7 bis (“ In sede regionale, l'autorità competente è la pubblica amministrazione con compiti di tutela, protezione e valorizzazione ambientale individuata secondo le disposizioni delle leggi regionali o delle Province autonome ”) nonché l’ultima parte del comma 8 (“ In ogni caso non sono derogabili i termini procedimentali massimi di cui agli articoli 19 e 27-bis ”), laddove l’art. 19, come in precedenza evidenziato, riguarda appunto la disciplina della fase di screening . Leggi gli articoli in Diritto Ambientale e Procedure Amministrative nel blog Studio Legale Angelini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli
- Le autorizzazioni in Farmacia per altri prodotti
Quali sono le autorizzazioni necessarie per il farmacista che voglia vendere anche altri prodotti in farmacia? Quali sono i prodotti vendibili in farmacia oltre ai farmaci? Posso vendere la pelletteria in farmacia? Nel presente articolo cerchiamo di rispondere a tali domande facendo il punto della situazione sulle Autorizzazioni in farmacia Oggi la farmacia nella evoluzione del settore da presidio di vendita e punto nevralgico per l’approvvigionamento dei farmaci 💊 con o senza ricetta sta diventando il centro di una sete di servizi (farmacia dei servizi e farmacia di comunità) oltre che porta di ingresso del sistema in fase di sviluppo della telemedicina. Leggi pure “ La contraffazione dei prodotti cosmetici” Ma accanto a tale sviluppo “farmaco centrico” che include anche i presidi medico chirurgici ed i dispotici medici , vi é tutto un altro business relativo a quei prodotti che il cliente non paziente si aspetta di trovare in farmacia e che diviene funzionale all’impresa farmacia nell’ottima di un ampliamento dell’offerta, così trovano ingresso in farmacia i cosmetici , articoli sanitari, gli alimenti dietetici, gli integratori , oltre che ha serie di presidi anallergici come oggetti/gioielli ipoallergenici nickel free et similia. (Elenco esemplificativo non indicativo di cosa é autorizzato) Ma come si deve organizzare una farmacia ai fini autorizzativi? Le farmacie sono autorizzate alla vendita di medicinali e prodotti complementari dell’area farmaceutica e sanitaria quale presidio di salute in base alla autorizzazione sanitaria di cui alla legge 475/1998 ottenuta tramite concorso o trasferimento, questa quindi riguarda per l’appunto farmaci con o senza ricetta, con o senza convenzione con il SSN e per l’appunto i dispositivi medici ed i presidi medico chirurgici. Per la vendita di “altri” prodotti della area sanitaria é necessaria l’autorizzazione commerciale da parte del Comune tramite lo Sportello Unico delle Attività Produttive. Autorizzazione rilasciata con il meccanismo della Scia e relativa a Tabella merceologica allegato 9 Dm Industria Farmacia per i seguenti elementi: Prodotti dietetici per l'infanzia , gli anziani e gli ammalati; Articoli per l'igiene della persona; Articoli di puericultura , quali biberon, scalda-biberon, bagnetti, spargitalco, ciambelle lavatesta, accessori per il bagno, spugne, termometri, accappatoi per neonati, pannolini e tutine assorbenti, vasini ortopedici, indumenti per neonati e per la prima infanzia di speciale tessuto filtrante e anallergico, lenzuolini di gomma o filtranti per neonati; Apparecchi propedeutici allo sviluppo dell'attività sensoriale e visiva del bambino parzialmente ritardato, quali attrezzature montessoriane; Articoli per la sicurezza e la custodia del bambino nella deambulazione e nel riposo, quali bretelle sostenitrici e prime attrezzature per la custodia del bambino, tipo infantseat: Bilance per neonati e per adulti; Busti, guaine , pancere, correttivi e curativi, calze collants elastici contenitrici per varici, preventivi e curativi; Cinti , cavigliere, ginocchiere, polsini elastici, guanti di gomma per la casa; Indumenti e biancheria dimagranti preparati esclusivamente a tale scopo; Indumenti terapeutici antireumatici in lana termica creati allo scopo; Massaggiatori, articoli di masso-terapia; Prodotti per la cura del capello: lozioni, creme, shampoo medicato (e mezzi per il loro impiego: spazzole e pettini) ed altri cosmetici destinati ad essere messi a contatto con la pelle o con le mucose, con esclusione dei concentrati e delle essenze; Amari , liquori, vini e pastigliaggi medicati; Polveri per acque da tavola; Alimenti per piccoli animali; Disinfettanti , disinfettanti per uso animale e per ambienti; insetticidi per uso umano e per uso veterinario e prodotti chimici in genere non di uso farmaceutico. Leggi pure Il segreto commerciale in Farmacia previsti nell’ allegato 9, Decreto Ministeriale Industria n. 375/88 oppure altri prodotti compatibili con l’esercizio della farmacia e ricompresi nel settore merceologico alimentare e non alimentare, secondo le disposizioni del D.lgs 114/1998. É quindi da escludere che si possano vendere prodotti non compatibili con la farmacia e con la sua autorizzazione originaria Ma mentre con l’elenco dell’allegato 9 del DM industria si può ragionevolmente essere sereni sulla idoneità dei prodotti in farmacia, per tutti gli altri NON ricompresi o riconducibili alla autorizzazione farmaceutica ed alla tabella 9, sussiste un’area di grigiore oggetto di potenziali sanzioni, ecco quindi che un elenco tassativo non esiste e sarà la compatibilità all’autorizzazione farmacia a costituire criterio dirimente. Leggi e trova il tuo caso nei 500 articoli a tema É solo il caso di precisare che per la normativa sul commercio un elemento dirimente sarà anche la grandezza del locale se fino a 150 mq oppure fino a 250 mq nel qual caso sarà considerato media struttura di vendita. Per “altri ed ulteriori prodotti” anche alimentari compatibili con la farmacia non oggetto di convenzione con il SSN e fermo restando la possibilità di una specifico requisito professionale, é necessaria anche una ulteriore autorizzazione ai sensi dell’articolo 5 del dlgs. 114/98 di carattere discrezionale da parte del Comune ma sempre collegati all’area sanitaria/salute nella quale é necessario dimostrare la compatibilità con l’esercizio della sede di farmacia. Procedura per le autorizzazioni le domande si presentano nella forma della segnalazione di inizio attività Scia a cui o presenza dei requisiti si accede al provvedimento amministrativo salvo il caso di controllo successivo. Per le strutture oltre i 250 mq invece le domande si devono ritenere accolte qualora non venga comunicato il provvedimento di diniego entro 90 giorni, nonché tutte le altre norme atte ad assicurare trasparenza e snellezza dell’azione amministrativa e la partecipazione al procedimento ai sensi della 241 del 1990. Leggi pure Il ritardo nei pagamenti del SSN alle farmacie e gli interessi É possibile che a seguito di controlli successivi alla Scia alcuni prodotti non vengano ritenuti idonei alla Scia ottenuta e quindi non compatibili con l’autorizzazione della farmacia oppure con la dislocazione degli spazi nella farmacia, ad esempi locali separati, divisione degli spazi. Il consiglio é quello di chiedere ai propri fornitori la categoria merceologica di riferimento e di aprire un contraddittorio con la Asl competente. In ogni caso avverso sospensioni dinieghi o sanzioni é sempre possibile ricorrere dinanzi alla giustizia ordinaria per le sanzioni ed al TAR per le autorizzazioni. Leggi il blog in diritto farmaceutico o contattaci Studio Legale Angelini Lucarelli Avv Aldo Lucarelli
- Società la remissione di querela del legale rappresentante
Ci è stato chiesto di chiarire come opera il meccanismo della remissione di querela previsto dall'art. 152 del codice di procedura penale per comportamenti taciti incompatibili con la volontà di procedere in quei procedimenti a querela di parte, come ad esempio l'appropriazione indebita. E' il caso di un componente del consiglio di amministrazione o ex dirigente accusato dalla Società di essersi appropriato di beni dell'azienda o di aver effettuato spese oltre i propri limiti di mandato e che pertanto sia stato soggetto ad una querela penale per tali comportamenti. Amministratore denunciato dal suo Presidente, come si rimette la querela? La questione è dunque la seguente: se la disposizione di cui all'art. 152, comma 3, n. 1) cod. pen. operi anche nel caso in cui il testimone citato e non comparso all'udienza senza giustificato motivo abbia in precedenza sporto querela in qualità di legale rappresentante in carica dell'ente-persona offesa. Si deve innanzitutto osservare che la disposizione in argomento recepisce una prassi diffusa dettata dagli intenti deflattivi, recepita dalla giurisprudenza di legittimità, in forza della quale integra remissione tacita di querela la mancata comparizione alla udienza dibattimentale del querelante, previamente ed espressamente avvertito dal giudice che l'eventuale sua assenza sarà interpretata come fatto incompatibile con la volontà di persistere nella querela, fermo restando che il giudice deve comunque dar conto, nel percorso motivazionale (Sez. U, n. 31668 del 23/06/2016). Non sono mancate, nella giurisprudenza di legittimità, pronunce che hanno opportunamente posto l'accento sul fatto che la volontà di rimettere la querela, manifestata dal querelante citato a comparire in qualità di testimone e non comparso, debba essere effettiva, ciò che del resto è suggerito dallo stesso tenore letterale della disposizione di nuovo conio, che collega l'effetto della remissione alla mancata comparizione del querelante "senza giustificato motivo". Si è, in particolare, osservato che la nuova disciplina non esime il giudice dal compito di verificare l'effettiva volontà del querelante di rimettere la querela, qualora nel procedimento sussistano elementi idonei a far dubitare della sussistenza di siffatta volontà ad esempio la costituzione di parte civile. (Cass. Pen. n. 43636 del 05/10/2023) Ed infatti " integra remissione tacita di querela la mancata comparizione all'udienza dibattimentale del querelante, previamente ed espressamente avvertito dell' interpretazione della sua eventuale assenza come fatto incompatibile con la volontà di persistere nella querela, dovendo il giudice comunque dare conto, nel percorso motivazionale, della incompatibilità degli atti compiuti dal querelante con la volontà di persistere nella querela. (Cass. 5801 del 29/01/2021). Come si vede, sia il tenore letterale della nuova disposizione in tema di remissione tacita di querela che le pronunce della giurisprudenza di legittimità in tema enucleano il principio secondo il quale, pur considerando l'automatismo del meccanismo processuale, il giudice deve procedere all'accertamento dell'effettiva volontà del querelante d i rimettere la querela Come si individua la volontà della Società di rimettere la querela? In tema di società tuttavia ritiene la Corte di Cassazione nella pronuncia del 2024 che nel caso qui trattato tali dubbi possano essere fugati da un duplice accertamento, necessario perché sia possibile riferire, in termini di certezza, all'ente rappresentato l'effettiva volontà di rimettere la querela manifestata dal rappresentante con il comportamento concludente previsto dalla norma. Per prima cosa deve, innanzitutto, essere accertato che il legale rappresentante dell'ente-persona offesa che ha proposto la querela in nome e per conto del proprio rappresentato conservi la predetta qualità alla data dell'udienza alla quale, pur regolarmente citato, non sia comparso senza giustificato motivo. In secondo luogo, è necessario accertare che il legale rappresentante che ha proposto la querela sia statutariamente legittimato dall'ente rappresentato, non comparendo all'udienza per la quale sia stato citato come testimone, a rimettere la querela. E' quindi necessario che lo Statuto della società – da provare in udienza – contempli un siffatto potere. Invero, la riferibilità all'ente rappresentato del comportamento concludente previsto dalla norma di nuovo conio e adottato dal legale rappresentante può essere ritenuta in termini di certezza soltanto con la espressa previsione, nello statuto dell'ente, del potere del legale rappresentante di rimettere la querela semplicemente non comparendo all'udienza per la quale sia stato citato come testimone; in assenza di una tale previsione statutaria residuerebbe sempre il dubbio circa la riferibilità del comportamento costituente remissione tacita all'ente-persona offesa, piuttosto che al teste persona fisica non comparso. Cass. Pena. 29959/2024. Diversamente ad avviso di chi scrive è necessaria una specifica autorizzazione da parte dell'organo sociale deputato ad esprimere tale potere, quindi nel caso in cui la querela sia stata attivata a seguito di determina assembleare, sarà necessaria ancora un determina assembleare per “rimettere la querela” ove invece di tale potere sia stato investito il Consiglio di Amministrazione, sarà quest'ultimo ad autorizzare il legale rappresentante a rimettere la querela. Leggi il blog o contattaci per un Tuo caso Studio Legale Angelini Lucarelli
- Farmacie ed il controllo Regionale
Ci viene chiesto se é possibile chiedere alla Regione l’indicazione della zona di apertura di una farmacia. La Regione ha competenza sulla zona di una farmacia? La materia é regolata dalla legge del 2 aprile 1968, n. 475 secondo cui “Al fine di assicurare una maggiore accessibilità al servizio farmaceutico, il comune , sentiti l'azienda sanitaria e l'Ordine provinciale dei farmacisti competente per territorio, identifica le zone nelle quali collocare le nuove farmacie, al fine di assicurare un'equa distribuzione sul territorio, tenendo altresì conto dell'esigenza di garantire l'accessibilità del servizio farmaceutico anche a quei cittadini residenti in aree scarsamente abitate. Il numero di farmacie spettanti a ciascun comune è sottoposto a revisione entro il mese di dicembre di ogni anno pari, in base alle rilevazioni della popolazione residente nel comune, pubblicate dall'Istituto nazionale di statistica”. Ecco quindi che l’individuazione concreata delle zone di competenze per una farmacia e del relativo perimetro é materia riservata al Comune a cui la Regione richiede regolare attestazione circa la regolarità della legittimità delle ubicazioni degli esercizi farmaceutici. Da quanto sopra deriva non solo che la Regione non ha competenze in tema di ubicazioni territoriali (mappa comunale) ma non ha competenza nemmeno sulla verifica tecnica delle distanze (200 metri) che sono demandate quindi alla Polizia Locale. Ricordiamo tuttavia che le singole leggi regionali dettano iter procedurali e che sono di competenza della Giunta Regionale le funzioni di indirizzo e coordinamento nell'ambito della programmazione regionale , al fine di assicurare l'uniformita' degli interventi e delle prestazioni in materia di assistenza farmaceutica e di assistenza integrativa sul territorio regionale. Leggi pure: Farmacie quali sono le competenze del Comune Leggi il blog in diritto farmaceutico Inoltre, è stato precisato ( Cons. Stato, sez. III, 20 marzo 2017, n. 1250 ) che la zonizzazione del territorio assolve alla funzione di vincolare l'esercente a mantenere il suo esercizio all'interno del perimetro assegnato e non anche a dislocare le farmacie secondo la regola della corrispondenza esatta di una ogni 3.300 residenti nella zona di riferimento; la scelta del legislatore statale di attribuire ai comuni il compito di individuare le zone in cui collocare le farmacie risponde, quindi, all'esigenza di assicurare un ordinato assetto del territorio, corrispondente agli effettivi bisogni della collettività, tenendo conto di fattori diversi dal numero dei residenti, come l'individuazione delle maggiori necessità di fruizione del servizio che si avvertono nelle diverse zone del territorio, le correlate valutazioni di situazioni ambientali, topografiche e di viabilità, le distanze tra le diverse farmacie. Studio Legale Angelini Lucarelli Avv Aldo Lucarelli
- Assistenza preparazione Aste
Partecipare ad una asta immobiliare o mobiliare é utile sopratutto per chi cerca di ottenere un vantaggio economico da sfruttare per la propria abitazione o per una futura rivendita, l’ asta può essere un affare La partecipazione avviene su piattaforma digitali di facile consultazione ove é possibile rintracciare le caratteristiche del bene, le foto , le planimetrie , la perizia con la stima , l’avviso di vendita oltre che il cronologico delle aste già svolte con il susseguirsi del prezzo nel tempo ⏱️ Asta e documenti Ogni documento tra quelli citati ha una sua funzione ma di certo il più importante é l’avviso nel quale sono riportare tutte le modalità che il Tribunale ha stabilito, così come le modalità di versamento della cauzione. Aste e Piattaforme Telematiche La lettura dell’avviso non é sufficiente in quanto come già anticipato oggi le aste si svolgono in piattaforme telematiche presso le quali sarà necessario registrarsi prima di poter partecipare. Asta requisiti Prima di avviare la registrazione dotatevi di 1) indirizzo PEC, 2) firma digitale, 3) spid. Sono requisiti imprescindibili a meno che non vogliate utilizzare la modalità “presentatore per persona da nominare” in tal caso avrete bisogno di un avvocato che presenti la pratica oltre ad una procura notarile per conferire detto potere. Stante la laboriosità di tale seconda opzione é consigliabile rispondere in prima persona. Asta marca da bollo digitale La busta di partecipazione deve contenere il bollo digitale da 16 euro 💶 acquistabile mediante la piattaforma dedicata del Ministero previa indicazione del codice seriale che vi verrà rilasciato dalla piattaforma stessa al termine della compilazione del modello. Asta a tempo e gara al Rialzo L’asta offre la possibilità della gara tra gli offerenti nel caso in cui l’offerta non sia unica. Oggi il metodo più utilizzato é la gara asincrona nella quale gli offerenti possono effettuare rialzi programmati (la somma del rialzo é indicata nell’avviso) durante un lasso di tempo che solitamente é di 24/48 ore dal giorno di apertura della gara. Asta soggetti partecipanti All’asta potrà partecipare la persona fisica come la società o l’ente collettivo a cui interessa il bene. É tassativamente esclusa la partecipazione del vecchio proprietario debitore. Asta quali sono gli organi della procedura Alle attività di asta sovraintende il Tribunale , l’asta é organizzata dal delegato (notaio avvocato o commercialista) iscritto in un apposito albo, oltre ad un custode che (se nominato) custodisce il bene ed organizza le visite. Hai un quesito? Contattaci offriamo assistenza legale per Aste e Procedure esecutive L’asta deriva da un procedura sia essa esecutiva o fallimentare. Potrebbe essere necessario conoscere le vicende processuali della procedura in tal caso sarà necessario avvalersi di un legale. Studio Legale Angelini Lucarelli
- Concorso Ordinario Farmacisti e nuovo limite dei 10 anni
Nei primi bandi regionali si stanno verificando spinte innovative sul limite dei dieci anni, con la comparsa di "eccezioni" applicabili come nel caso delle Emilai Romagna per la derivazione "ereditaria" della sede, che in tal caso permetterebbe la partecipazione al concorso e quindi l'insussistenza del divieto dei dieci anni per quei farmacisti che abbiano si ceduto una quota di farmacia ma che tale quota o farmacia sia di derivazione successoria. In Applicazione dell'art. 12 comma 4 della L. 475/1968 circa il Requisito del mancato trasferimento della titolarità di farmacia nel decennio precedente il concorso - nel caso di cessione di quote sociali la Regione Emilia Romagna ha individuato delle “ esimenti ” in favore dei farmacisti che abbiamo ceduto quote di Srl di Farmacia a seguito di acquisito a titolo oneroso o di derivazione ereditaria/atti a titolo gratuito donazioni. Sono sufficienti tali esimenti in favore dei Farmacisti? Sembra di sì Ed infatti la delibera del luglio 2024 modifica, in autotutela, la delibera n. 1301/2024 relativa al concorso ordinario farmacie, chiarendo che devono essere esclusi dalla procedura concorsuale (solo) i farmacisti che nel decennio precedente abbiano: - trasferito, a titolo oneroso o a titolo gratuito o per conferimento dell’azienda in una società di persone o di capitali anche a socio unico, la titolarità individuale della propria farmacia ad altro titolare individuale o a società di persone o di capitali; - trasferito la propria quota della società, di persone o di capitali, costituita per la gestione associata di farmacia conseguita attraverso la partecipazione in forma associata insieme ad altri farmacisti in un concorso straordinario; mentre non può applicarsi tale preclusione decennale al farmacista che abbia ceduto quote di società titolare di farmacia acquisite a titolo oneroso, oppure quote ricevute, anche indirettamente, per successione o divisione ereditaria o patto di famiglia o donazione o altri atti di liberalità. Ma che in tali casi il concetto di “doppio vantaggio economico vietato dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato (6016/23) non risulta aggirato? Lo vedremo, nel frattempo per l’Emilia Romagna si tratterà di individuare attentamente la fonte della titolarità quindi se da concorso oppure da atto di acquisto o atto successorio al fine di valutare la preclusione decennale che sembra colpire senza esimenti i concorrenti del concorso straordinario. Un punto delicato che ci è stato sollevato è la parità di trattamento nelle altre Regioni Italiane. Questi principi sono validi al di fuori del territorio dell'Emilia Romagna? Cosa accadrebbe se una Regione ponesse una interpretazione differente del limite dei dieci anni offerto dall'Emilia Romagna, vi sarebbe disparità di trattametno? Sono domande a cui oggi non vi è risposta univoca, bisognerà attendere che le altre Regioni bandiscano i concorsi per comprendere se i concetti espressi in Emilia saranno sposati dalle altre Regioni e se la Giurisprudenza amministrativa, di cui parliamo appresso, collimi con tali dettati. Di certo possiamo dire che in caso di conflitto di interpretazione varrà sempre quello secondo stretto senso della legge nazionale applicato dai Tribunali Amministrativi. E la rinuncia della farmacia per la nuova sede? É sempre possibile rinunciare alla sede di cui si é titolari al fine di poter ottenere una nuova sede a concorso ma attenzione alla associazione dei farmacisti. Nel citato provvedimento è inoltre evidenziato che nel caso di co-titolarità o titolarità di quota di società, di persone o di capitali, costituita per la gestione associata di farmacia conseguita attraverso la partecipazione in forma associata in un concorso straordinario, è possibile la rinuncia, con conseguente possibilità di assegnazione di nuova sede farmaceutica a seguito di concorso, a condizione che tale rinuncia sia da parte di tutti i co-titolari o soci, in modo che la farmacia (rinunciata) ritorni nella disponibilità pubblica e possa nuovamente essere assegnata per concorso. Hai un caso specifico? Contattaci Trattasi di autorizzazione unica pro indiviso la cui sorte é legata e comune a tutti i candidati che abbiano avuto il privilegio della partecipazione al concorso straordinario con la sommatoria aritmetica dei titoli posseduti, la sorte comune, già individuata nel bando del concorso straordinario con il vincolo di gestione paritetica per tre anni segue anche nel campo del concorso ordinario ove per poter partecipare il candidato già parte di una associazione dovrà rinunciare alla sede UNITAMENTE a tutti i propri colleghi in modo che la sede torni disponibile per un prossimo concorso. In sintesi ove il candidato sia socio di società di persone, la rinuncia (probabilmente non conveniente a livello economico) dovrebbe intervenire dalla società nel suo complesso non essendo ammissibile, secondo una cessione di quota nemmeno dopo una trasformazione per poter ottenere una nuova sede da concorso farmacie. Ci sentiamo quindi di concludere (salvo sviluppi ed opinioni differenti) che l'autorizzazione della Farmacia è unica sia per il titolare individuale che per la società questo il senso dell'Adunanza Plenaria CdS 1/2020 secondo cui “ i farmacisti che concorrono per la gestione associata ottengono personalmente e pro indiviso la titolarità della sede farmaceutica messa a concorso, salvo poi essere autorizzati alla gestione della stessa anche in forma collettiva.” Leggi il blog Seguici sui social Concorso Ordinario Farmacisti e nuovo limiti dei 10 anni: Difficile immaginare una rinuncia collettiva da parte di tutti gli associati per consentire ad un singolo farmacista l’ottenimento di una nuova sede da concorso ordinario, più che altro sembra proprio una interpretazione (parere personale) volta ad evitare che chi abbia già ottenuto una sede da concorso straordinario in associazione si avvalga di un nuovo concorso per ottenere una nuova farmacia. Ti può anche interessare: "Farmacia la revisione delle sedi in pendenza di concorso" Caso risolto? A nostro avviso non direi, manca ad avviso di chi scrive e senza critica alcuna, la verifica dei Tribunali Amministrativi sulla legittimità di una delibera regionale, la 1584 che interpreta la legge nazionale dando un contenuto che la stessa legge oggi non prescrive pedissequamente, quindi si tratta di una interpretazione non autentica da parte di un ente Regionale su normativa nazionale e per tale motivo permangono dubbi che in futuro saranno sicuramente risolti. I dubbi derivano dalle recenti interpretazioni rese dalla Giurisprudenza amministrativa nel caso citati in questo nostro precedente articolo leggi qui. Permettere la partecipazione al concorso da parte del farmacista che abbia acquistato e rivenduto la sede o abbia ceduto la sede a seguito di successione ereditaria SEMBRA sostanzialmente la stessa fattispecie preclusa per i casi di divieto di doppio vantaggio sanciti sin qui dalla giurisprudenza amministrativa. Sul punto leggi Farmacia e cessione Apparirebbe più coerente limitare il divieto alla cessione di quote minoritarie di Srl che non investano la titolarità della farmacia a prescindere dell’origine della stessa, secondo quando lascia intendere il CdS nella sentenza n. 2763/2022 ha precisato che la cessione di quote minoritarie di srl comunque non integra cessione della farmacia, con tutto ciò che ne consegue, ed infatti si legge “ulteriormente, nella fattispecie in esame non si verte nel caso della cessione della titolarità da parte di società titolare dell’autorizzazione, ma della cessione di quote minoritarie, rimanendo inalterata la titolarità della farmacia. Leggi pure "Farmacie e Comune quando l'Ente Comunale può fare marcia indietro" Concorso Ordinario Farmacisti e nuovo limiti dei 10 anni: Le quote di farmacia e le posizioni sociali quindi andranno distinte oltre che per natura, ovvero se di società di persone o di capitali, anche di derivazione come nel caso delineato innovativamente dalla Regione Emilia Romagna con la delibera in commento del luglio 2024, quindi se derivano da una precedente trasformazione di società di persone (fattispecie vietata secondo il CdS 6016/23), ed oggi all'alba dei nuovi orientamenti per i concorsi ordinari regionali bisognerà valutare se le cessioni di quote di SRL (pure non trasformate) siano probabilmente svincolate dall'art. 12 della legge 475/1968 come lascia presagire la giurisprudenza citata (TAR Napoli 1341/23 e CdS 2763/22) oppure torneranno anch'esse vietate perché abbiano “aggirato” la legge con negozi elusivi della legge, il tutto sempre secondo e nei limiti dell'opinione personale di chi scrive. Attendiamo evoluzioni giuridiche e giurisprudenziali che facciano chiarezza su tali apparenti e personali discrasie. Concorso Ordinario Farmacisti e nuovo limiti dei 10 anni Prima di chiudere alcuni chiarimenti, mentre il Tar Napoli 1341 2023 e il CdS 6016 2023 hanno censurato la vendita di quote societarie di società di capitali ai fini concorsuali in quanto derivanti ad precedente trasformazione di società di persone , il Consiglio di Stato n. 2763/2022 ha precisato che la cessione di quote minoritarie di srl comunque non integra cessione della farmacia, con tutto ciò che ne consegue, ed infatti si legge “ulteriormente, nella fattispecie in esame non si verte nel caso della cessione della titolarità da parte di società titolare dell’autorizzazione, ma della cessione di quote minoritarie, rimanendo inalterata la titolarità della farmacia. Ne consegue che l’ipotesi concreta si pone ben lontana da quella che il legislatore del 1968 ha voluto prevenire: ossia evitare che il farmacista, il quale abbia ceduto la propria farmacia, si appropri attraverso l’assegnazione concorsuale di un nuovo esercizio farmaceutico, ottenendo un doppio vantaggio economicamente valutabile”. La medesima ratio ricorre anche laddove la cessione sia stata effettuata da una società di persone dovendo ritenersi che anche il quel caso il socio abbia acquisito i relativi vantaggi (come precisato dalla Sezione, nella sentenza n. 229/2020), ma è quanto meno dubbio possa altresì rinvenirsi in una semplice cessione di quote di una società di capitale, dotata di personalità giuridica e di autonomia patrimoniale “perfetta”, elemento già emerso in sede ministeriale nella nota del 27.01.2014. Concorso Ordinario Farmacisti e nuovo limiti dei 10 anni: Si legge nel TAR Campano: “Ne consegue allora che, per tale ipotesi, in caso di cessione di quote societarie, non possa ragionevolmente applicarsi la preclusione decennale di cui all’art. 12, comma 4, della legge n. 475/1968, invocata dalla parte ricorrente - fattispecie che, come visto, si attaglia unicamente al caso in cui la singola persona fisica in qualità di titolare cede e trasferisce la titolarità (titolo e azienda) ad un soggetto terzo.” Leggi i casi svolti e trovali nel motore di ricerca Le quote di farmacia e le posizioni sociali quindi andranno distinte oltre che per natura, ovvero se di società di persone o di capitali, anche di derivazione come nel caso delineato innovativamente dalla Regione Emilia Romagna con la delibera in commento del luglio 2024, quindi se derivano da una precedente trasformazione di società di persone (fattispecie vietata secondo il CdS 6016/23), ed oggi all'alba dei nuovi orientamenti per i concorsi ordinari regionali bisognerà valutare se le cessioni di quote di SRL (pure non trasformate) siano probabilmente svincolate dall'art. 12 della legge 475/1968 come lascia presagire la giurisprudenza citata (TAR Napoli 1341/23 e CdS 2763/22) oppure torneranno anch'esse vietate perché abbiano “aggirato” la legge con negozi elusivi della legge, il tutto sempre secondo e nei limiti dell'opinione personale di chi scrive. Studio Legale Angelini Lucarelli Diritto Farmaceutico Avv. Aldo Lucarelli
- Il trasferimento della Farmacia atto discrezionale del titolare
In tema di trasferimento della propria farmacia vale il principio secondo cui il farmacista è sostanzialmente libero di spostare la propria sede all’interno della zona di pertinenza ed i titolari delle zone contigue non hanno tutela salva la distanza minima obbligatoria del rispetto dei 200 metri ” (Cons. Stato, Sezione III, 6.8.2018 n. 4832). Tutt’al più, oggetto di verifica ai fini dell’autorizzazione del trasferimento è che il luogo ove la farmacia viene trasferita soddisfi le esigenze degli abitanti della zona (cfr. C.d.S., Sez. III, 19.6.2018 n. 3744). Ma se il Comune nega l'autorizzazione? La giurisprudenza ha affermato l’obbligo di comunicare le ragioni ostative all’accoglimento delle istanze, secondo la regola sancita dall’art. 10 bis della L. 241/1990, nei procedimenti ad avvio di parte, tra cui rientra anche la richiesta di autorizzazione al trasferimento dei locali della farmacia (Consiglio di Stato sez. III, 14/09/2021, n.6288). Da qui l'importanza della comunicazione del preavviso di rigetto, elemento fondamentale per procedere al dialogo con l'amministrazione comunale. Ti può anche interessare: "Il trasferimento del dispensario farmaceutico" Quindi il trasferimento di sede farmaceutica costituisce il risultato di un procedimento amministrativo caratterizzato da profili di ridotta discrezionalità amministrativa , la quale deve esprimersi in ordine alla sussistenza di particolari condizioni oggettive e dimostrate che ostacolino la fruizione del servizio da parte della popolazione interessata e con particolare riferimento all'idoneità dei locali e al limite delle distanze. Il trasferimento della Farmacia In materia vige, in linea tendenziale, il principio della libera scelta del farmacista in ordine all'ubicazione del proprio esercizio all’interno della sede di pertinenza, qualificandosi l'autorizzazione al trasferimento come provvedimento rivolto alla rimozione di un limite imposto dalla legge all'esercizio di un diritto. Leggi pure: "Il trasferimento della farmacia in altro comune?" Pertanto, la discrezionalità amministrativa non si estende ad alcun apprezzamento delle ragioni sottese alla scelta imprenditoriale, limitandosi solamente a verificare l'inesistenza di cause ostative al servizio in favore dell’utenza (cfr. ex multis , Consiglio di Stato, sentenze n. 5993/2011, n. 3210/2012, n. 5480/2014). Ti puo' anche interessare: \ "Il trasferimento della farmacia rurale" Una volta individuate le sedi farmaceutiche (gran parte delle amministrazioni hanno provveduto a farlo in occasione del concorso straordinario) la valutazione comparativa dell’interesse pubblico a soddisfare le esigenze degli abitanti della zona non può ignorare l’interesse privato di natura imprenditoriale , alla stregua dei principi costituzionali di libertà d'iniziativa economica e di concorrenza. Segui la pagina sui social con articoli quotidiani sul mondo della farmacia L'eventuale diniego si giustifica, dunque, solo in situazioni particolari, ad esempio quando la collocazione prescelta, nell'ambito di una zona territorialmente molto vasta, risulta mal accessibile alla maggior parte dell'utenza della zona stessa (Consiglio di Stato sez. III, 19/06/2018, n.3744) La stessa individuazione delle sedi rappresenta una forma di idoneo soddisfacimento dell’interesse pubblico alla capillare distribuzione del servizio nel territorio, salvo particolari esigenze legate alla conformazione del territorio e alla situazione demografica che vanno espressamente motivate. Il Comune quindi manterrà un ruolo di regolatore della pianta ma la propria discrezionalità dovrà essere bilanciata con l'interesse imprenditoriale del Titolare di Farmacia. Leggi i casi pratici svolti nel blog dedicato al mondo della farmacia Non trovi il tuo caso? Contattaci Studio Legale Angelini Lucarelli Diritto Farmaceutico Avv. Aldo Lucarelli In tema di trasferimento della propria farmacia vale il principio secondo cui il farmacista è sostanzialmente libero di spostare la propria sede all’interno della zona di pertinenza ed i titolari delle zone contigue non hanno tutela salva la distanza minima obbligatoria del rispetto dei 200 metri ” (Cons. Stato, Sezione III, 6.8.2018 n. 4832).