Analizziamo un caso di appello nel quale è stata avanzata impugnazione in relazione all'istanza di condono (terzo tipo) in presenza di un vincolo paesaggistico.
Possiamo anticipare la risposta a cui è pervenuto il Consiglio di Stato, ovvero non è possibile il condono in presenza di qualunque vincolo.
Ma quale è la funzione dell'appello amministrativo in simili casi?
La funzione devolutiva dell'appello amministrativo
Per pacifica giurisprudenza, gli eventuali vizi della motivazione della sentenza restano assorbiti dall’effetto devolutivo dell’appello, che consente al giudice di secondo grado di correggere e integrare eventuali deficit motivazionali od omissioni della pronuncia gravata (ex plurimis, Cons. Stato, Sez. VI, 3/11/2022, n. 9656; 23/11/2021, n. 7840; 3/11/2021, n. 7345).
Ecco quindi che l'appello in sé e per sé quale mezzo di gravame risulta il mezzo idoneo per
correggere e integrare eventuali deficit motivazionali od omissioni
Ma in relazione al condono è necessario analizzare la funzione del vincolo paesaggistico.
Orbene, nei gravati provvedimenti di diniego, si individua, come condizione ostativa a un positivo esito delle domande di sanatoria, la soggezione dell’area a vincolo ambientale ai sensi del D. Lgs. n. 42/2004 “parte terza titolo I”.
Il vincolo quindi al di là dei poteri devolutivi dell'appello, non consente l'accoglimento dell'istanza di condono e cio' a prescindere da discordanze circa elementi probatori come il certificato di destinazione urbanistica.
Ed infatti nella comunicazione di avvio del procedimento, è specificato che il vincolo ambientale che impedisce la sanatoria è quello previsto dall’art. 142 del citato D. Lgs n. 42/2004, il quale individua svariate categorie di beni, caratterizzati, tutti, dall’essere sottoposti a tutela ex lege.
Inoltre, come si ricava dagli artt. 32, comma 26, del D.L. n. 269/2003 e 4, comma 1, della L.R. n. 5/2004, la disciplina del
c. d. terzo condono edilizio non ammette la possibilità di sanare opere che abbiano comportato la realizzazione di nuova volumetria in aree sottoposte a vincolo paesaggistico, sia esso di natura relativa o assoluta
Sul punto si registra una costante giurisprudenza, da ultimo Cons. Stato, Sez. VI, 29/7/2022, n. 6684.
Ecco quindinche alla luce di ciò, non è rilevante stabilire a quale delle diverse categorie di beni individuate nel citato art. 142 l’amministrazione abbia inteso riferirsi, nel ravvisare l’esistenza di un vincolo sull’area d’intervento, atteso che, in ogni caso, la sanatoria non sarebbe stata ammissibile.
Non sussiste, quindi il vizio di contraddittorietà, in relazione al certificato di destinazione urbanistica anche ove lo stesso neghi la presenza di vincoli
Infatti tale vizio, che costituisce figura sintomatica di eccesso di potere, non è, infatti, configurabile in relazione ad atti di natura vincolata, come nella specie sono gli impugnati dinieghi di condono edilizio (Cons. Stato, Sez. II, 1/7/2020, n. 4184).
A prescindere da ciò,
il certificato di destinazione urbanistica ha carattere meramente dichiarativo
della regolamentazione cui è soggetta una determinata area e il ché non consente di ipotizzare la sussistenza dell’invocato vizio di contraddittorietà, il quale può ricorrere unicamente, fra atti di natura provvedimentale (fra le tante, Cons. Stato, Sez. IV, 8/2/2016, n. 476; 26/8/2014, n. 4306; 4/2/2014, n. 505).
Avv Aldo Lucarelli
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