La società in house - è ben noto - rappresenta un istituto ibrido (non a caso è stata definita frutto di diritto pretorio della CGUE), il quale si colloca formalmente entro la specie disegnata dal codice civile ma parimenti, in particolare per giustificarne l'esonero dalla sottoposizione ai bandi di gara con evidente ripercussione sul principio unionale della concorrenza (principio intensamente forte, tanto che potrebbe definirsi "insistente"),
se ne distanzia costruendo la propria struttura di eccezione soprattutto mediante la caratteristica/requisito su cui si impernia - tra le tre connotazioni che devono in essa coesistere - il nucleo della discussione svoltasi in questa causa, cioè l'assoggettamento al controllo analogo dell'ente pubblico cui si rapporta
(o degli enti pubblici, come nel caso in esame) così da assumere una concretezza funzionale insita, "interna" all'ente pubblico, costituendone una effettiva propaggine nonostante il rivestimento privatistico.
Il "controllo analogo" così emerso viene confermato (richiamando la Teckal) dalla Corte di Lussemburgo con la sentenza 11 gennaio 2005, C-26/2003, Stadt Halle, per cui non sussiste l'obbligo di gara competitiva qualora "l'autorità pubblica, che sia n'amministrazione aggiudicatrice, eserciti sull'entità distinta in questione un controllo analogo a quello che essa esercita sui propri servizi e tale entità realizzi la parte più importante della propria attività con l'autorità o le autorità pubbliche che la controllano".
Ulteriore presidio della natura in house viene altresì identificato nella cristallizzazione dell'oggetto sociale come manifestazione del rapporto fondamentale tra l'entità in house e gli enti pubblici, opponendosi a tale natura anche solo un'astratta possibilità di attivarsi in altri settori per elasticità dell'oggetto sociale nell'ambito di un'assoluta autonomia.
Società in house "La società in house, come in qualche modo già la sua stessa denominazione denuncia, non pare ... in grado di collocarsi come un'entità posta al di fuori dell'ente pubblico, il quale ne dispone come di una propria articolazione interna. È stato osservato, infatti, che essa non è altro che una longa manus della pubblica amministrazione, al punto che l'affidamento pubblico mediante in house contract neppure consente veramente di configurare un rapporto contrattuale intersoggettivo (Corte cost. n. 46/13...); di talché <<l'ente in house non può ritenersi terzo rispetto all'amministrazione controllante ma deve considerarsi come uno dei servizi propri dell'amministrazione stessa>> (così Cons. Stato, Ad. plen., n.1/08...). Il velo che normalmente nasconde il socio dietro la società è dunque squarciato: la distinzione tra socio (pubblico) e società (in house) non si realizza più in termini di alterità soggettiva.
L'uso del vocabolo società qui serve solo allora a significare che, ove manchino più specifiche disposizioni di segno contrario, il paradigma organizzativo va desunto dal modello societario; ma di una società di capitali, intesa come persona giuridica autonoma cui corrisponda un autonomo centro decisionale e di cui sia possibile individuare un interesse suo proprio, non è più possibile
parlare." E da questo, alla fine dell'analisi, S.U. 26283/2013 deduce la ricorrenza del danno erariale.
È il caso, in particolare, di S.U. ord. 12 dicembre 2019 n. 32608, che, nella motivazione, descrive e, per così dire, accetta sine metu l'evoluzione, deformalizzante in quanto teleologica, che ha colpito il danno erariale in questi anni, riconoscendo che:
"si esercita attività amministrativa non solo quando si svolgono pubbliche funzioni e poteri autoritativi, ma anche quando, nei limiti consentiti dall'ordinamento, si perseguono le finalità proprie dell'amministrazione pubblica mediante un'attività disciplinata in tutto o in parte dal diritto privato; con la conseguenza che il dato essenziale che radica la giurisdizione della Corte dei conti è rappresentato dall'evento dannoso verificatosi a carico di una pubblica amministrazione e non più dal quadro di riferimento - pubblico o privato - nel quale si colloca la condotta produttiva del danno"; e dunque "la responsabilità amministrativa per danno erariale postula una relazione funzionale tra il presunto autore dell'illecito e l'amministrazione pubblica:
relazione che non implica necessariamente un rapporto di impiego in senso proprio, essendo sufficiente un rapporto di servizio nella sua accezione, appunto, di relazione funzionale che rende l'autore del danno compartecipe dell'operato dell'amministrazione o dell'ente". Tale rapporto di servizio sussiste nel caso in cui "un ente privato esterno all'amministrazione venga incaricato di svolgere, nell'interesse e con le risorse di quest'ultima, un'attività o un servizio pubblico in sua vece, inserendosi in tal modo nell'apparato organizzativo della P.A., mentre è irrilevante il titolo in base al quale la gestione è svolta, che può consistere in un rapporto di pubblico impiego o di servizio, in una concessione amministrativa, in un contratto e perfino mancare del tutto, potendo il relativo rapporto modellarsi secondo gli schemi generali previsti e disciplinati dalla legge, ovvero discostarsene in tutto o in parte".
Cass. ord. 32608/2019, in seguito, ribadisce che la partecipazione pubblica è il presupposto del controllo analogo, ma osserva poi che "nel corso degli ultimi anni, la nozione di pubblica amministrazione si è progressivamente frantumata e relativizzata ... l'ingresso di nuovi soggetti, l'ampliamento delle funzioni svolte dagli apparati amministrativi e, soprattutto, il carattere flessibile della nozione di ente pubblico hanno mutato l'assetto tradizionale: se prima la pubblica amministrazione evocava l'immagine di un pianeta con i suoi satelliti (l'amministrazione statale, in posizione di centralità, con gli altri enti pubblici che le gravitavano intorno), oggi essa ha invece assunto le sembianze di una costellazione multilivello e policentrica.
Questa trasformazione, dalla pubblica amministrazione alle pubbliche amministrazioni, è rispecchiata nell'evoluzione legislativa e giurisprudenziale: con il legislatore che via via sottopone, con espresse disposizioni, soggetti formalmente privati a regole pubblicistiche, e con il formante giurisprudenziale pronto a riconoscere, dando rilievo a dati sostanziali e funzionali, natura pubblicistica a soggetti formalmente privati, al fine di assoggettarli in tutto o in parte ad un regime di diritto amministrativo".
Ed ecco quindi il principio di diritto
In tema di azione di responsabilità promossa nei confronti degli organi di gestione e di controllo di società di capitali partecipate da enti pubblici, sussiste la giurisdizione della Corte dei conti nel caso in cui tali società abbiano, al momento delle condotte ritenute illecite, tutti i requisiti per essere definite "in house providing", che possono risultare dalle disposizioni statutarie in vigore all'epoca dei fatti, ma anche derivare dall'esterno ove la sussistenza di un controllo analogo, che diverso da quello gerarchico è posto in essere da un soggetto distinto da quello controllato, sia ricavabile da normative che consentono all'ente pubblico partecipante di dettare le linee strategiche e le scelte operative, con il presidio a monte di un adeguato flusso di informazioni tale da incidere sulla complessiva "governance" della società "in house", preservando le finalità pubbliche che comunque la permeano e costituiscono la stella polare del controllo, quale elemento dinamico che connette concretamente la stessa società con il pubblico ente. (Cassazione Sez. Un. Civili, 28 Giugno 2022)
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