Questo in sintesi, il pensiero della Cassazione nella sentenza del 13 Ottobre 2021.
L'esigenza di tutela della libertà e segretezza dei messaggi scambiati
in una chat privata, in quanto diretti unicamente agli iscritti ad un determinato
gruppo e non ad una moltitudine indistinta di persone, pertanto da considerare
come la corrispondenza privata, chiusa e inviolabile non sussiste ove il commento offensivo nei confronti della società datrice di lavoro sia diffuso su Facebook e quindi ad un gruppo indeterminato di persone.
Il mezzo utilizzato è, infatti, idoneo a determinare la circolazione del
messaggio tra un gruppo indeterminato di persone tale condotta integrare gli estremi della diffamazione e costituire giusta causa di recesso del datore e quindi licenziamento, siccome idonea a ledere il vincolo fiduciario nel rapporto lavorativo.
Inoltre l'offesa è ritenuta "insubordinazione" in senso ampio e ciò in quanto nell'ambito del rapporto di lavoro subordinato l'insubordinazione non può essere limitata al rifiuto del lavoratore di adempiere alle disposizioni dei superiori ma implica necessariamente
anche qualsiasi altro comportamento atto a pregiudicare l'esecuzione ed il
corretto svolgimento di dette disposizioni nel quadro della organizzazione
aziendale.
In particolare, la nozione di insubordinazione non può essere limitata al rifiuto di adempiere alle disposizioni impartite dai superiori, ma si estende a qualsiasi altro
comportamento atto a pregiudicarne l'esecuzione nel quadro dell'organizzazione
aziendale sicché, la critica rivolta ai superiori con modalità esorbitanti dall'obbligo di
correttezza formale dei toni e dei contenuti, oltre a contravvenire alle esigenze di
tutela della persona umana riconosciute dall'art. 2 Cost., può essere di per sé
suscettibile di arrecare pregiudizio all'organizzazione aziendale, dal momento che
l'efficienza di quest'ultima riposa sull'autorevolezza di cui godono i suoi dirigenti
e quadri intermedi ed essa risente un indubbio pregiudizio allorché il lavoratore,
con toni ingiuriosi, attribuisca loro qualità manifestamente disonorevoli.
E' anche se detta condotta si sia materializzata fuori dall'orario di lavoro, ad esempio nella pausa caffè!
Tale insubordinazione configura già in sé e per sé il nocumento giustificativo del licenziamento.
Cass. Civile n. 27939/2021.
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