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incompatibilità nella professione di agente immobiliare

Ci occupiamo di un caso specifico relativo alla presunta incompatibilità tra la professione di agente immobiliare e quella di amministratore di condominio


l'incompatibilità tra la professione di agente immobiliare e quella di amministratore di condominio

Il Consiglio di Stato (n.1925/2025) chiamato a risolvere una delicata questione circa la presunta incompatibilità nel concreto tra l'attività di mediatore e quella di amministratore di condominio ha evidenziato, che quando un agente immobiliare svolge contemporaneamente l’attività di amministratore di condominio può nascere il rischio che le unità immobiliari amministrate siano indebitamente “favorite” rispetto alla platea di quelle disponibili, con la conseguenza che l’imparzialità propria del mediatore venga meno. In sostanza un professionista che gestisce numerosi condomini potrebbe essere indotto ad orientare i potenziali acquirenti verso i locali inseriti negli immobili da lui gestiti, trascurando, di conseguenza, altre opportunità abitative ugualmente interessanti.



incompatibilità nella professione di agente immobiliare
incompatibilità nella professione di agente immobiliare

Per altro verso, dal punto di vista del consumatore, forse sarebbe più efficace, ed economicamente vantaggioso, avere un’unica figura professionale che segue l’acquirente sia nel momento dell’acquisto, che nella successiva fase di gestione dell’immobile, visto che, in fatto, i sistemi per aggirare le incompatibilità possono essere molteplici (rapporti di parentela, ecc.), con il risultato del raddoppio delle figure professioni e quindi dei costi a carico dell’utente finale.


La sesta sezione del Consiglio di Stato ha altresì rilevato che la nuova disciplina contenuta nell’art. 5, comma 3, della L. 39/1989 garantisce (proprio nell’ottica della proporzionalità) la tutela del consumatore attraverso la previsione di una clausola che eviti ogni conflitto attuale di interessi tra il mediatore e l’oggetto della mediazione stessa.


L’incompatibilità diviene infatti relativa e vieta di essere al contempo mediatore (che per definizione del codice civile è soggetto equidistante tra le parti) e parte (in senso sostanziale, in quanto produttore o commerciante di beni o servizi oggetto dell'attività di mediazione o in senso formale, in quanto agente o rappresentante dei detti beni). In ogni caso l’incompatibilità è limitata alle attività imprenditoriali e non più, come nella norma oggetto di procedura di infrazione, comunque svolta anche a titolo professionale e addirittura di lavoro dipendente.


La sesta sezione ha altresì precisato che “il Collegio, nel mentre esclude la ricorrenza dei presupposti per procedere alla diretta disapplicazione della normativa nazionale contestata, in quanto le ragioni dell’eventuale contrasto con il diritto dell’Unione non sono né immediate né sufficientemente chiare, precise ed incondizionate, ravvisa la sussistenza di una questione interpretativa relativa all’esatto ambito interpretativo da riconoscere ad atti normativi dell’Unione e, conseguentemente, alla compatibilità con essi di un provvedimento legislativo nazionale”.


Alla luce delle considerazioni svolte la Sezione ha sollevato questione di pregiudizialità, invitando la Corte di Giustizia dell’Unione europea, ai sensi dell’art. 267 TFUE, a pronunciarsi sui seguenti quesiti:


A) Se l’art. 5, comma 3, della L. 39/1989, come riformulato a seguito della procedura di infrazione n. 2018/2175, deve intendersi oggi pienamente conforme al diritto comunitario specie in ragione dell’avvenuta archiviazione della procedura di infrazione che ha interessato tale questione.


B) Se i principi e gli scopi dell’articolo 59, paragrafo 3, della Direttiva 2005/36/CE (come modificata dalla Direttiva 2013/55/CE), nonché dell’articolo 25, paragrafo 1, della direttiva 2006/123/CE e più in generale dell'articolo 49 T.F.U.E. ostano ad una normativa come quella italiana di cui all’art. 5, comma 3, della L. 39/1989 che sancisce in via preventiva e generale l’incompatibilità tra l’attività di mediazione immobiliare e quella di amministratore di condomini sul presupposto del mero esercizio congiunto delle due attività e senza, quindi, la necessità per le Camere di Commercio di svolgere alcuna verifica a posteriori riferita in concreto all’oggetto delle mediazioni svolte e senza che ciò risulti motivato da un “motivo imperativo di interesse generale” specificatamente individuato e comprovato o comunque senza la dimostrazione della proporzionalità della prevista incompatibilità generale rispetto allo scopo perseguito.


C) Se l’agente immobiliare può comunque svolgere anche l’attività di amministratore di condominio salvo il caso in cui non cerchi di vendere/acquistare, il fabbricato che amministra, visto che in questo caso si paleserebbe un conflitto di interessi.



Con la sentenza del 4.10.2024, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha statuito che:


1) L’articolo 258 TFUE deve essere interpretato nel senso che: l’archiviazione, da parte della Commissione europea, di una procedura d’infrazione contro uno Stato membro non comporta la conformità al diritto dell’Unione della normativa nazionale che era stata oggetto di tale procedura.


2) L’articolo 25, paragrafo 1, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, deve essere interpretato nel senso che: esso osta a una normativa nazionale che prevede, in via generale, un’incompatibilità tra l’attività di mediazione immobiliare e quella di amministratore di condomini, esercitate congiuntamente.




Alla luce di tale pronuncia, il Consiglio di Stato ritiene di concludere che la Corte di Giustizia ha sancito che un’incompatibilità stabilita a priori dell’esercizio congiunto delle attività di amministratore di condomini ed agente immobiliare è contraria ai principi ed al diritto dell’Unione europea; ne discende l’illegittimità dei provvedimenti che sanciscano aprioristicamente l'incompatibilità tenuto anche conto del fatto che, per quel che consta, che è necessario valutare nel caso pratico se il soggetto intermedi gli immobili che, contemporaneamente, gestisce, sicché non sussiste alcuna ragione per vietare a priori l’esercizio contestuale delle due attività.



Avv. Aldo Lucarelli

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gli articoli del blog non costituiscono consulenza sono casi di scuola ad uso studio di carattere generale e non prescindono dalla necessità di un parere specifico su caso concreto.

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