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Immagine del redattoreAvv Aldo Lucarelli

L'impresa sanitaria nel sistema sanitario nazionale e la tutela del budget

E' ammissibile una la riduzione del budget regionale per una impresa operante in favore dell'amplimento delle imprese private da far entrare nel mercato?
La partecipazione del privato nell' sistema sanitario nazionale deve tutelare la concorrenzialità tra le imprese?
E' possibile contestare il budget regionale assumendo la violazione dei principi di libera concorrenza?

A tutta questa serie di quesiti aventi una unica matrice ovvero, il regime dell'impresa sanitaria privata nel sistema sanitario nazionale rispondiamo traendo spunti dalla recente giurisprudenza.



Secondo la nota sentenza CdS n. 207/2016 “gli operatori privati accreditati non sono semplici fornitori di servizi, in un ambito puramente contrattualistico, sorretto da principi di massimo profitto e di totale deresponsabilizzazione circa il governo del settore, ma sono soggetti di un complesso sistema pubblico-privato qualificato dal raggiungimento di fini di pubblico interesse di particolare rilevanza costituzionale, quale il diritto alla salute, su cui gravano obblighi di partecipazione e cooperazione nella definizione della stessa pianificazione e programmazione della spesa sanitaria (Cons. St., sez. III, 29 luglio 2011 n. 4529, 14 giugno 2011 n. 3611 e 13 aprile 2011 n. 2290; Corte Costituzionale 28 luglio 1995 n. 416)”.


Ne deriva che il privato che concorra, a determinate condizioni, oltre che allo svolgimento dell’attività d’impresa in regime privatistico, anche all’erogazione delle prestazioni del servizio pubblico, non versa certamente nella medesima condizione e posizione rispetto alle strutture pubbliche, tale da legittimare una rivendicazione all’equiparazione del regime del finanziamento del comparto» (Consiglio di Stato, III, 31 maggio 2021, n. 4168).


Quindi, «le riduzioni o meglio la razionalizzazione della spesa dell’ordinamento regionale non è vincolata al D.L. n. 95/2012, che fissa obiettivi minimi di contenimento, ma rientra nella potestà programmatorie delle regioni e, conseguentemente, anche la determinazione del quantum da destinare al finanziamento delle “funzioni non tariffabili” rientra senza dubbio nelle scelte della Regione, cui è affidato il governo della spesa sanitaria e l’organizzazione del relativo sistema, scelte ampiamente discrezionali, sindacabili solo per manifesta irragionevolezza» (Consiglio di Stato, III, 31 maggio 2021, n. 4168; anche 11 maggio 2021, n. 3719).


Del resto, come già evidenziato nella sentenza 13 gennaio 2021, n. 94,


nel sistema sanitario nazionale pur esistendo elementi di concorrenzialità nella gestione dei servizi sanitari, in tale ambito non vige un regime di puro di mercato.


L'impresa sanitaria nel sistema sanitario nazionale e la tutela del budget

L'impresa sanitaria nel sistema sanitario nazionale e la tutela del budget


Il sistema misto pubblico-privato costituisce, piuttosto, uno strumento correttivo correlato alla introduzione di meccanismi di gestione orientati all’efficienza ed alla programmazione delle procedure di erogazione delle prestazioni, sebbene persistano stringenti ragioni di ordine economico che giustificano la sottrazione dei servizi sanitari alle forze del libero mercato, «venendo in questione tipologie di “beni” che per le loro particolari caratteristiche non consentono un’allocazione efficiente delle risorse disponibili nell’ambito di un contesto economico di tipo concorrenziale, ma generano, piuttosto, rilevanti casi di “fallimento del mercato”» (così, T.A.R. Lombardia, Milano, III, 16 giugno 2010, n. 1891)


La qualificazione, in termini economici o meno, dell’attività esercitata dalle strutture pubbliche erogatrici di servizi sanitari delinea un carattere non imprenditoriale dell’attività in questione.


Le strutture pubbliche del SSN non costituiscono imprese o associazioni di imprese

dal momento che:


- svolgono una funzione di carattere esclusivamente sociale, basata sul principio della solidarietà, sprovvista di ogni scopo di lucro, dove le prestazioni sono previste dalla legge ed erogate gratuitamente indipendentemente dalla loro remuneratività, assicurando la copertura universale dei cittadini il cui benessere è in linea con gli obiettivi posti dagli articoli 2 e 3 Cost.;


- il finanziamento proveniente dalla fiscalità generale consente la redistribuzione del reddito da soggetti economicamente più abbienti ad altri che, in mancanza di questo meccanismo ed in ragione dei loro mezzi e condizioni di salute, sarebbero privati della necessaria tutela;


- la disciplina legale regolamenta gli aspetti qualitativi e quantitativi delle prestazioni da erogare;


- l’attività dei gestori è, pertanto, sottoposta ad un pieno e pervasivo controllo statale senza che essi abbiano alcuna possibilità di influire sull'impiego dei fondi pubblici e sulla determinazione dell’entità delle prestazioni;


- la funzione esclusivamente sociale svolta è assolutamente prevalente rispetto alle ragioni che militerebbero a favore di una gestione economica dell'attività in questione e ciò fa sì che le strutture pubbliche non sono in effettiva concorrenza né tra loro né con gli istituti privati per quanto riguarda l’erogazione delle prestazioni legali ed obbligatorie di tipo medico;


- gli elementi proconcorrenziali introdotti dal legislatore vanno collocati all’interno delle politiche di contenimento della spesa e di implementazione dell’efficienza e non sono in grado di trasfigurare un regime ancora fortemente permeato da elementi solidaristici e redistributivi.


Dagli elementi riportata ne discende la piena legittimità della regione in ordine alla decurtazione del budget per favorire l’ingresso di nuovi operatori privati, come statuito con la sentenza del Consiglio di Stato, III, 16 settembre 2013, n. 4574.


Diritto Sanitario

Avv. Aldo Lucarelli

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