a cura dell'Aldo Lucarelli
L’istituzione del dispensario attiene all’assetto pianificatorio dei presidi operanti in ambito comunale e impegnati, a diverso titolo, nella distribuzione dei farmaci.
Sul piano normativo, vale ricordare che, per quanto qui rileva, laddove in un Comune con popolazione non superiore a 5.000 abitanti non risulti aperta “la farmacia privata o pubblica prevista dalla pianta organica, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano istituiscono dispensari farmaceutici” (art. 1, comma 2 L. n. 221/1968).
Il seguente art. 1, comma 3 della L. n. 221/1968 prevede che “la gestione dei dispensari, disciplinata mediante provvedimento delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, è affidata alla responsabilità del titolare di una farmacia privata o pubblica della zona con preferenza per il titolare della farmacia più vicina. Nel caso di rinunzia il dispensario è gestito dal comune”
Ciò posto, se è vero – come meglio si chiarirà nel prosieguo – che per effetto della istituzione del dispensario non si determina alcuna automatica violazione dei principi del numero chiuso e della esclusiva territoriale delle singole sedi farmaceutiche, non può negarsi, per contro, un generale interesse dei titolari degli esercizi farmaceutici alla corretta applicazione delle regole che disciplinano l’apertura e la dislocazione, sul territorio comunale, di tutte le tipologie di strutture in vario modo impegnate nell’attività di distribuzione di prodotti farmaceutici.
Va tuttavia inserita nell'analisi la normativa Regionale, che qui a titolo esemplificativo trattiamo per la Regione Campania e la Regione Sardegna. L’art. 1 comma 54 della L.R. Campania n. 5/2013 – il quale «per garantire e migliorare il servizio farmaceutico territoriale nelle zone rurali e turistiche» consente che le amministrazioni locali rilascino «le necessarie autorizzazioni ai dispensari farmaceutici». nella medesima direzione, l’art. 5 della L.R. Sardegna n. 12/1984 dispone che “i dispensari farmaceutici di cui alla legge 8 marzo 1968, n. 221, sono istituiti dall’Assessorato regionale all’igiene e sanità. La relativa gestione è affidata ad un titolare o gestore provvisorio di farmacia della zona, con esclusione del farmacista gestore di altro dispensario farmaceutico”.
È sul punto dirimente la considerazione che il dispensario non può essere assimilato alla farmacia.
Si tratta, infatti, di un mero presidio sul territorio al servizio dei cittadini, che tuttavia non viene riconosciuto dalla costante interpretazione giurisprudenziale né come soggetto economico in grado di competere con le farmacie; né come struttura autonoma, essendo gestito, di norma, dalla sede farmaceutica più vicina, di cui è parte integrante.
Anche la sua istituzione risponde ad una logica del tutto diversa da quella delle farmacie, in quanto è finalizzata esclusivamente a rendere più agevole l’acquisto di farmaci di uso comune e di pronto soccorso in zone territoriali sprovviste di presidi farmaceutici, sopperendo alle esigenze primarie ed immediate della popolazione.
Ciò è infatti chiarito dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, che ha rilevato che l’affidamento della gestione del dispensario farmaceutico (non stagionale) non è l’esito di una procedura ad evidenza pubblica, dovendo essere esclusa l'applicazione del metodo concorsuale, essendo i principi di imparzialità e non discriminazione rispettati a monte, posto che il dispensario costituisce un servizio aggiuntivo, estensivo dell'attività di altra farmacia posta in prossimità, e quindi non assimilabile all'ordinario servizio farmaceutico, in quanto privo di circoscrizione e di autonomia tecnico-funzionale (Cons. Stato, Sez. III, 27 giugno 2018, n. 3958).
Come è stato altresì chiarito che l'istituzione del dispensario non segue le logiche del concorso, di cui all'art. 4 della legge 362/1991 né quelle del concorso straordinario del 2012, bensì attiene ad un iter vincolato per la regione volta a sopperire la carenza all'accesso al servizio farmaceutico.
Abbiamo già visto che il Dispensario Farmaceutico quindi sarà gestito dal Farmacista piu' vicino, nel senso atecnico del termine, quello che quindi rende piu' agevole l'esercizio dell'attività di farmacista il quale oltre all'attività per così dire ordinaria, si sobbarcherà anche l'onere straordinario della gestione del dispensario.
Ma cosa accade se arriva una farmacia di nuova istituzione?
La risposta impulsiva sarebbe quella di dover ritenere necessaria la chiusura del dispensario farmaceutico, così come abbiamo sottolineato in altri contributi. Esiste però ancora un margine di discrezionalità in capo alla Regione ove sussistano motivazioni sufficienti. Infatti
E’ quindi assodato, in giurisprudenza, che, nell’organizzazione generale del servizio farmaceutico, il dispensario costituisce un rimedio suppletivo rispetto a quello primario della farmacie, al quale pertanto non è assimilabile, tanto è vero che – diversamente da quest’ultimo – risulta privo di circoscrizione territoriale e di autonomia tecnico-funzionale (Cons. Stato, sez. III, n. 521/2015 e 749/2015).
Per quanto esposto, dalla segnalata divaricazione di caratteri strutturali e funzionali dei due servizi, consegue l’inconferenza di un’argomentazione che pretenda di attribuire all’istituzione dei dispensari una diretta capacità lesiva dei criteri del “numero chiuso” e del “diritto di esclusiva”, posti a presidio, quali principi fondamentali della legislazione statale in materia, delle prerogative del farmacista titolare di sede (cfr. Cons. Stato, sez. III, n. 2296/2011, n. 4170/2011 e n. 1714/2012).
Sin qui, dunque, gli argomenti di supporto ad una interpretazione “letterale” e “restrittiva” dell’art. 1 L. 221/1968. Si tratta, tuttavia, di una lettura non pienamente persuasiva, per le seguenti ragioni.
Una differente interpretazione non può mancare di considerare, innanzitutto, l’apporto introdotto dalla recente normativa di c.d. “liberalizzazione delle farmacie” (art. 11, del d.l. 1/2012) e l’intento di coniugare, con essa, due importanti finalità:
- da un lato, la razionalizzazione della rete distributiva dei farmaci, con l'aumento delle farmacie;
- dall’altro, la salvaguardia dei principi costituzionali e comunitari di libertà dell’iniziativa economica contemperati con il principio in grado di assicurare condizioni di redditività (cfr. Cons. Stato, sez. III, n. 2990/2013; n. 3681/2014).
In un’ottica di equilibrato componimento di interessi, si delineano due distinte sotto-ipotesi: a) la prima ipotesi è quella in cui, ricorrendo entrambi i presupposti previsti dalla norma (sede prevista in pianta organica e farmacia non ancora aperta), le Regioni sono vincolate (dall’uso dell’indicativo: “istituiscono”) ad aprire dispensari, al fine di garantire l’effettiva copertura dell’intero territorio comunale: b) una seconda e più restrittiva ipotesi è quella in cui, al di fuori del caso predetto, le Regioni avrebbero la semplice facoltà di aprire dispensari (non essendovi una preclusione espressa in tal senso nel testo della norma) – a fronte di una effettiva e comprovata mancanza di assistenza farmaceutica in loco e di un’oggettiva difficoltà per gli abitanti di raggiungere la sede farmaceutica viciniore ubicata in altra località.
Nel primo caso il dispensario assumerebbe una funzione, “suppletiva” o “succedanea”, di presidio temporaneo cui fare ricorso nelle more dell’apertura della farmacia prevista in pianta organica; nel secondo, una funzione “accessoria” o “ancillare” a quella del servizio farmaceutico ordinario.
Una soluzione che non precluda in senso assoluto la possibilità di aprire dispensari anche in zone presidiate da farmacie attive, appare giustificata dalla necessità di dotare il sistema della capacità di fronteggiare anche situazioni del tutto peculiari in cui, pur a fronte di una razionale programmazione del servizio sul territorio, permangano, a causa della sfavorevole configurazione dei luoghi, aree scoperte o non adeguatamente servite del presidio di zona.
Per tale essenziale ragione deve escludersi – in sede interpretativa – una lettura dell’art. 1 che ne ricavi un rigido e meccanico automatismo tra apertura della sede farmaceutica nella zona e impossibilità di apertura, nella stessa zona, del dispensario. Così come, a contrario, va escluso analogo automatismo tra nuova istituzione di sede farmaceutica nella zona e soppressione del dispensario. (CdS 2305/18).
La questione va piuttosto risolta in considerazione della persistenza dell’interesse pubblico alla distribuzione del farmaco il tutto evitando comportamenti elusivi della normativa nazionale.
Possiamo concludere affermando che oggi, dopo quasi un decennio di espansionismo delle sedi ordinarie, il dispensario farmaceutico mantiene ancora un suo valore per la presenza capillare sul territorio, dalché ne deriva la possibile sopravvivenza ove ricorrano alcuni peculiari ed eccezionali elementi, anche in presenza di farmacie presenti nella pianta organica.
Conosciamo molto bene le argomentazioni contrarie, qui sotto sono riportati contributi che hanno evidenziato tesi opposte da parte della Giurisprudenza.
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