Ci è giunto un quesito circa la necessità di ripartire delle somme derivanti dell'attività di recupero del curatore fallimentare.
È procedura infaffi che le somme riscossa d curatore in sede di azioni revocatorie fallimentari o di vendite fallimentari confluiscano nella massa attiva destinata al soddisfacimento dei creditori della impresa fallita che si siano insinuati nella procedura.
Chiaramente il riparto dei crediti avverà sulla base di classi merito cretidizio, quindi saranno soddisfatti prima i creditori privilegiati ( a seconda del tipo di privilegio) e poi (eventualmente se rimangono somme) i creditori chirografari.
Ma cosa accade se un creditore, ad esempio un impresa sia scomparsa o divenuta irreperibile durante la procedura fallimentare?
Accade infatti che l'ammissione al passivo fallimentare sia distante anni dalla data in cui avvenga la liquidazione dei creditori.
A tale domanda risponde l’articolo 117 della legge fallimentare secondo cui
Una volta approvato il conto e liquidato il compenso del curatore, il giudice delegato, sentite le proposte del curatore, ordina il riparto finale.
Il giudice delegato, nel rispetto delle cause di prelazione, può disporre che a singoli creditori che vi consentono siano assegnati, in luogo delle somme agli stessi spettanti, crediti di imposta del fallito non ancora rimborsati.
Per i creditori che non si presentano o sono irreperibili le somme dovute sono nuovamente depositate presso l'ufficio postale o la banca.
Decorsi cinque anni dal deposito, le somme non riscosse dagli aventi diritto e i relativi interessi, se non richieste da altri creditori, rimasti insoddisfatti, sono versate a cura del depositario all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate, con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, ad apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del Ministero della giustizia.
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