Ai sensi dell’art. 22, comma 1 lett. b) L. n. 241 del 1990, la legittimazione alla presentazione dell’istanza di accesso deve essere riconosciuta in capo ai
"soggetti privati" (anche portatori di interessi superindividuali) titolari di un "interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione
giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso".
Requisiti dell'accesso agli atti:
Come precisato da questo Consiglio (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 02 ottobre 2019, n. 6603), tale interesse deve essere:
a) diretto,
in quanto ascrivibile in capo alla sfera individuale e personale del soggetto richiedente, dovendosi, con ciò, escludere una legittimazione generale e indifferenziata;
b) concreto,
in quanto specificamente finalizzato, in prospettiva conoscitiva, alla acquisizione di documenti suscettibili di produrre effetti giuridici nella sfera giuridica del richiedente, palesandosi immeritevole di tutela un’istanza finalizzata ad un "controllo generalizzato dell'operato delle pubbliche amministrazioni" (cfr. art. 24, comma 3, L. n. 241 del 1990 cit.);
c) attuale,
in quanto non meramente prospettico od eventuale, avuto riguardo alla attitudine della auspicata acquisizione informativa o conoscitiva ad incidere, anche in termini di concreta potenzialità, sulle personali scelte esistenziali o relazionali e sulla acquisizione, conservazione o gestione di rilevanti beni della vita;
d) strumentale,
avuto riguardo, sul piano soggettivo, alla necessaria correlazione con situazioni soggettive meritevoli di protezione alla luce dei vigenti valori ordinamentali; sul piano oggettivo, alla specifica connessione con il documento materialmente idoneo a veicolare le informazioni, non essendo, con ciò, tutelate iniziative, per un verso, ispirate da mero intento emulativo e, per altro verso, finalizzate alla raccolta, elaborazione o trasformazione di dati conoscitivi destrutturati e non incorporati in "documenti".
La disciplina dell'accesso agli atti amministrativi non condiziona, in particolare, l'esercizio del relativo diritto alla titolarità di una posizione giuridica tutelata in modo pieno, essendo sufficiente il collegamento con una situazione giuridicamente riconosciuta anche in maniera attenuata,
sicché la legittimazione all'accesso va riconosciuta a chiunque possa dimostrare che gli atti e/o documenti oggetto dell'accesso abbiano cagionato o siano idonei a cagionare effetti diretti o indiretti nei suoi confronti, indipendentemente dalla lesione di una posizione giuridica, stante l'autonomia del diritto di accesso, inteso come interesse ad un bene della vita, rispetto alla situazione legittimante all'impugnativa dell'atto (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 3 marzo 2020, n. 1551).
Esiste poi un accesso agli atti difensivo,
Con specifico riferimento all’accesso cd. difensivo è stato, inoltre, osservato che la parte istante è tenuta all’adempimento di un onere di allegazione e di prova aggravato, dovendo specificare le finalità dell’accesso nell’istanza di ostensione, nonché dimostrare la necessità (o la stretta indispensabilità per i dati sensibili e giudiziari), la corrispondenza e il collegamento tra la situazione che si assume protetta ed il documento di cui si invoca la conoscenza.
In particolare, “la necessità (o la stretta indispensabilità) della conoscenza del documento determina il nesso di strumentalità tra il diritto all’accesso e la situazione giuridica ‘finale’, nel senso che l’ostensione del documento amministrativo deve essere valutata, sulla base di un giudizio prognostico ex ante, come il tramite – in questo senso strumentale – per acquisire gli elementi di prova in ordine ai fatti (principali e secondari) integranti la fattispecie costitutiva della situazione giuridica ‘finale’ controversa e delle correlative pretese astrattamente azionabili in giudizio. La delibazione è condotta sull’astratta pertinenza della documentazione rispetto all’oggetto della res controversa.
La corrispondenza e il collegamento fondano, invece, l’interesse legittimante, che scaturisce dalla sussistenza, concreta e attuale, di una crisi di cooperazione, quanto meno da pretesa contestata (in ipotesi suscettibile di sfociare in un’azione di accertamento), che renda la situazione soggettiva ‘finale’, direttamente riferibile al richiedente, concretamente e obiettivamente incerta e controversa tra le parti, non essendo sufficiente un’incertezza meramente ipotetica e subiettiva.
Ai fini del riconoscimento della situazione legittimante, non è positivamente richiesto il requisito dell’attuale pendenza di un processo in sede giurisdizionale.
In altri termini, muovendo dall’assenza di una previsione normativa che ciò stabilisca, è possibile trarre il convincimento che la pendenza di una lite (dinanzi al giudice civile o ad altro giudice) può costituire, tra gli altri, un elemento utile per valutare la concretezza e l’attualità dell’interesse legittimante all’istanza di accesso, ma non ne rappresenta la precondizione tipica” (Consiglio di Stato, Ad. Plen., 25 settembre 2020, n. 21).
Si è, altresì, chiarito che le finalità dell’accesso devono essere dedotte e rappresentate dalla parte “in modo puntuale e specifico nell’istanza di ostensione, e suffragate con idonea documentazione (ad es. scambi di corrispondenza; diffide stragiudiziali; in caso di causa già pendente, indicazione sintetica del relativo oggetto e dei fatti oggetto di prova; ecc.),
così da permettere all’amministrazione detentrice del documento il vaglio del nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta sub specie di astratta pertinenza con la situazione “finale” controversa” (Consiglio di Stato, Ad. Plen., 18 marzo 2021, n. 4),
con la precisazione che deve escludersi la sufficienza di un generico riferimento a non meglio precisate esigenze probatorie e difensive, siano esse riferite a un processo già pendente oppure ancora instaurando, poiché l’ostensione del documento passa attraverso un rigoroso vaglio circa il nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta e la situazione finale controversa.
Ed in tema di accesso civico generalizzato ex D. Lgs. n. 33/2013 e Società Pubbliche quotate es. RAI?
Si tratta, infatti, di disciplina che, ai sensi del combinato disposto dell’art. 2 bis, comma 2, D. Lgs. n. 33/2013 e dell’art. 2, comma 1, lett. p, D. Lgs. n. 175/16, è inapplicabile alle società a partecipazione pubblica quotate (che emettono azioni quotate in mercati regolamentati e che hanno emesso, alla data del 31 dicembre 2015, strumenti finanziari, diversi dalle azioni, quotati in mercati regolamentati).
Come precisato dalla Sezione con la recente sentenza n. 2655 dell’11 aprile 2022 - intervenuta in un giudizio in cui era parte la RAI - alle cui considerazioni si rinvia ex art. 88, comma 2, lett. d), c.p.a., “l’art. 2-bis in questione traccia l’ambito soggettivo di applicazione del diritto di accesso civico, dettando regimi differenziati in ragione delle particolari caratteristiche strutturali che connotano le diverse persone giuridiche.
Ed in questo senso è evidente la scelta del legislatore di voler sottrarre all’accesso civico le società in controllo pubblico quotate.
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