Assume preminente interesse nella pratica dello scambio delle quote societarie quello di determinare il prezzo delle cessioni e di garantire l'acquirente da possibili modifiche del valore delle quote acquistate.
L'acquirente della partecipazione societaria potrebbe infatti trovarsi esposto a situazioni successive al trasferimento sociale che alterino il valore della società e delle quote, in base ad eventi che trovano la loro giustificazione in fatti passati ma che si manifestano successivamente al trasferimento societario.
In tale prospettiva assumono rilievo nell'ambito del contrato di trasferimento quote due tipologie di clausole che possono essere inserite nei contratti e che hanno lo scopo di adattare il prezzo e/o di indennizzare l'acquirente per fatti patologici che siano accaduti dopo il trasferimento delle quote, stiamo parlando delle clausole di aggiustamento del prezzo e delle clausole di indennità.
Ed infatti le clausole che attribuiscono rilievo alle sopravvenienze passive della
società (società target), le cui partecipazioni siano cedute, "garantisce" una
determinata situazione debitoria della società ovvero un determinato valore
patrimoniale netto dell'azienda, sicchè lo scopo di queste previsioni consiste nel
dettare una specifica disciplina pattizia dei fatti che influiscono sul valore delle quote
- o, più propriamente, sul patrimonio dell'azienda, che è indirettamente l'utilità che si
prefigge di raggiungere la parte acquirente della totalità delle partecipazioni sociali -
cosicchè, a tutela di parte acquirente, in caso di insorgenza di sopravvenienze
passive, il corrispettivo può essere adeguato alla minore consistenza patrimoniale
societaria oppure, per effetto dell'integrazione di tale ultima situazione, può essere
riconosciuto un obbligo di "manleva", attraverso la prestazione di un indennizzo.
In proposito, si premette che la cessione delle azioni di una società di capitali o di
persone fisiche ha come oggetto immediato la partecipazione sociale (bene di
secondo grado) e solo quale oggetto mediato la quota parte del patrimonio sociale
che tale partecipazione rappresenta (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 2087 del
14/02/2012).
Ne consegue che siffatte pattuizioni di "garanzia" (c.d. sale purchase agreement),
assunte dal cedente di partecipazioni sociali, in ordine alla situazione patrimoniale o
debitoria della società, hanno la funzione di neutralizzare l'incidenza negativa di atti
o fatti di gestione compiuti prima del mutamento della compagine sociale.
Si tratta, peraltro, con riferimento alle clausole di "garanzia" del venditore in ordine
alle sopravvenienze passive, di previsioni ricorrenti nel caso di cessione di
partecipazioni societarie, essendo il loro effetto tipico quello di consentire
all'acquirente di ridurre il corrispettivo della cessione per un ammontare pari
all'importo delle sopravvenienze passive a carico della società, le cui quote sono
state cedute, o di assicurarsi a posteriori (ossia dopo la corresponsione del prezzo),
comunque, un indennizzo, alla stregua del sopravvenuto verificarsi di detti
accadimenti.
In questa logica esse sono definite come clausole di price adjustment ovvero di
indemnity, la cui finalità si traduce nella tutela dell'acquirente delle partecipazioni
sociali in ordine a situazioni debitorie ancora ignote al momento del perfezionamento
della cessione, i cui fatti costitutivi si siano, all'epoca, già verificati, come accade per
i debiti di natura tributaria o fiscale (c.d. due diligence), inevitabilmente accertati e
quantificati in epoca successiva a quella in cui si è verificato l'omesso o insufficiente
versamento, ma i cui effetti negativi sul patrimonio e sulle prospettive della società,
le cui quote sono state cedute, non erano ancora oggettivamente percepibili al
tempo in cui è stato raggiunto l'accordo di cessione.
A questo punto, occorre rilevare che le clausole di indemnity si distinguono
dalle clausole di price adjustment in senso proprio (ossia di "aggiustamento" del
prezzo o, più esattamente, di "adeguamento" o "revisione" del prezzo).
Siffatte ultime clausole - che operano nel caso di mancata determinazione del
prezzo di cessione delle azioni in misura fissa e immutabile (come nel caso di
specie, in cui il prezzo è stato stabilito in relazione ad un programma rateale che
tiene espressamente conto delle possibili sopravvenienze passive in prospettiva
verificabili, ai fini dell'adeguamento al ribasso del corrispettivo della cessione) -
costituiscono il meccanismo negoziale strumentale alla determinazione del prezzo
definitivo di cessione delle azioni, ogni qual volta quest'ultimo rappresenti
l'espressione monetaria di un parametro patrimoniale (come il patrimonio netto o
posizione finanziaria netta) o reddituale (come il margine operativo lordo - EBITDA)
della società target (c.d. "valore rilevante"), da calcolarsi alla data del trasferimento
della proprietà delle azioni e dell'adempimento delle formalità esecutive del closing
(closing date).
In tal caso, il prezzo viene inizialmente determinato dalle parti in via provvisoria, al
momento della stipulazione del contratto di cessione (signing), sulla base della più
aggiornata possibile - rispetto alla data del closing - situazione patrimoniale,
finanziaria e/o reddituale della società target (tenendo conto di una determinata data
di "riferimento"); mentre il corrispettivo viene fissato in via definitiva, sulla base di
una nuova situazione patrimoniale, finanziaria e/o reddituale della società target
aggiornata alla data del closing, e quindi tale da coprire il periodo anteriore a
quest'ultima data e successivo alla "data di riferimento".
La (eventuale) differenza positiva o negativa tra il "valore rilevante" della società
target alla data di "riferimento" e quello alla data del closing legittima, appunto,
l'"aggiustamento" (recte l'"adeguamento") dell'iniziale prezzo provvisorio e, quindi, la
fissazione del prezzo definitivo.
Per l'effetto, le clausole di "aggiustamento" del prezzo e quelle di indennizzo
intervengono su piani diversi: le prime attengono alla determinazione della misura
della prestazione principale e indefettibile a carico del compratore (pagamento del
prezzo), sulla base degli inevitabili cambiamenti del "valore rilevante" della società
target tra la data di "riferimento" e la data del closing, e i relativi "aggiustamenti" del
prezzo provvisorio possono essere indifferentemente a favore del compratore o del
venditore, a seconda dei risultati della gestione della società target nel citato periodo
interinale (salvo che non sia pattiziamente previsto in concreto, come nel caso di
specie, esclusivamente un adeguamento al ribasso);
le seconde (di indenizzo), viceversa, si ricollegano alla previsione di una prestazione complementare (ed eventuale) a carico del (solo) venditore (e che si aggiunge, quindi, a quella del prezzo, anche, se del caso, "aggiustato"), da eseguire in favore del compratore solo in caso di violazione delle clausole di "garanzia convenzionale" e, quindi, di difformità tra il "valore rilevante" della società target garantito dal venditore e quello effettivo, allo scopo di ripristinare l'originario equilibrio tra le prestazioni corrispettive contrattuali principali.
E ciò dopo che l'effetto traslativo si è prodotto (con l'alienazione delle azioni a carico del venditore) in esito al finale assetto pecuniario della vicenda (con il pagamento del prezzo, definitivo e non provvisorio, a carico del compratore, ancorato al "valore rilevante").
In sostanza, l'obbligo di indennizzo a carico del venditore è un meccanismo
patologico, che attiene alla reintegrazione del valore delle azioni acquistate dal
compratore, così come diminuito per effetto della difformità tra il "valore rilevante"
della società target "garantito convenzionalmente" e quello effettivo.
Per converso, gli obblighi di "aggiustamento" del prezzo (provvisorio) - secondo lo
schema dell'aggiornamento del patrimonio netto (aggiustamento del prezzo su base
economica) o della posizione finanziaria netta (aggiustamento del prezzo su base
finanziaria) -, a carico del venditore o del compratore, consacrano un meccanismo
fisiologico che concerne la fissazione del prezzo (definitivo), in funzione del "valore
rilevante", ossia effettivo della società target alla data del closing. Ancora, solo gli
indennizzi, e non anche l'aggiustamento prezzo, sono soggetti a esclusioni,
deduzioni, limitazioni, franchigie e massimali.
Sul piano pratico, siffatta differenza comporta more solito che, in caso di disaccordo
tra le parti, la determinazione dell'indennizzo è devoluta al giudice, ordinario o
arbitrale, trattandosi della risoluzione di una vera e propria controversia. La
determinazione del prezzo da "aggiustare" è, invece, normalmente demandata ad un
terzo valutatore indipendente (c.d. "esperto"), trattandosi di determinare/modificare
una delle prestazioni integranti l'oggetto del contratto (il prezzo, appunto).
Sul punto la ricostruzione offerta da Cass. Civ. 9347/2023.
La determinazione del valore delle quote societarie rimessa ad un esperto
Ciò non toglie che, in mancanza dell'espresso riferimento alla ponderazione di un
"esperto", nel caso di contenzioso giudiziale, la misura del corrispettivo definitivo
possa essere stabilita attraverso un'indagine tecnica di natura contabile disposta dal
giudice, sulla scorta degli elementi evocati dalla clausola.
E ciò con precipuo riferimento alle ipotesi - come quella di specie - in cui le parti non
rinviino alla determinazione, secondo equo apprezzamento, di un terzo arbitratore la
quantificazione del corrispettivo, ai sensi dell'art. 1349, comma 1, c.c. (Cass. Sez. 1,
Sentenza n. 16648 del 23/05/2022), ma pattuiscano il prezzo in una componente
ben definita ma provvisoria, suscettibile di variazioni successivamente alla stipula, in
dipendenza di determinate circostanze (per lo più future), da accertare e valutare
sulla base di prestabiliti criteri (che implicano valutazioni di carattere tecnico, da
condurre sulla base delle regole, pre-giuridiche, della scienza di riferimento).
In questi ultimi casi, ove si faccia ricorso alla ponderazione di un tecnico, il terzo
valutatore indipendente si presta ad essere configurato, non già come arbitratore
(artt. 1349 e 1473 c.c.), ma precisamente come perito contrattuale.
E tanto perchè, quando le parti di un rapporto giuridico conferiscono ad un terzo
l'incarico di svolgere, in base alla sua specifica capacità tecnica, constatazioni e
accertamenti, il cui esito si impegnano ad accettare, ricorre l'ipotesi della perizia
contrattuale, che si differenzia, oltre che dall'arbitrato, anche dall'arbitraggio, avente
quale oggetto l'incarico di determinare uno degli elementi del negozio in via
sostitutiva (o, quantomeno, specificativa) della volontà delle parti.
In essa, pertanto, l'"arbitro-perito" non deve ispirarsi alla ricerca dell'equilibrio
economico secondo un criterio di equità mercantile, ma deve attenersi a norme
tecniche e criteri scientifici propri della scienza, arte, tecnica o disciplina, nel cui
ambito si iscrive la valutazione che è stato incaricato di compiere (Cass. Sez. 1,
Sentenza n. 20624 del 29/09/2020;
Avv. Aldo Lucarelli
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