Sul punto risponde l'articolo 83 della legge fallimentare secondo cui Va ancora osservato come a conclusioni opposte non si possa giungere sulla base dell'art. 83-bis 1. fall. Prevede la norma, inserita dal d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5: «Se il contratto in cui è contenuta una clausola compromissoria è sciolto a norma delle disposizioni della presente sezione, il procedimento #arbitrale pendente non può essere proseguito».
Essa — alla stregua della sua lettera — dispone l'improcedibilità dell'arbitrato pendente, una volta sciolto il contratto contenente la clausola compromissoria in virtù delle regole sugli effetti del fallimento con riguardo ai rapporti giuridici preesistenti, di cui agli artt. 72 ss. 1. fall. (Cass., sez. un., 26 maggio 2015, n. 10800).
La norma ha inserito ex novo la disciplina degli effetti del #fallimento in materia di clausola arbitrale, stabilendo che il procedimento arbitrale pendente alla data della declaratoria fallimentare non possa essere proseguito, nell'ipotesi in cui il contratto contenente la clausola arbitrale venga sciolto dal #curatore; la Relazione accompagnatrice al d.lgs. n. 5 del 2006 espressamente menziona la ratio di evitare che ad un mutato regolamento di interessi sopravviva la clausola arbitrale. La questione si pone, certamente, solo in presenza di una controversia relativa a diritti di #credito del fallito, dato che per i crediti di contro vantati verso il fallito vale necessariamente il procedimento di accertamento del passivo.
Dunque, l'art. 83- bis 1. fall., nell'escludere la prosecuzione dei procedimenti arbitrali pendenti in caso di fallimento di una delle parti del contratto comprendente la clausola compromissoria, circoscrive tale effetto alle ipotesi in cui lo scioglimento del contratto abbia luogo a norma delle disposizioni di cui alla sezione IV del capo III del titolo II della legge fallimentare — scioglimento del contratto ex lege o per volontà del curatore — ma non si applica quando lo scioglimento del rapporto sociale si verifichi per effetto della norma statutaria che prevede l'esclusione dal consorzio in caso di fallimento della consorziata (cfr. Cass. 23 ottobre 2017, n. 25054).
Ma non tutti i casi ricadono nella norma, infatti puo' capitare che la controversia non sia collegata al fallimento ma sia GIA' inerente la posizione del socio e/o della società in relazione ad esempio nella vita di un consorzio, e quindi sia relativa alla partecipazione in detto ente.
In tali casi quindi la controversia è da annoverare tra quelle relative a diritti inerenti al rapporto associativo, perché inscindibilmente correlata alla partecipazione, non ad una posizione autonomamente attribuita al fallimento, ma già inerente la posizione della consorziata in bonis, quale diritto patrimoniale ricollegato alla partecipazione all'ente #collettivo.
In tema di arbitrato quindi l'articolo 83 della legge fallimentare non si applica ove il rapporto tra società e consorzio si sia sciolto per previsione statutaria e non a seguito della #procedura fallimentare, secondo il principio dell'art. 72 della legge fallimentare.
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