La clausola che preveda la SOA dell'impresa ausiliata in caso di avvalimento deve ritenersi nulla.
È quanto si ricava dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato secondo cui una simile previsione è nulla in quanto illegittimamente escludente.
Ed infatti la clausola illegittimamente escludente è nulla e non necessità una sua specifica impugnazione, ma ciò comporta che gli atti successivi siano tutti impugnati.
Non vi è dunque alcun onere, per le imprese partecipanti alla gara di impugnare (entro l’ordinario termine di decadenza) la clausola escludente nulla e quindi “inefficace” ex lege, ma vi è uno specifico onere di impugnare nei termini ordinari gli atti successivi che facciano applicazione (anche) della clausola nulla contenuta nell’atto precedente.
Il Codice dei contratti pubblici, ammette ora l’avvalimento delle certificazioni di qualità e, in particolare, delle attestazioni SOA, poiché riconosce che anche la certificazione di qualità costituisce un requisito speciale di natura tecnico-organizzativa, come tale suscettibile di avvalimento, in quanto il contenuto dell’attestazione concerne il sistema gestionale dell’azienda e l’efficacia del suo processo operativo.
Per i soggetti esecutori a qualsiasi titolo di lavori pubblici di importo pari o superiore a 150.000 euro, il possesso di detti requisiti di qualificazione avviene esclusivamente, ai sensi dell’art. 84, comma 1, d.lgs. n. 50 del 2016, mediante attestazione da parte delle società organismi di attestazione (SOA) autorizzate dall’ANAC.
Tuttavia, per evitare che l’avvalimento dell’attestazione SOA, ammissibile in via di principio per il favor partecipationis che permea l’istituto dell’avvalimento, divenga in concreto un mezzo per eludere il rigoroso sistema di qualificazione nel settore dei lavori pubblici, la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha più volte ribadito che l’avvalimento dell’attestazione SOA è consentito ad una duplice condizione:
a) che oggetto della messa a disposizione sia l’intero setting di elementi e requisiti che hanno consentito all’impresa ausiliaria di ottenere il rilascio dell’attestazione SOA;
b) che il contratto di avvalimento dia conto, in modo puntuale, del complesso dei requisiti oggetto di avvalimento, senza impiegare formule generiche o di mero stile.
Nel complesso delineato contesto ordinamentale, l’Adunanza Plenaria 16/22 ritiene che la clausola escludente - che si ponga in violazione dell’art. 83, comma 8, del ‘secondo codice’ sugli appalti pubblici – non si possa considerare annullabile (e dunque efficace).
Tali principi comportano una ulteriore conseguenza circa i rimedi ed infatti la clausola nulla può essere disapplicata anche dalla stazione appaltante ma attenzione gli atti da essa derivanti sono autonomamente impugnabile nei termini di legge (art 120 cpa).
Conclusioni l’art. 83, comma 9, del vigente codice degli appalti (d.lg. n. 50 del 2016) ha confermato il principio di tassatività delle cause di esclusione e ha ribadito che ‘sono comunque nulle’ le clausole escludenti in contrasto con tale principio.
Il legislatore, nel prevedere la nullità della clausola in questione, ha disposto la sua inefficacia, i successivi atti del procedimento, inclusi quelli di esclusione e di aggiudicazione, pur basati sulla clausola nulla, conservano il loro carattere autoritativo e sono soggetti al termine di impugnazione previsto dall’art. 120 c.p.a.,
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Non vi è dunque alcun onere, in conclusione, per le imprese partecipanti alla gara di impugnare (entro l’ordinario termine di decadenza) la clausola escludente nulla e quindi “inefficace” ex lege, ma vi è uno specifico onere di impugnare nei termini ordinari, gli atti successivi che facciano applicazione (anche) della clausola nulla contenuta nell’atto precedente.
Avvocato Aldo Lucarelli
Consiglio di Stato Adunanza Plenaria 16 Ottobre 2020 n. 22
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